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Written by: Professione e Formazione

Jacques Lucan (1947-2023), oltrepassare la soglia

Ricordo dell’intellettuale francese che, lontano dalle certezze, ha sovvertito i fondamenti teorici della didattica e del progetto

 

La disciplina della teoria dell’architettura è una tra le più complesse tra quelle insegnate nelle scuole di architettura e discusse in libri e riviste. Essa richiede, per essere esercitata con approfondimento critico e consapevolezza concreta del farsi dell’architettura, una conoscenza vasta che contempla al tempo stesso una dimensione storica e un’attività pratica, perché senza quest’ultima quella disciplina rischia di diventare una “storia delle teorie dell’architettura”. É rarissimo incontrare, nella storia degli scritti e dell’insegnamento dell’architettura, delle figure che siano state in grado di trovarsi a cavallo di due universi.

Jacques Lucan era una di quelle figure straordinarie, per la capacità di penetrazione nei meccanismi al tempo stesso teorici e pratici del progetto, sempre visti alla luce di quello che di volta in volta accadeva nel dibattito contemporaneo, perché senza quello sguardo costantemente aggiornato dalle vicende dell’hic et nunc, per Lucan storia e teoria sarebbero diventate discipline non solo accademiche, ma prima di tutto elitarie – nel senso politico conferito a quel termine da chi ha traversato, e da una certa posizione sociale, la rivoluzione degli anni sessanta.

Lucan ha esercitato al contempo un esercizio dai tratti filologici e scientifici di analisi delle varie teorie sorte nell’universo dell’architettura, dalla fine del Settecento a oggi; e ha sempre amato verificare nel concreto della professione gli sviluppi dell’arte del costruire nella contemporaneità.

Il percorso teorico perseguito da Lucan è tra i più complessi e difficili, anche per il momento storico attraversato. Lucan si è fatto carico il dissezionare la vastità del corpus teorico e disciplinare accumulato in due secoli dalla cultura francese, comprese le sue decisive diramazioni statunitensi otto-novecentesche. Quel suo dissezionare spinto alle singole parole, e guidato dalle sue conoscenze filosofiche e letterarie, aveva lo scopo di scoprire ed enunciare principi di una qualche valenza generale e criteri operativi circostanziati, e che in entrambi i casi non riguardassero solo un determinato periodo, perché nel condurre con metodo storico le sue analisi, Lucan teneva sempre lo sguardo fisso sugli accadimenti nell’attualità (un’eresia per noi accademici italiani; ai miei occhi, una grande lezione). E da quel punto di osservazione, consapevole dei rischi e dei vantaggi, interrogava le teorie dell’architettura nella sua più generale complessità storica.

Lucan è stato l’unico dei teorici contemporanei ad aver saputo traversare i cumuli di pensieri sparpagliati nel campo delle teorie dell’architettura e ad avere “professato” per tanti decisivi decenni il proprio orientamento teorico in varie scuole di architettura. In questo senso e per la forza del pensiero critico, il suo nome dovrebbe essere accostato a quello di Julien Guadet in una sorta di continuità, anche se a dir poco problematica, della grande tradizione teorica francese di cui entrambi sono stati le massime personalità. Proprio per avere sovvertito e invertito i fondamenti teorici della didattica e del progetto che erano stati radicati nel concetto di “composizione” al fine di farlo trapassare in “non-composizione”, Lucan ha costruito il più grande affresco di una disciplina, che ha conosciuto la faglia apertasi con la rivoluzione del 1968, e ne ha proseguito la riflessione per verificarne gli ultimi sviluppi in un saggio intitolato Précisions per farne il dichiarato omaggio a un libro di Le Corbusier diventato cruciale per la teoria di Lucan, anche per le pagine dedicate alle quattro composizioni.

La monumentale opera teorica di Lucan aveva per scopo ultimo il verificare i fondamenti di una disciplina in due fasi storiche più potenti e critiche, e di cui egli ha saputo indicare potenzialità inesplorate e limiti certi, sino a trascinare quella disciplina e il suo alter ego alla soglia dell’incognito. Giunto a quella soglia, anche per Lucan si stava aprendo l’interrogativo del destino di quella stessa disciplina e di come passare oltre. E Lucan era un intellettuale che non si tirava mai indietro per rifugiarsi in qualche certezza; e ne avrebbe potute trovare tante nel suo lungo percorso di grande teorico; e a una di esse arroccarsi per resistere (ma non è questo il Jacques che ho conosciuto).

