I principali interventi e spazi espositivi della Capitale italiana della cultura 2024
PESARO. Scelta tra dieci finaliste, il 16 marzo 2022 la città adriatica è stata proclamata Capitale italiana della cultura 2024 focalizzandosi sul concetto di natura come comunità inclusiva di soggetti interagenti. Al centro della candidatura c’era la metafora del “passaggio a nord-ovest” del filosofo Michel Serres, ovvero il tentativo di costruire una nuova cultura capace di unire le scienze umane con quelle naturali per affrontare le sfide del mondo attuale. Secondo questa visione, la città dev’essere in grado di mutare e sapersi adattare alle contingenze prossime, senza dimenticare i suoi caratteri storico-ambientali.
“Immaginare la città che non c’è” è l’obiettivo di Pesaro 2024, che cerca d’intrecciare i desideri e i saperi della comunità superando la dicotomia centro-periferia e ripartendo dallo spazio urbano della vita associata. Nel dossier di candidatura si legge che “Pesaro ha deciso di rispondere allenandosi a immaginare” attraverso il QUI, il “QUartiere dell’Immaginario”, ovvero un “metodo di spaesamento collettivo” per disinnescare i pregiudizi della comunità e interrogarsi sulle aspirazioni future.
Un programma di opere pubbliche che viene da lontano
Ma la politica d’immaginazione della città adriatica è iniziata a partire dal 2014, attraverso un’intensa programmazione pluriennale di opere pubbliche, alcune di queste completate all’indomani di Pesaro 2024.
Tra le più recenti vi sono i progetti realizzati per alcuni dei luoghi della cultura più significativi come il Museo archeologico Oliveriano, il Ridotto del Teatro Rossini, entrambi dello studio STARTT (Studio di Architettura e Trasformazioni Territoriali), e la riqualificazione del Centro arti visive Pescheria dello studio WAR (Warehouse of Architecture and Research), che ha dato inizio al programma artistico di Pesaro 2024 dal titolo “Dalle sculture nella città all’arte delle comunità”.
Gli interventi affrontati dai giovani professionisti s’inseriscono all’interno del processo di rigenerazione della città che parte dagli spazi del nucleo storico per estendersi fino ai margini amministrativi. Progettare alla scala architettonica non significa tralasciare i temi urbani poiché, come affermava Carlo Aymonino a proposito dei suoi interventi pesaresi, “la scala architettonica dovrebbe essere lo strumento di ogni processo urbanistico teso alla trasformazione dell’ambiente fisico”.
Lo spazio onirico dell’Oliveriano
L’allestimento del Museo archeologico Oliveriano, a pochi passi dalla residenze di via Mazza di Aymonino, è un intervento che si misura con gli ambienti delle ex scuderie di Palazzo Almerici (edificio settecentesco sede della fondazione Biblioteca e Musei Oliveriani). I reperti archeologici, eterogenei per datazione, consistenza dimensionale e materica, hanno assunto un nuovo valore figurativo in relazione agli spazi riqualificati. Le superfici astratte degli ambienti accolgono i Supporti-Opera-Spazio (così definiti dai progettisti), capaci di alimentare una narrazione onirica che parte dalla sala introduttiva per concludersi con la sala della Pesaro romana passando per la sala di Novilara. Nella sequenza spaziale interna i supporti museografici assumono sembianze zoomorfe, massive (reinterpretazione del suolo della necropoli), antropomorfe (omaggio alla celebre Carlton di Ettore Sottsass), fino a rarefarsi in sostegni minimi e puntuali per gli ex voto e le suppellettili.
Rossini: un teatro nel teatro
Intitolato al celebre compositore dal 1855, è uno dei luoghi simbolo per gli abitanti della città adriatica. L’edificio (inaugurato nel 1637 con il nome di Teatro del sole) ha subito numerosi interventi nel tempo tra i quali la realizzazione della sala della Repubblica (1934), oggetto della trasformazione dello studio STARTT. L’idea progettuale è la creazione di “un teatro nel teatro”, al fine di restituire alla collettività uno spazio multifunzionale che ampliasse l’offerta culturale della grande aula all’italiana. Partendo dalla riconfigurazione strutturale dell’ambiente (tramite l’inserimento di una nuova capriata metallica) e dalla costruzione di un piano di calpestio continuo, il progetto trasforma lo spazio attraverso due elementi che alludono alla figurazione barocca: da una parte l’oro della controparete impiantistica-fonoassorbente e al centro il panneggio della tenda mobile che rende lo spazio flessibile alle performance contemporanee.
L’ampliamento espositivo della Pescheria
Il Centro arti visive Pescheria è uno dei luoghi di riferimento per l’arte contemporanea dell’intera regione dal 1996. Collocato su corso XI Settembre (l’antico cardo della città), lo spazio espositivo è l’esito della riconversione della vecchia Pescheria edificata nel 1823 dall’ingegnere Pompeo Mancini: un ambiente a navata unica addossato all’ex chiesa del Suffragio (ora anch’essa parte del centro d’arte). Il progetto di studio WAR prevede l’ampliamento delle superfici espositive attraverso l’innesto di un dispositivo metallico di tonalità rosacea che richiama il rivestimento esterno in cotto. Il “mobile controparete”, oltre a inglobare le esigenze impiantistiche richieste, si configura come un arredo aprile e chiudibile a seconda delle esigenze espositive. La riqualificazione si completa con l’inserimento di dispositivi multimediali per proiezioni immersive che amplificano le qualità spaziali del Centro.
Da Arnaldo Pomodoro a 10 giovani autori
Il programma artistico “Dalle sculture nella città all’arte delle comunità”, curato da Marcello Smarrelli, è un ciclo di mostre e opere che s’interrogano sul ruolo dell’arte nello spazio urbano dei quartieri. Il programma è stato inaugurato nel luogo simbolo della cultura artistica contemporanea di Pesaro, ovvero l’ex Pescheria, con la prima mostra “Sculture nella città 1971/2024. Dall’arte pubblica di Arnaldo Pomodoro allo spazio urbano di dieci giovani autori” (a cura di Pippo Ciorra, Michele Giorgi e Carola Nava con Cornelia Mattiacci). La mostra nasce dalla memoria dell’esposizione di Pomodoro (“Sculture nella città”, organizzata nel 1971 dalla galleria pesarese Il Segnapassi), durante la quale venne collocata la prima versione della Sfera grande (1966-67), divenuta opera simbolo della città. I curatori hanno allestito nello spazio longitudinale dell’ex Pescheria una selezione di documenti di archivio, fotografie di Ugo Mulas che ritraggono l’esperienza del ’71 e due delle sculture dell’epoca. Nello spazio centrale dell’ex Chiesa del Suffragio sono esposte invece le opere di 10 giovani autori (architetti, artisti, designer, grafici e performer) chiamati a reinterpretare le aree di Pesaro occupate dalle sculture di Pomodoro nel ’71.
“Immaginare la città che non c’è” è dunque un percorso collettivo e trasversale tra le arti (compresa l’architettura) che ripensa Pesaro a partire dallo spazio pubblico e dalla sua comunità.
Immagine di copertina: Museo archeologico Oliveriano (© Delfino Sisto Legnani)
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arte contemporanea , cultura , Marche , mostre , musei , scultura , spazio pubblico , teatri
Last modified: 26 Aprile 2024