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Written by: Professione e Formazione

Howard Burns (1939-2025)

Howard Burns (1939-2025)
Dai suoi studi è arrivato un contributo straordinario per la conoscenza dell’architettura del Rinascimento, e in particolare di Palladio

 

Howard Burns (Aberdeen, 10 giugno 1939 – Lugano, 18 febbraio 2025), storico dell’architettura, accademico dell’Accademia Olimpica di Vicenza e dell’Accademia di San Luca a Roma, è internazionalmente riconosciuto per le sue ricerche su Andrea Palladio.

 

Cinquant’anni di studi e pubblicazioni

Dalla pionieristica mostra di Londra curata cinquant’anni fa (Andrea Palladio 1508-1580. The portico and the farmyard, 1975), sino alle celebrazioni legate al cinquecentenario della nascita del celebre architetto (Andrea Palladio 500 anni, Vicenza – Londra – Madrid – Barcellona 2008-10), ha arricchito la conoscenza di un protagonista del Rinascimento tanto noto quanto sfuggente, giungendo a penetrare il sistema compositivo e teorico di Palladio e a restituirne l’inesauribile portata culturale.

Prima di Palladio, le sue ricerche hanno riguardato l’architettura dell’Umanesimo, ovvero la circolazione delle idee e le ragioni della riscoperta dell’Antico da parte dei più importanti architetti del Quattrocento. 

I suoi saggi, tutti ancora attualissimi – a partire da Quattrocento Architecture and the Antique: some problems (1971) e da Building against time: Renaissance strategies to secure large churches against changes to their design (1995) –, hanno messo magistralmente in luce relazioni, modelli di riferimento e caratteri dell’opera di Brunelleschi, Leon Battista Alberti e Francesco di Giorgio, contribuendo in modo sostanziale anche alla comprensione degli artisti delle generazioni successive, come Bramante, Giuliano da Sangallo, Michelangelo e Baldassarre Peruzzi. 

Tra gli esiti più recenti sono le mostre dedicate a Raffaello. Nato architetto (con Guido Beltramini e Arnold Nesselrath, Palladio Museum, Vicenza 2023) e Le Trecce di Faustina. Acconciature, donne e potere nel Rinascimento (con Vincenzo Farinella e Mauro Mussolin, Gallerie d’Italia, Vicenza 2024).

 

Vicenza e Venezia le tappe fondamentali

Burns compie gli studi in Inghilterra presso la Westminster School di Londra e l’Università di Cambridge, laureandosi in storia negli anni in cui sono docenti Francis Haskell e Colin Rowe. Fellow del King’s College (University of Cambridge), viene chiamato da Anthony Blunt a insegnare presso il Courtauld Institute of Art (University of London), dove contribuisce con John Shearman e Michael Hirst a formare un’eccezionale comunità di studiosi dell’arte italiana del Cinquecento.

Le sue formidabili capacità di analisi e di interpretazione del disegno architettonico appaiono evidenti a metà degli anni Sessanta, quando attribuisce a Baldassarre Peruzzi un inedito rilievo del Pantheon (A Peruzzi drawing in Ferrara, 1966); sempre a lui si deve, successivamente, l’identificazione dell’unico disegno noto di Leon Battista Alberti nella diagrammatica pianta di un piccolo edificio termale (Un disegno architettonico di Alberti e la questione del rapporto fra Brunelleschi ed Alberti, 1980). 

Dal 1973, in occasione della grande mostra vicentina su Palladio, comincia la collaborazione con il Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza. È l’inizio di una stagione irripetibile per internazionalità e portata scientifica, che vede Burns dialogare con i massimi storici dell’architettura e del Cinquecento, tra i quali erano André Chastel, Manfredo Tafuri, James Ackerman, Christof Thoenes e Arnaldo Bruschi. 

