Fa discutere la trasformazione urbana promossa da Università e Nova Coop. Mentre, lì accanto, spicca la centrale Iren di Luciano Pia
TORINO. Un vasto comparto ferroviario dismesso, di circa 42.000 mq, a poco più di un chilometro dal centro, attestato da un lato lungo i binari che conducono alla stazione di Porta Nuova, e dall’altro lungo via Nizza, una delle principali arterie urbane in direzione sud. Scalo Vallino è ora oggetto di trasformazione a funzioni miste, per un intervento in due lotti. Il primo, avviato nel dicembre 2021 su Variante al PRG del 2013, vede l’insediamento, su 10.000 mq, di un Centro di ricerca per le biotecnologie molecolari commissionato dall’Università di Torino e da Fondazione CIRP. Il secondo, più corposo, riguarda un’area di 32.000 mq, alienata da FS Sistemi urbani a fine 2015, oggetto di un Piano esecutivo convenzionato (PEC) approvato nel dicembre 2022.
Sviluppato da Nova Coop Società Cooperativa, il PEC prevede, per una slp complessiva di 21.500 mq, due alte stecche (fino a 9 piani) di student housing (10.500 mq, circa 400 posti letto, promosso con le società Taurus e Ca Ventures, progetto di Picco Architetti), integrate a destinazioni commerciali e servizi, ospitate in due piastre su tre livelli (slp di 10.000 mq, con una consistente quota di ristorazione, negozi, un superstore da 2.500 mq e parcheggi per 500 auto, progetto di Ai Engineering e Ai Studio), coperte a fotovoltaico e verde. A fungere da connettivo urbano, 7.500 mq di spazi pubblici, prevalentemente minerali, che inglobano, sul fronte strada, i tre piccoli fabbricati del 1887, unica testimonianza del passato dell’area che, per il resto, ha visto la rimozione del fascio dei binari e la demolizione dei magazzini, privi di pregio. Vincolati come beni storico-architettonici e già restaurati, gli ex uffici in muratura fungeranno da accesso allo spazio pedonale. All’estremo sud, completa l’intervento un sub ambito per impianti sportivi all’aperto (circa 5.000 mq). L’investimento complessivo ammonta a circa 60 milioni, di cui oltre 5 destinati a opere pubbliche e oneri a scomputo. Avviati nelle scorse settimane, i lavori dovrebbero concludersi nell’autunno 2025.
C’è chi dice no
Non tutti, però, credono alla sirena della rigenerazione urbana.
Alcuni residenti hanno infatti presentato una petizione, suffragata da oltre 500 firme, chiedendo alla pubblica amministrazione di rivedere il progetto. Nonostante i promotori affermino che le volumetrie in programma contemplano una riduzione dei diritti edificatori rispetto alle previsioni del PRG pari a circa 4.500 mq (-18%), liberando così quote destinate allo spazio pubblico, per gli appellanti è troppo poco, e contestano soprattutto la debolezza negoziale del Comune rispetto alla scelta delle destinazioni d’uso, alla scarsa presa in considerazione degli impatti dell’intervento e al mancato coinvolgimento dei cittadini. Se lo studentato rafforza la vocazione universitaria del capoluogo piemontese, date le già numerose presenze della media distribuzione in zona, l’ennesima galleria commerciale, seppur di contenute dimensioni, potrebbe provocare un incremento dei già consistenti flussi di traffico (soprattutto sullo scavalco ferroviario di Corso Sommeiller), nonché rappresentare una forte concorrenza per i tanti esercenti in zona, inclusa l’adiacente area mercatale. Una pressione antropica che, per i detrattori, si traduce inoltre in un eccesso di suolo impermeabilizzato e di cubature costruite con effetto “isola di calore”, con parcheggi in struttura fuori terra che si vorrebbero invece ipogei e con troppo risicate superfici a verde per un quartiere che ne è già assai carente.
