Da Leon Battista Alberti all’intelligenza artificiale: ricordo, vita e opere di una figura che ha segnato un secolo intero
Françoise Choay, filosofa e storica delle idee, già professore ordinario e poi emerito presso le Università di Paris 1 Panthéon-Sorbonne e Paris VIII, si è spenta a Parigi l’8 gennaio 2025, nell’anno del suo centesimo compleanno. Nella sua lunga vita, la studiosa ha attraversato un secolo turbolento e complesso come il Novecento, di cui ha interpretato contraddizioni e speranze con straordinaria lucidità e intelligenza, affacciandosi al terzo millennio con intuizioni spesso profetiche.
Riferimento per generazioni di studiosi
Celebre in Italia e all’estero principalmente per due opere, entrambe precocemente tradotte in italiano – L’urbanisme. Utopies et réalités (Seuil, Parigi, 1965) e L’allégorie du patrimoine (Seuil, Parigi, 1992) – la Choay ha influenzato almeno quattro generazioni di allievi e di studiosi, tanto nel campo degli studi urbani che in quello della cultura del patrimonio.
La sua produzione spazia tuttavia ben oltre, e muove dalla critica delle arti figurative, all’architettura, alla semiologia, al patrimonio, fino ai temi del progetto locale e della globalizzazione, senza mai affievolire il suo fondamentale interesse per la città, tanto che uno dei suoi ultimi lavori è dedicato al barone Haussmann, di cui aveva curato l’edizione integrale dei Mémoires nel 2000.
Nata a Parigi il 29 marzo 1925, cresciuta in un milieu culturale di alto livello, favorita da una grande padronanza delle lingue straniere che la induce alla lettura di fonti primarie, la Choay è allieva alla Sorbonne di Jean Hyppolite, Gaston Bachelard e Claude Lévi-Strauss. Anni dopo incontrerà André Chastel, che la stimolerà al contatto con l’Italia, orientando la sua tesi di dottorato su Leon Battista Alberti, discussa nel 1978.
Il suo primo libro è dedicato a Le Corbusier (Braziller, New York, 1960), cui si affianca uno spiccato interesse per le teorie dell’urbanistica, testimoniato dal citato L’urbanisme. Utopies et réalités. Seguiranno il volume The modern city: planning in the 19th century (Braziller, New York, 1969), il libro fotografico Espacements (Seuil, Paris 1969), il capitolo Urbanism and Semiology, in Meaning in architecture (Barrie & Rockliff, London, 1969), testimonianza del suo debito culturale nei confronti del maestro Lévi-Strauss.
Docente dal 1966 all’École nationale supérieure des arts visuels de La Cambre (Bruxelles), la Choay è chiamata nel 1971 da Pierre Merlin a insegnare presso il Département d’urbanisme du Centre universitaire expérimental de Vincennes (il futuro Institut Français d’Urbanisme dell’Université de Paris VIII), dove sarà nominata professore ordinario e infine emerito.
Tra patrimonio e globalizzazione
Nel 1980 pubblica La règle et le modèle (Seuil, Parigi, 1980), incentrato su un confronto tra l’Utopia di Thomas More e il De re aedificatoria albertiano, di cui curerà con Pierre Caye nel 2004 anche una nuova traduzione francese, dopo l’unica esistente di Jean Martin del 1553.
Mentre promuove dal 1977 una nuova lettura di Camillo Sitte, sostenendone una prima più fedele traduzione (1980) attraverso il suo allievo germanista Daniel Wieczorek, conosce di lì a poco l’opera di Gustavo Giovannoni, cui dedicherà un’attenzione crescente, contribuendo a ribaltarne la fortuna critica a livello internazionale e traducendo in parte il suo Vecchie città ed edilizia nuova (1931), col titolo L’urbanisme face aux villes anciennes (Seuil, Parigi, 1998). Dai primi anni Ottanta la Choay è ripetutamente invitata in atenei italiani, spesso in veste di visiting professor, culminando con la laurea honoris causa conferita presso l’Università di Genova nel 2001.
Agli albori del ventunesimo secolo gli interessi della studiosa percorrono due filoni principali: da un lato i temi del patrimonio, attraverso letture antologiche e traduzioni di testi dei padri fondatori della tutela e della conservazione (Raffaello, Camillo Boito); dall’altro i temi della globalizzazione in rapporto alla scala locale degli insediamenti umani. Ne sono testimonianza, Le patrimoine en questions. Anthologie pour un combat (Seuil, Parigi, 2009), e la traduzione francese de Il progetto locale (Mardaga, Liegi, 2003) di Alberto Magnaghi, che cura a sua volta la raccolta di scritti della Choay dal titolo Del destino della città (Alinea, Firenze, 2008).
Visioni profetiche
La lunga e operosa vita di Françoise Choay è stata sempre sostenuta da un profondo amore per la dimensione umana della cultura, per le complesse radici dell’identità europea, per una tutela attiva e non museificante del patrimonio. La sua notorietà internazionale era straordinaria, dagli Stati Uniti, dove aveva lungamente insegnato alla Cornell University (1986-1992), al Giappone, dove aveva attivamente partecipato alla Conferenza di Nara sull’Autenticità (1994), al Sudamerica, dove era quasi venerata. Con la sua prosa limpida e anticonformista, la Choay ha combattuto contro il riduzionismo, la cancellazione della memoria, le pressioni del mercato, insegnandoci a diffidare della disumanizzazione preconizzata dai primi guru dell’informatica, e lo ha fatto quando tutto questo non sembrava ancora un rischio concreto per la sopravvivenza della cultura.
Oggi, a distanza di oltre trent’anni da queste sue intuizioni profetiche, con le minacce incombenti dell’intelligenza artificiale e della sua gestione, possiamo meglio comprendere quanto la studiosa avesse la vista lunga. Il tempo ci farà sempre più apprezzare le sue precoci riflessioni, alimentando la vivacità di un discorso critico che deve rimanere solido fondamento delle riflessioni sulla città e sul patrimonio.
Per il momento, tuttavia, non possiamo non pensare con tristezza alla scomparsa di una mente così fervida, accompagnata sempre da una gentilezza di animo verso tutti gli studiosi, anche i più giovani, insieme a una estrema raffinatezza di spirito, che mancherà molto, tanto a chi ha avuto l’onore di frequentarla assiduamente, quanto ai tantissimi che hanno ascoltato le sue lezioni e letto i suoi libri.
Sit tibi terra levis, Françoise.
Immagine copertina: ritratto di Françoise Choay