Le diverse occasioni di incontro – i Colloqui di Tours, i soggiorni di studio alla Bibliotheca Hertziana di Roma allora diretta da Christoph Luitpold Frommel, le ricerche a Firenze e a Londra – si riflettono in memorabili esposizioni dedicate ai good architects, prima fra tutte la mostra di Roma su Raffaello architetto, per la quale cura in collaborazione con Arnold Nesselrath una sorprendente sezione sull’Antico, tradotta nel fondamentale saggio Raffaello e “quell’antica architectura” (1984); seguono la mostra su Giulio Romano a Mantova (1989) e su Francesco di Giorgio a Siena (1993). 

Nel 1993 diviene Presidente del Consiglio scientifico del Centro palladiano e per oltre trent’anni è di riferimento all’incessante e multiforme battaglia culturale condotta dall’istituzione vicentina (che gli dedica una pagina web con ricordi e omaggi) e, in prima linea, dal suo direttore Guido Beltramini. Nel loro sodalizio scientifico, fatto di affinità intellettuali e di costruttive differenze, l’attualità di Palladio si riaccende e si propaga attraverso una fitta serie di occasioni di ricerca, una fra tutte l’esposizione Andrea Palladio e la villa veneta. Da Petrarca a Carlo Scarpa (Palladio Museum, Vicenza 2005). 

Indimenticabile, in questo ambito, lo spettacolo teatrale ambientato ai tempi di Palladio e rappresentato nella Basilica vicentina, ideato e scritto da Burns per rievocarne il dibattuto cantiere. Una prova di creatività che ne rivela il talento drammaturgico e che conferma la dimensione umana e coinvolgente del suo fare storia (Il gioco del palazzo ovvero Palladio in piazza, Vicenza 2003).

Tra il 1986 e il 1995 insegna alla Harvard Graduate School of Design, dove collabora con Bill Mitchell alla progettazione di un museo virtuale su Palladio. Nel 1994 la sua carriera accademica si sposta in Italia, per insegnare prima all’Università di Ferrara e l’anno seguente all’Istituto Universitario di Architettura di Venezia nella delicata fase che segue la morte di Tafuri, del quale raccoglie il testimone. 

Le parole che dedica all’amico nel giorno della sua commemorazione nel chiostro dei Tolentini a Venezia – “Tafuri’s historic approach was multy-layered and poliphonic, a true mircocosm in which the whole world of a given moment can be read” (Tafuri and the Renaissance, 1995) – risuonano oggi altrettanto valide se rilette per lui. Nel 2003 su invito di Salvatore Settis si trasferisce alla Scuola Normale di Pisa, dove nel 2010 diviene professore emerito.

 

Tra storia e arte, passione e intuizione

Stimato e conteso dai più colti esponenti del mondo dell’arte e della storia, non perdeva occasione per dialogare con gli architetti, che ricambiavano il suo interesse restando incantati dalla sua conversazione. Il suo approccio associava una profonda dottrina a brillanti intuizioni: ne uscivano pensieri distillati nei quali l’analisi sul costruito e lo studio filologico degli autografi si combinavano a fonti apparentemente eterogenee, come gli oggetti d’uso comune. 

Ha saputo mettere in relazione l’interesse per medaglie e monete romane dei collezionisti rinascimentali con gli esiti delle ricerche sull’architettura antica; ha rilevato l’importanza e l’evoluzione degli strumenti di lavoro dell’architetto, così come quella delle commodità pratiche di ogni costruzione; ha ragionato di identità locali e messo a fuoco le diverse fisionomie della committenza; ha riconosciuto nella forma della città l’assetto politico delle sue forze sociali, senza intaccare il valore intrinseco delle sue architetture; ha ampliato la geografia del Palladianesimo e della stessa cultura europea, tessendo con Palladio una rete spaziale e temporale oltre il Mediterraneo, giungendo in Medio Oriente e in Russia.

Appare qui importante anche accennare al carattere di Howard Burns per chi non l’ha conosciuto, d’esempio indistintamente per chi vive l’università, la ricerca o la professione.