 

Una scomparsa in un momento critico

Nel corpo della disciplina

si è aperta da pochissimi anni un’altra faglia che ci costringerà di nuovo a riconsiderare le nostre certezze; tra non molto, sarà ben riconoscibile un prima e un dopo; e delle nostre posizioni culturali verranno smascherate le connotazioni politiche. Lucan aveva detto di essere preoccupato per le sorti di quella che con grande affetto aveva chiamato, durante un nostro incontro, la “mia composizione”. La sua scomparsa è tanto più grave proprio per il momento che stiamo attraversando perché Lucan, come sempre aveva saputo fare, sarebbe stato in grado d’illuminarci nello sconvolgimento di certezze, con le sue lucide e intense riflessioni teoriche – avrebbe inventato quella parola chiave da fare seguire alla “non-composizione” per riuscire di nuovo a cogliere l’hic et nunc.

Quello che Lucan ci ha lasciato è qualcosa che potrà essere messo a lapide monumentale o a pietra di fondazione. In entrambi i casi saremmo comunque costretti a tenere lo sguardo fisso sulla sua opera.

 

Jacques Lucan, breve biografia

Diplomato in architettura nel 1972, ha insegnato presso l’École Nationale Supérieure d’Architecture de Paris-Belleville; ha partecipato alla fondazione e all’insegnamento dell’École d’Architecture de la Ville et des Territoires a Marne-la-Vallée; è stato professore presso la Section d’Architecture dell’École Polytechnique Fédérale de Lausanne, redattore capo di «Architecture Mouvement Continuité», membro dei comitati editoriali delle riviste «Matières», «Lotus International» e «Casabella», nonché associato dello studio professionale Seyler & Lucan. Tra le sue numerose pubblicazioni si segnalano la curatela dei volumi: Le Corbusier, une encyclopédie (Parigi 1987); OMA. Rem Koolhaas. Pour une culture de la congestion (Parigi 1990; Milano 1991); Eau et gaz à tous les étages. Paris, cent ans de logement (Parigi 1992); Paris des faubourgs. Formation-transformation (Parigi 1996); Fernand Pouillon architecte (Parigi 2003); e i seguenti libri: Passim (Parigi, 1976); France Architecture 1965-1988 (Parigi 1989; Milano 1989); Architecture en France, 1940-2000. Histoire et théories (Parigi 2001); Composition, non-composition. Architecture et théories, XIXe-XXe siècles (Losanna 2009); Où va la ville aujourd’hui? Formes urbaines et mixités (Parigi 2012); Précisions sur un étant présent de l’architecture (Losanna 2015); Habiter: Villes et Architecture (Losanna 2021).

 

Autore

  • Roberto Gargiani

    Si è laureato in architettura presso la Facoltà di Firenze, dove ha conseguito il dottorato di ricerca in storia dell'architettura e dell'urbanistica. Ha insegnato storia dell'architettura a Firenze, Rouen, Parigi, Venezia e Roma. Dal 2005 è stato professore ordinario di storia dell'architettura presso la facoltà ENAC dell'EPFL e direttore del Laboratorio di teoria e storia dell'architettura LTH3. Ha ottenuto una borsa di studio ERC. È professore emerito dell’EPFL e professore invitato presso il Dipartimento di Architettura del Politecnico di Bari e presso l’École d'architecture de la ville & des territoires Paris-Est. Tra i temi dei suoi libri: Perret, Le Corbusier, Koolhaas, Kahn, Nervi, Archizoom, Superstudio, OFFICE, fala atelier, l'architettura italiana del Quattrocento, l'architettura italiana del XX secolo, il Louvre, la storia del calcestruzzo nel XVII secolo, le costruzioni in calcestruzzo negli Stati Uniti, il principio del rivestimento di Semper.

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Last modified: 17 Ottobre 2023