Due centri comunitari (più un intervento temporaneo negli Emirati Arabi) evidenziano una fiorente ricerca: spazi flessibili, sostenibilità e coinvolgimento comunitario
La recente nomina del Centro produttivo comunitario Las Tejedoras nel premio internazionale di architettura latino-americana Mies Crown Hall Americas Prize 2024 dà rilievo all’attuale ricerca dei giovani architetti ecuadoriani. Concepire spazi flessibili, ben ventilati, che si adattano al clima tropicale, usare materiali semplici, naturali ed economici, riutilizzare, realizzare estese coperture in legno, sono alcuni dei temi della nuova architettura realizzata in Ecuador. Pensare in comunità è un altro obiettivo fondamentale. Intellettuali, architetti, costruttori, cresciuti in un ambiente spesso rurale, con interessi comuni, riescono a stringere forti legami. Opere realizzate con manodopera autoctona, tecniche e materiali locali che favoriscono la cooperazione. I progetti promuovono la pedagogia e la creatività. Semplici, economici, reinterpretano insegnamenti antichi e popolari. Un approccio consapevole che consente la partecipazione attiva della collettività nelle diverse fasi di costruzione, utilizzo e manutenzione delle opere.
Juan Carlos Bamba e i giovani degli studi Al Borde e Natura futura credono che l’architettura sia una forza trasformatrice che non solo ridefinisce il paesaggio fisico ma nutre anche il tessuto sociale delle comunità, rendendole partecipi del processo di progettazione e costruzione. Opere che affrontano sfide sociali, che riescono a trasformare il paesaggio architettonico e urbano con creatività, rispetto per la natura e un profondo impegno nei confronti delle specificità dei luoghi e delle culture.
“La bellezza dell’impermanenza” è il motto alla base dei progetti di Al Borde, che sperimentano nuove e intelligenti strategie di costruzione basate su processi di riutilizzo, della funzione e dei materiali. Come nel caso del progetto per la città di Sharjah, negli Emirati Arabi Uniti, dove, in occasione della locale Triennale di architettura, conclusasi il 10 marzo scorso) lo studio ecuadoriano ha trasformato la vecchia sede della Triennale realizzando un nuovo accesso, denominato “Umbral crudo”: coperto ma aperto, con elementi lignei di seconda mano – che servivano da sostegno per i punti luce dell’illuminazione urbana – e “tende orizzontali” realizzate con stuoie di palma. Un luogo di ritrovo con un microclima confortevole, che utilizza il minimo del materiale possibile, onde ridurre i costi di costruzione, attraverso l’utilizzo di elementi resistenti alla trazione: cavi metallici sostengono le travi dalle estremità superiori dei montanti. Le stuoie, tipiche della zona ed economiche, si usano come tappeti, nei soffitti dei suk, e persino come pareti leggere nelle costruzioni tradizionali. “È un’opera cruda e tattile – affermano gli architetti – realizzata con materiali naturali che ci permettono di instaurare un discorso intimo e diretto con il luogo. Il progetto durerà finché il luogo lo richiederà”.
L’Osservatorio di Santay
Il piccolo “taller” è uno spazio galleggiante realizzato nel 2023 a Babahoyo, con manodopera locale, secondo il progetto di Natura futura e Juan Carlos Bamba. Terminato l’assemblaggio, è stato trasportato attraverso il fiume, per attraccare su un molo dell’isola di Santay, sul fiume Guayas, vicino Guayaquil, a sessanta chilometri dal cantiere. L’isola, che conta trecento abitanti, fa parte del sistema nazionale di aree protette, grazie alla sua biodiversità. Difficile in questo contesto sviluppare infrastrutture che possano promuovere lo sviluppo culturale ed educativo, la dignità e la rivalutazione della memoria collettiva del sito.
Il progetto nasce da una sinergia tra la Fondazione Amigos de Santay e la comunità dell’isola, “con la visione di integrare e gestire le manifestazioni culturali e sociali nel territorio, avvicinando la comunità locale e i visitatori all’ambiente naturale, alle tecniche di costruzione naturali e tradizionali, e rafforzando la memoria locale per le generazioni future. Si tratta di un centro culturale di dimensioni minime che accoglie laboratori formativi per bambini e adulti, attività di ricerca ambientale e d’integrazione comunitaria. La semplicità del progetto garantisce una notevole flessibilità. Una piattaforma galleggiante multifunzionale in grado di adattarsi a differenti tipi di attività. Lo spazio centrale è una sala rettangolare il cui tetto è sostenuto da quattro nuclei quadrati, che possono essere chiusi per generare spazi studio isolati. Il laboratorio è circondato da un corridoio aperto, ma coperto, che funge da mirador verso il fiume. Degno di nota è l’utilizzo di manodopera locale, che sa ben lavorare il legno, protagonista nella struttura, nelle capriate, nell’involucro e nel pavimento. Copertura a due falde, che reinterpreta quella tipica delle case galleggianti. Delicati brise-soleil, piccoli elementi orizzontali che filtrano la luce intensa ed i riflessi del fiume. Lo spazio interno presenta un’apprezzabile altezza apprezzabile, indispensabile per la ventilazione e l’illuminazione naturale proveniente dal suo perimetro permeabile.
