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Giorgio SciancaWritten by: Forum

Quo vadis architetto? Il demiurgo e l’apocalisse

Quo vadis architetto? Il demiurgo e l’apocalisse

Il film Megalopolis di Francis Ford Coppola (fuori tempo massimo): il confronto con il copione del 1984 tra utopia, distopia, idealismo, corruzione e gentrificazione

 

Il cinema degli architetti continua a far parlare di sé. A 75 anni da The Fountainhead (regia di King Vidor) l’architetto demiurgo americano torna protagonista in una pellicola che sta facendo storia, quella del cinema naturalmente. Il suo aforisma, caro al mondo dell’architettura (Less is more, More is more, Yes is more, etc.), potrebbe essere: Everything and more (Di tutto e di più). Ma andiamo con ordine.

L’idea della storia e la sua prima stesura in copione è del 1984. Consulente dell’autore/regista per l’architettura è Paolo Soleri. Da leggere, in rete, e alcune tavole dello storyboard da vedere.

La figura mitologica, l’essere divino dotato di capacità generatrice, l’architetto Serge Catilina vive e lavora a New York in cima al Chrysler Building, la Cloud Tower. È il responsabile unico della Design Authority della città dal 1967. Nel 1992 è stato insignito del Premio Nobel per il suo lavoro su un nuovo materiale da costruzione rivoluzionario: il Megalon. Nonostante tutto ciò è contrastato nel suo lavoro da Cicero, il sindaco, e dai miliardari, costruttori e immobiliaristi, che lo circondano. Vogliono realizzare Cityworld, the way of the future, una megastruttura di divertimento e spettacolo per la Fiera Olimpica del 2012: hotel, casinò, ristoranti, teatri e cinema, centri commerciali, parcheggi. Il tutto in una zona povera della città malfamata e fatiscente. La motivazione dell’intervento? Pagare i debiti pregressi della città. Il nostro architetto si oppone, parlando di futuro. Viene zittito: «Noi viviamo nel presente!». «Se non ci preoccupiamo del futuro non ce ne sarà uno!», la replica. L’idea dell’architetto è quella di utilizzare Megalon per costruire Megalopolis.

Siamo a pagina 14 del copione e nel film siamo a 15 minuti. Nelle due ore successive Di tutto e di più da parte dell’architetto urbanista, di tutti i protagonisti (gli attori), degli effetti speciali (volutamente datati), e soprattutto del regista: Francis Ford Coppola. Dimenticavo di ricordare che nel film non siamo più a New York ma nella New Rome.

Come Gary Cooper in The Fountainhead anche Adam Driver, Catilina, va a processo. Per stupro di minorenne. Niente a che fare con il suo lavoro ma escamotage per fermare i lavori di Megalopolis. Nessun grande discorso. Ma non è più lui dopo il carcere. Solo titoli sui giornali. Tutti leggono i giornali. Pagina 121, minuto 69.

A pagina 166 il crollo delle Twin Towers, non si specificano le cause. Al minuto 82 del film i resti di una stazione spaziale russa distruggono parte della città. Un’occasione in più per il nostro architetto per mettersi alla prova. Il progetto di Megalopolis avanza e si amplia.

A questo punto le storie divergono, il finale è diverso. Ma ci fermiamo qui, per non spoilerare come si dice oggi. Sappiate che la scritta THE END è a pagina 211. Nel film non c’è e dura 2 ore e 18 minuti.

La lettura comparata del copione con la visione del film conferma l’impressione che il primo sia profetico, il secondo usurato dagli anni. Fuori tempo massimo. Quanti altri film hanno attinto da quelle intuizioni? Penso a quelli di Christopher Nolan (Inception – 2010, Tenet – 2020) e Barry Sonnefeld (Man in black – 1997 – 2002 – 2012).

