Riceviamo e pubblichiamo una riflessione in merito a un progetto infrastrutturale nel tratto di costa tra Maiori e Minori
Gentile direttore,
mi rivolgo al suo Giornale, di cui sono da tempo estimatrice, per una questione di approccio all’intervento, che riguarda hic et nunc un territorio simbolo – patrimonio dell’umanità Unesco – e che, come non poche località italiane, appare incantevole ma particolarmente fragile.
Perché non allinearsi con le direttive europee e far tesoro dell’esperienza di eventi imprevisti e talvolta disastrosi per territori e abitanti?
Il cambiamento climatico, dimostrando quanto la natura sia immanente, ha smascherato la diffusa carenza di manutenzione del territorio e l’approssimativa gestione (o vacua concretezza) di diversi investimenti, e ha sminuito l’affidabilità delle soluzioni tecnologiche non sistemiche o profondamente integrate.
Faccio appello con urgenza e prima di tutto alla sensibilità di noi lettori, agli architetti, progettisti e paesaggisti, cittadini in senso etimologico e attori attivi capaci di comprendere… sì l’humus di un territorio, ma anche il suo substrato antropologico e culturale, per integrarvi modifiche o trasformazioni!
Trasformereste un paesaggio delicato e intrinsecamente coerente nel suo insieme? Le sfaccettature del paesaggio della Costa d’Amalfi rappresentano proprio la naturale articolazione di un sistema complesso ma coerente, nelle forme organizzative di vita e nelle risposte morfologiche ad agenti fisici esterni e a necessità insediative, dove tutta l’unità ambientale restituisce alla nostra percezione un secolare rapporto dialettico tra mare e terra.
E dal mare, la vista dei piccoli centri costieri è particolarmente interessante proprio perché rende evidente questo rapporto. Tra Maiori e Minori, però, dal 2019 proseguono le fasi del progetto di traforo del costone roccioso abitato (località Torre Mezzacapo) per la realizzazione di variante in galleria… ma in un’area in cui il traffico turistico e soprattutto veicolare è contingentato!
Qual è il senso di un intervento strutturale che rischia di compromettere il naturale equilibrio del paesaggio costiero? Quale sarebbe la reale, concreta necessità di una galleria di 400 metri che attraversi una roccia carbonatica (friabile e comprensiva di parti cave come grotte e con grado di saturazione da accertare)? La sensibilità idrogeologica costituisce invece un dato certo.
Tanta pressione ambientale non rappresenta una forzatura, una minaccia? E inoltre, non poche componenti, sintetizzabili nella triade vitruviana, verrebbero destabilizzate. Vacilla perfino la venustas della “passeggiata”. Un breve tratto con aiuole e sedute non può essere in alcun modo compensativo di un intervento che svii la strada in un tunnel, perché la viabilità carrabile non esclude quella pedonale, se quest’ultima venisse opportunamente ampliata e progettata con rigore scientifico.
La manutenzione del territorio e dei suoi beni immobili, l’attenzione al contesto fisico e sociale e le cure puntuali non regalano effetti speciali, non offrono risonanza né favoriscono il consenso di massa e, pertanto, non ci si meraviglia della volontà di perseguire progetti come questo. Ma l’impatto ambientale, in termini di emissioni nocive e di mancata ottimizzazione di risorse, l’impatto sociale, se consideriamo l’occupazione di suolo e i tempi diluiti dei nostri cantieri e, non da ultimo, l’impatto economico perfino sulla risorsa turistica, restituiscono un effetto completamente non sostenibile dell’intervento che non può essere taciuto.
Infine, è ancora più incomprensibile la ragione del progetto del costoso tunnel se si riflette sulla carenza di strutture ospedaliere e sulla possibilità di salvare vite umane piuttosto che una manciata di secondi di percorrenza sulla panoramica costa.
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automobili , campania , governo del territorio , infrastrutture , lettere al Giornale , paesaggio , territorio fragile
Last modified: 1 Maggio 2024