“L’Osservatorio riflette sulle nuove possibilità dell’abitazione sull’acqua – scrive Bamba -, dove l’architettura è uno spazio convertibile e adattabile per gli artisti locali, i visitatori e la comunità, condividendo una visione che recupera i tradizionali sistemi di habitat galleggianti quasi estinti”.
Il Centro comunitario Las Tejedoras
Realizzato
nel 2023 sempre da Natura futura e da Bamba a Chongón, nelle vicinanze di Guayaquil, è uno spazio per lo studio, integrazione, lo scambio e la vendita di prodotti artigianali. Accoglie gli abitanti più svantaggiati della regione, per lo più donne senza occupazione fissa. Chongón conta una popolazione di quasi 5.000 persone, la maggioranza sono donne che non fanno parte della comunità economicamente attiva, con scarse possibilità d’inserirsi nel mondo del lavoro.
Dal 2009, la Fondazione Young Living, impegnata a generare programmi che favoriscono il potenziale delle comunità attraverso l’educazione e l’imprenditorialità, ha aperto una scuola dove studiano quasi 200 bambini a basso reddito, le cui madri fanno parte dei laboratori produttivi dell’organizzazione Mujeres Artesanas Bromelias, focalizzata sulla realizzazione di tessuti fatti a mano, con fibre naturali. Negli ultimi anni è nata l’esigenza di disporre d’uno spazio più ampio, confortevole ed accogliente per lo studio, il lavoro artigianale e la vendita dei prodotti. L’obiettivo era realizzare un centro produttivo e pedagogico, bastato sulla cooperazione e l’integrazione. Anche il processo costruttivo è usato come strumento di formazione e inserimento nel mondo del lavoro, grazie all’organizzazione di workshop di costruzione con la comunità.
Cuore del progetto è il patio: luogo d’incontro ed esposizione verso il quale si aprono tre spazi: uno contiene le aule di formazione teorica, la mensa e i servizi igienici; l’altro i laboratori didattici, le camere, i depositi e un negozio. Con l’ordine gigante nelle facciate dalle esili colonne lignee. a forma di “C”, la planimetria si potrebbe definire palladiana, con le due ali laterali, simmetriche, che si aprono sul vuoto centrale. Schema aulico, reinterpretato e tropicalizzato, grazie all’ampia copertura e ai corridoi esterni, che generano un confortevole microclima. Il fronte principale è una galleria produttivo-espositiva che funge da filtro e da “elemento generatore di urbanità” verso la strada. Gli spazi sono ben illuminati e ventilati, grazie all’utilizzo di porte a soffietto che consentono un’interazione diretta tra i corridoi, il patio e gli spazi esterni.
Due i materiali principali: legno e laterizio. Il mattone, a spina di pesce, permette d’irrigidire la struttura. Elementi cilindrici di teak definiscono la struttura verticale. Gli stessi usati per le case su palafitte delle aree vicine: resistenti, economici e di lunga durata. Pavimenti in assi di legno al secondo piano, e cemento liscio e grigio al piano terra. Tutti materiali semplici, di facile manutenzione. La luce, indiretta e delicata, penetra dall’alto, dagli spazi vuoti tra le pareti e il tetto. Si noti il contrasto di toni organici, colori della terra, nonché i dialoghi intimi tra le texture: ruvidi gli elementi lignei verticali, e levigati i pavimenti e le ringhiere metalliche. Nonostante la semplicità della geometria, lo spazio è cangiante, variando secondo l’intensità della luce. Le pareti si aprono e si chiudono. Mai si usa il vetro. Elementi di dimensioni minime, in legno, si ripetono ritmicamente sulle ante, filtrano la luce, e richiamano le serene morfologie delle antiche costruzioni giapponesi.
Las Tejedoras è, secondo gli architetti, uno spazio d’intermediazione dei processi di sviluppo produttivo, che mette a sistema le donne disoccupate attraverso la partecipazione attiva, la valorizzazione delle tecniche artigianali locali e la rivitalizzazione dell’apprendimento come strumento di empowerment. “L’approccio alla comunità – spiega Bamba – è avvenuto attraverso la Fondazione Young Living Academy, che svolge lavoro sociale con le mamme dei bambini della scuola. Questo lavoro sociale e comunitario è fondamentale per i laboratori di progettazione partecipata, dove l’idea del progetto è concepita assieme, soprattutto per quanto riguarda il programma dei bisogni e la materialità.”
L’articolo è risultato della ricerca “Paisajes antrópicos: análisis y proyecto”, sviluppata dal gruppo di Ricerca “Transepto, con la importante collaborazione dello studente Alejandro Gómez. Universidad Nacional de Colombia. Sede Medellin
Bibliografia
Al Borde, Menos es todo, a cura di Andrea Griborio, Arquine ed., Ciudad de Mexico, 2020
Umbral Crudo, entre los disponible y lo biodegradable, in «Arquine», n. 107, 2022
Centro productivo comunitario Las Tejedoras en Guayaquil, in «AV Arquitectura Viva», aprile 2023
Nick Axel, The Beauty of Impermanence: An Architecture of Adaptability, in «E-flux criticism», 2023
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Tag
america latina , compatibilità ambientale , giovani , opere pubbliche
Last modified: 9 Aprile 2024