Inoltre, se il lotto Coop rivela una qualche raffinatezza nell’ibridazione tipologica e nelle scelte linguistiche, il già parzialmente operativo Centro di biotecnologie molecolari, un anonimo quanto massiccio volume scatolare, risulta del tutto decontestualizzato (oltre 25.000 mq, progetto di AI Studio per un importo lavori di 19 milioni). Infine, l’intero comparto “volta le spalle” alla ferrovia, senza stimolare prospettive di ricucitura urbana, qualora, in un domani che non si vorrebbe remotissimo, si dovesse por mano alla dismissione del cul de sac rappresentato da Porta Nuova.
Mentre lì accanto, la centrale è un giardino
Chi invece ai viaggiatori che transitano in treno rivolge, con un’abile operazione d’immagine – e, dunque, di marketing -, il suo lato migliore è, lì accanto, Iren Energia. Infatti, al margine sud del comparto, con accesso da via Lugaro, fa bella mostra di sé la centrale di accumulo per il teleriscaldamento del quartiere San Salvario. Un’infrastruttura eminentemente tecnica, costata 13 milioni e formata da tre giganteschi silos cilindrici (contenenti 2.500 mc di acqua calda, alti fino a 28,5 m e larghi 8, serviti da una centrale di pompaggio e da locali elettrici di gestione e controllo), avvolti da un continuum di passerelle, scale, terrazze e “vasconi” in acciaio Cor-ten e cementizi, punteggiati dalla vegetazione pensile. Un’integrazione tra tecnologia e paesaggio, onde ricavare spazi ludici e per laboratori didattici (una sala da 130 mq a quota 6,6 m) e visite guidate, per la conoscenza dell’impianto e, più in generale, per la sensibilizzazione ambientale.
Un sistema di produzione energetica a pannelli garantisce una parte significativa del fabbisogno. Distribuiti sui livelli sovrapposti ma sfalsati, i massicci contenitori (spessi fino a 2-3 m) ospitano alberi e arbusti di prima, seconda e terza grandezza (per un totale di 450 esemplari), oltre a rampicanti e tappezzanti (circa 5.000), per una superficie coltivabile o piantumata circa pari a quella del lotto (quasi 1.900 mq): un piccolo polmone verde che assorbe polveri sottili e 25 tonnellate annue di CO2, contribuendo al raffrescamento urbano. Inoltre, i giardini pensili a forte spessore di terra permettono l’assorbimento delle acque meteoriche anche in presenza di forti piogge, con il rilascio lento delle quantità eccedenti nel sistema di ricircolo. Grazie alla previsione di aree di coltivazione a quote elevate dal suolo (inclusa una serra da 30 mq a 18 m d’altezza), sarà possibile attivare una microproduzione dimostrativa di ortaggi e frutti.
L’architetto, il torinese Luciano Pia, non è nuovo a simili cimenti: si pensi alle residenze urbane “25 verde”, dove il preponderante impiego dell’elemento vegetale risulta tuttavia un po’ manierato e, dunque, meno efficace che qui. E’ poi curioso notare come, a poca distanza, sempre su via Nizza, nel 2006 Pia firmò la Scuola per le Biotecnologie: un fiore all’occhiello per la città e per l’Università; la quale, stavolta, per l’opera gemella, non ha saputo ripetersi. Infine, va detto che anche Iren non è nuova nel cimento: nel 2008 l’azienda multiservizi ricorse ai servigi di Jean-Pierre Buffi per la grande centrale di teleriscaldamento in corso Ferrucci. Ma laddove si trattò solo di un elegante camoufflage con una pelle metallica a mascherare volumi tecnici, qui invece l’architettura è entrata in campo fin dal principio.
Centrale di accumulo Iren
Progetto e direzione lavori artistica: Luciano Pia – Torino
Consulenza agronomica: Linee verdi (Chiara Otella e Stefania Naretto) – Torino
Progetto e direzione lavori opere strutturali: Integra (Marco Pietrangeli) – Roma
Progetto e direzione lavori impianti ed energia: Enrico Clara, Iren Energia – Torino
Cronologia: progetto 2017 – realizzazione 2023
Committente: Iren Energia Spa
Impresa esecutrice: CMP International Srl – Martinsicuro (TE)
Aree verdi (19): Peverelli Srl – Fino Mornasco (CO)
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infrastrutture , rigenerazione urbana , torino
Last modified: 24 Luglio 2023