I vari tentativi di produrre il costoso film si erano arenati nei decenni passati per l’ostruzione dei fautori della gentrificazione, del debito, del panen et circenses. L’attentato alle Torri gemelle del 2001 aveva posto una pietra tombale sul progetto. Nel 2014 il libro di Simon Braund, The greatest movies you’ll never see: Unseen Masterpieces by the World’s Greatest Directors, lo pone al primo posto. La caparbietà del regista ha vinto. La sua visione di quello che poteva succedere alla sua New York, che è successo e che sta succedendo, dimostra come il paragone regga con la vera Roma alla fine dell’impero. Anche nel film Il declino dell’impero americano di Denys Arcand (1986) e nei successivi Le invasioni barbariche (2003) e L’età barbarica (2007), gli stessi concetti sull’edonismo e la decadenza.

E l’architetto in tutto questo cosa c’entra? È il responsabile? Può essere il salvatore? Vuole essere l’archistar o la archistarletta? Certo che nel film, al di là di saper fermare il tempo, è un’icona dello star system. Lo sembra di meno nella prima stesura del copione. Ricorda l’architetto Petr (Louis Franck) nel film di Aleksey German Jr., Under electric sky. Nella produzione russo-ucraina-polacca il protagonista, a Kiev, prevede la guerra. Il mito greco di Cassandra aleggia. Tutti inascoltati.

Le trame di Megalopolis e degli altri film citati, con architetti per protagonisti

Megalopolis (Francis Ford Coppola) – 2024 USA – Adam Driver

Cesar Catilina, un architetto di New Rome, ha un piano utopistico per ricostruire una parte della città, in un modo del tutto innovativo. Il suo sogno, però, è ostacolato dal sindaco Franklyn Cicero, corrotto e conservatore. La figlia di questi, Julia, si ritrova fra due fuochi in quanto affezionata al padre, ma innamorata del progettista. Hamilton Crassus III, spregiudicato magnate, spinge per il progetto del nipote Cesar mentre il cugino di questi, Clodio, è ossessionato da Julia e disposto a tutto per conquistarla. La costruzione di una città ideale (Megalopolis) che dovrebbe diventare una sorta di utopia, si trasforma rapidamente in un incubo apocalittico, a causa della brama di potere e dell’inevitabile caos che caratterizza le ambizioni umane. I personaggi principali sono coinvolti in un dramma che mescola dilemmi etici e conflitti ideologici, simboleggiando i contrasti tra utopia e distopia, idealismo e corruzione.

The Fountainhead (King Vidor) – 1949 USA – Gary Cooper, Henry Hull, Jonathan Hale

La fonte meravigliosa. La madre, o il padre, di tutte le storie sugli architetti. L’architetto modernista Howard Roark fatica a trovare clienti per i suoi progetti non conformi al gusto dominante. Quando ci riesce suscita scalpore, gelosie, vendette. Regala un progetto a un collega in difficoltà con la promessa che non verrà alterato in fase realizzativa. Puntualmente questo non avviene e l’architetto fa saltare in aria il cantiere. Processato, si difende con argomentazioni che convincono la giuria a non condannarlo. Sposa la donna dell’ultimo cliente, suicida, che aveva creduto in lui. La sua architettura ha vinto. Gladiatore.

 

 

 

Pod electricheskimi oblakami, Under electric clouds (Aleksey German) – 2015 RUS/UKR/PL – Louis Franck

Sotto le nuvole elettriche. Kiev, Ucraina. L’architetto Petr vaga in un limbo elettrico alla ricerca del perché la realizzazione del suo grattacielo si sia fermata. Il cantiere in abbandono, lo scheletro dell’edificio, sono icone mescolate con i resti delle vestigia staliniane. «Sono un architetto. Molto di tendenza, ma privo di senso. Sistemo vasche da bagno e lavandini nello spazio e nel tempo».

Autore

  • Giorgio Scianca

    Architetto, è ideatore e redattore della testata giornalistica archiworldTV (premio “Bruno Zevi” IN/Arch-Ance - 2011). Nel 2010 collabora con il Centro sperimentale di cinematografia. Dal 2023 collabora con “Il Corriere della Sera”, scrivendo di architetti, città e cinema. Direttore del premio Dedalo Minosse Cinema. Autore dei volumi “La recita dell’architetto” (SVpress, 2015) e "Quo vadis architetto" (Golem, 2021)

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Last modified: 18 Novembre 2024