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Patrizia MelloWritten by: Reviews

I primi 100 anni di “Vers une architecture”

I primi 100 anni di “Vers une architecture”

Il testo seminale di Le Corbusier continua a ispirare e spingerci a pensare e ad “aprire gli occhi”

 

Ritornare sui sentieri di Vers une architecture (1923), a cent’anni dalla pubblicazione, continua ad essere emozionante, così come per Le Corbusier (1887-1965) il fine stesso dell’architettura è quello di sollecitare emozioni. La perentorietà della scrittura, l’accostamento audace di parole e immagini che si rincorrono disinibite, non possono che testimoniare la singolarità di un percorso di studio quasi commovente, dove traspaiono la totale dedizione e amore per l’architettura; quest’ultima, affidata ai pensieri del maestro d’origine svizzera, non è più statica composizione ma scattante invenzione, neo-ancoraggio alla vita, fino ad essere, in ultima analisi, «alternativa alla rivoluzione». La trama è ricca di proposizioni, accostamenti, annotazioni… Il testo non ha eguali nel Novecento.

Con straordinario coraggio e originalità Le Corbusier lancia le sue “avvertenze” agli architetti su una trasformazione epocale unica: «Un’epoca crea la sua architettura come l’immagine chiara di un modo di pensare». Ma di quale immagine si tratta? E di quale modo di pensare?

La lezione del Neoplasticismo (1917), più di ogni altra contemporanea, aveva innescato la miccia sulla neo-nascita di volumi, non più stilisticamente informati ma drasticamente ricondotti all’elementare in un gioco esemplare di piani verticali e orizzontali, di colori primari accesi, inesistenti in natura (quest’ultima madre di tutti i possibili mutamenti e variazioni cromatiche, oltre che “climatiche” come oggi potremmo ben dire…). Obiettivo unico: creare edifici “easy”, maneggevoli come un gioco di costruzioni per bambini (lo aveva scritto Giulio Carlo Argan…), in un’epoca in cui le macchine erano come profeti in un mondo di diseguali e considerato che l’architettura era stata fondamentalmente quella ufficiale dei monumenti, delle opere maestose, affidati all’estro creativo dell’architetto tra la s-confessione di uno stile e l’altro.

Per l’architetto era arrivato il momento di rivolgersi a tutti, di farsi carico della vita di tutti “universalmente”. Da ora in poi, l’unica cosa importante sarebbe stata quella di soppesare le ricadute positive del progetto sul sociale. E qui entra in gioco Vers une architecture. Le Corbusier, “uomo di lettere” (come era scritto sulla sua carta d’identità) e architetto autodidatta, si fa reporter del proprio tempo in un crescendo di pensieri che “emancipa” quei neo-volumi, poeticizzandone e valorizzandone l’elementarità («L’architettura c’è quando interviene emozione poetica. L’architettura è fatto plastico»), per approdare, senza alcun dubbio, alla nota definizione di architettura come «Il gioco sapiente, rigoroso, magnifico dei volumi assemblati nella luce», e i suoi occhi s’illuminano davanti alle mitiche fattezze del Partenone («Ecco la macchina per creare emozioni»).

Certa sconvolgente elementarità costruttiva è sublimata nel concetto di “standard”, figlio della meccanizzazione imperante. Lo standard è «il riconoscimento degli elementi permanenti». Non solo, dunque, Le Corbusier setaccia la propria epoca ma sconfina andando a studiare da vicino l’imponente bellezza di un tempio greco («Il Partenone è un prodotto di selezione applicato a uno standard»). Perché ci affascina? Perché i suoi volumi, così poco “lavorati” ci sembrano di una bellezza immensa? Perché, secondo Le Corbusier, un tempio greco è fatto di “parti” («A Fidia sarebbe piaciuto vivere in quest’epoca di standard») ed è in questa escalation di elementi esatti («La modanatura è una pura creazione dello spirito; richiama l’arte plastica») che – come se nulla fosse – raggiunge la perfezione.