Maestro per generazioni di studenti di architettura, aveva diverse marce di comunicazione intonate al timbro dei suoi uditori, raggiungendo il massimo dell’efficacia quando il loro numero era ristretto. Partecipava ai sopralluoghi così come ai viaggi di studio con energie inesauribili, attraendo a sé – per lo più involontariamente – giovani ricercatori da tutto il mondo, come un pifferaio magico. Capace di intensa concentrazione, estraeva dalla tasca della giacca il suo taccuino, dove disegnava e prendeva appunti con grafia cinquecentesca, usando un’elegante penna a inchiostro. 

 

Come un Mercurio alato

Allo stesso tempo, era affascinato dalle tecnologie più avanzate e curioso del mondo digitale, sorprendendo per la competenza e la precisione di tiro delle sue domande. Fotografava dettagli architettonici in continuazione, ma poteva capitare di coglierlo mentre scattava, divertito, un ritratto di chi lo accompagnava. 

Quando condivideva gli esiti delle sue ricerche, dava la sensazione a chi lo ascoltava di compiere un viaggio nel tempo, per la perfetta aderenza e la profonda comprensione che aveva della mentalità e delle azioni dei soggetti di cui parlava: era come partecipare a uno dei suoi incontri ravvicinati con Leone X e Raffaello, con Baldassarre Castiglione e Giulio Romano, con Daniele Barbaro e Palladio. Mai retorico, curioso e interrogante, sempre misurato e gentile nei modi, dotato di irresistibile sense of humour, era generoso e informale: il “devi darmi del tu” che al primo incontro concedeva ai giovanissimi valeva più di una solenne investitura. 

Era impossibile sondare la profondità critica del suo sguardo, insieme fresco e giudicante, capace come nessuno di dissimulare con prontezza fulminea qualsiasi disappunto. Usava il sorriso per incoraggiare come per prendere le distanze, sapeva rendersi invisibile agli eserciti di persone che accorrevano da lui sperando di ricevere consiglio, per poi riapparire altrove come un Mercurio alato – a Vicenza, Venezia, Pisa o Firenze – e sbrogliare flemmatico, in un istante, matasse di problemi con un suggerimento.

Nell’università, a tutti i livelli, è stato portatore di libertà e di contatti inestimabili: non c’erano temi preclusi alla ricerca e in nome suo si aprivano le porte di istituzioni e di accademie di ogni dove. Non si sottraeva a nessun’impresa, nemmeno alla più disperata, supportando con la sua statura scientifica qualsiasi imbarcazione in qualsiasi mare; come una preziosa moneta antica, questa disponibilità poteva avere un rovescio pericoloso, ma nessuno – nemmeno il più misero dei naufraghi – avrebbe mai rimpianto di aver condiviso con lui l’orizzonte e il vento.

Le idee di Howard Burns e le sue parole, così perfette da poter essere scolpite in capitale nel marmo, sono testimonianze imperiture della dimensione inventiva (e perciò incalcolabile) del suo lascito. Come insegnano i suoi scritti, vanno intrecciate a quelle dei suoi architetti, nella «chiara visione della necessità di “ritrovare … la forza del parlare degli aultori, el sengnio col significato choncordando… ricercando nove invenzioni” (I progetti di Francesco di Giorgio per i conventi di San Bernardino e di Santa Chiara a Urbino, 1974).

 

Immagine di copertina: Howard Burns sul cantiere della ricostruzione della facciata della casa di Giulio Romano a Mantova in occasione della mostra del 1989 (archivio privato)

Autore

  • Professoressa associata di Storia dell’Architettura presso il Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi Roma Tre (Roma). Ha collaborato con l’Archivio Progetti dell’Università Iuav di Venezia, con il Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza e dal 2016 è ricercatrice aggregata senior presso l’Archivio del Moderno di Balerna (CH). È curatrice di mostre di architettura e di fotografia di architettura contemporanea e ha pubblicato i suoi studi in volumi e riviste specializzate, in Italia e all’estero. Le sue ricerche vertono sull’architettura romana di Primo Cinquecento e sul dibattito europeo del XX secolo, con riferimento all’architettura industriale e al contesto architettonico italiano e inglese del secondo Dopoguerra. 

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Last modified: 4 Marzo 2025