Come se nulla fosse, nella loro estrema elementarità costruttiva affidata ai generosi ingranaggi della meccanizzazione, sono le automobili a costituire l’immagine dell’epoca con il loro essere assemblate per parti, portatrici di un nuovo genere di estetica: perciò Le Corbusier accosta l’immagine del Partenone a quella di un’automobile, spiazzando totalmente i ben pensanti del passato e i titubanti del presente. Con un colpo di spugna egli cancella i secoli, li avvicina e poi ne sviluppa ogni più piccolo segreto, tanto che l’uno e l’altro, ora, non possono che essere amici intimi. Un’intimità che a ben guardare passa attraverso la confidenza dei silos, il clamore di un triplano, le ariose viste di un transatlantico… E invita gli architetti al banchetto, li invita ad aprire gli occhi, a nutrirsi di quelle immagini tratte dal proprio tempo, per esaltare la perfezione del passato e ritrovarla nel presente, in ciò che quotidianamente vediamo senza coglierne la carica pensante “rivoluzionaria”. Tanto rivoluzionaria da arrivare a definire la casa “una macchina per abitare, il tempio della famiglia “moderna” dove ciascuno potesse sentirsi protagonista, partecipando in massa al miracolo dell’architettura, in un esercizio di totale democrazia costruita.

“Case in serie” che oggi qualche designer modaiolo come Thomas Heatherwick (1970) scambia in modo avventato per monotonia nel suo recente libro Humanise: A Maker’s Guide to Building Our World, senza nulla comprendere del pensiero rivoluzionario di Le Corbusier (tra i suoi capri espiatori) nell’epoca in cui visse, imbrigliato com’è in pretenziosi voli pindarici estemporanei, mentre il maestro svizzero continuerà a scavare nella mente e nel cuore di ogni architetto spingendo ciascuno ad azionare il pensiero, ad aprire gli occhi, ad osare, ma non pasticciando, mescolando furbescamente le carte, ma studiando, viaggiando, annotando, così che anche noi oggi potremo imbatterci in una architettura o in una delle tante architetture per il nostro tempo, considerato il moltiplicarsi di problematiche e di possibilità che abbiamo di trovare soluzioni per il presente. Tutto sta nel come ci si arriva. E in questo Vers une architecture è esemplare. Buon anniversario!

«LC. Revue de recherches sur Le Corbusier» per il centenario

Il numero 8 della rivista (settembre 2023; scaricabile in rete) celebra Vers une architecture riproponendo l’introduzione che Jean-Louis Cohen (recentemente scomparso) aveva scritto per la più recente edizione americana del libro (Getty Research Institute, Los Angeles 2009). Seguono una serie di documenti d’archivio dalla Fondation Le Corbusier sulla concezione editoriale del volume e infine, un paio di domande (sull’attualità e sul ruolo del libro all’interno della propria biografia intellettuale) poste a una serie di studiosi e progettisti: Iñaki Ábalos, Tadao Ando, Tim Benton, Antón Capitel, Carlos Eduardo Comas, William J. R. Curtis, Luis Fernández Galiano, Roberto Gargiani, Toyo Ito, Ryue Nishizawa, Antoine Picon, Carlo Olmo, José Oubrerie, Víctor Pérez Escolano, José Manuel Pozo, Josep Quetglas e Arthur Rüegg.

 

Autore

  • Patrizia Mello

    Si interessa di teoria, storia e critica del progetto contemporaneo, argomenti su cui svolge attività didattica e ricerca, pubblicando numerosi articoli e saggi, e organizzando convegni. Tra le sue pubblicazioni: “Progetti in movimento. Philippe Starck (1997); “L’ospedale ridefinito. Soluzioni e ipotesi a confronto” (2000); “Metamorfosi dello spazio. Annotazioni sul divenire metropolitano” (2002); “Ito digitale. Nuovi media, nuovo reale” (2008); “Design Contemporaneo. Mutazioni, oggetti, ambienti, architetture” (2008); “Neoavanguardie e controcultura a Firenze. Il movimento Radical e i protagonisti di un cambiamento storico internazionale” (2017); “Firenze e le avanguardie Radicali” (2017); "Twentieth-Century Architecture and Modernity: Our Past, Our Present" (2022)

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Last modified: 9 Novembre 2023