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Alessandro Colombo e Paola GarbuglioWritten by: Reviews

Art Basel 2023, la mostra di un sistema ovvero un sistema in mostra

Art Basel 2023, la mostra di un sistema ovvero un sistema in mostra

284 gallerie leader da 36 paesi, 4.000 artisti e 82.000 visitatori: report dalla fiera d’arte di punta

 

BASILEA (SVIZZERA). Lo spazio Unlimited di Art Basel ci accoglie con una qualità spaziale e un respiro curatoriale che non sembra inferiore a una grande esposizione d’arte. Allo stesso modo, la fitta rete di eventi, installazioni, performance, incontri che investe la città e il territorio circostante, anche transfrontaliero, riconduce a una dimensione che difficilmente potrebbe essere rapportata a quella di una normale fiera. La spiegazione sta nel fatto che a Basilea, dopo anni di difficoltà pandemiche e non solo, va in scena un sistema complesso e affascinante, quello dell’arte, che investe più di un settore, al di là di quello evidente economico/artistico, per arrivare ad una dimensione sociale, urbana e, finanche, geopolitica. Ma andiamo con ordine e partiamo dai fatti.

284 gallerie leader (21 al debutto) provenienti da 36 paesi e territori, oltre a 4.000 artisti presentati fanno di Art Basel la fiera di punta che riunisce sulle rive del Reno il mondo dell’arte internazionale. La manifestazione si chiude con 82.000 spettatori che hanno animato una settimana densa di eventi.

Quest’anno, l’artista marocchina Latifa Echakhch ha attivato la Messeplatz con un’installazione luogo di performance curata da Samuel Leuenberger, il medesimo ideatore del settore “Parcours”, itinerario che coinvolge luoghi e istituzioni in città con installazioni artistiche. Il tutto perfettamente coordinato con mostre ed eventi che ogni grande museo e galleria al di qua e al di là del confine tedesco ha pensato per una settimana, ed un’estate, di grande interesse.

“Parcours”, giunto alla 13° edizione, presenta 24 interventi artistici site specific collocati nel cuore della città storica che permettono ai luoghi più inaccessibili di aprirsi e ai visitatori di approfondire il linguaggio della scultura nelle sue espressioni tradizionali, come in quelle più sperimentali. Fra i molti, ci piace ricordare l’installazione di un archivio di conoscenze curde di Melike Kara, alla filiale UBS di Aeschenvorstadt, e la scultura Arcangelo III” di De Bruyckere che, collocata alla fine di un viale di rose nei giardini privati dietro il Kuntsmuseum, pone un mantello di pietra a proteggere la figura celeste caduta in memoria delle sofferenze pandemiche che sembravano averci tolto ogni speranza. Ma si può agevolmente spaziare dallo Schaulager, deposito visitabile progettato da Herzog & de Meuron nel 2003, per la mostra “Out Of The Box”, retrospettiva degli anni novanta e duemila, passando per la Fondazione Beyeler, una delle più interessanti architetture di RPBW, ove sono esposti i monumentali “Modena Paintings” di Basquiat, ma anche l’interessante Doris Salcedo, e arrivare al Basel Social Club, fondato nel 2022 da un collettivo di artisti, galleristi e curatori con l’intento di aprire spazi sociali per l’arte, e che quest’anno va in scena in un’ex fabbrica di maionese, proponendo arte, musica, performance e gastronomia.

Tornando alla struttura fieristica dominata dall’architettura di Herzog & de Meuron, la parte sicuramente più interessante è Unlimited”, sezione delle grandi installazioni, curata da Giovanni Carmine, che è ormai un appuntamento fisso per i progetti che vanno al di là, anche dimensionalmente, dello stand d’arte, per proporre 76 opere selezionate dal Comitato di Art Basel, esposti in una sala di 16.000 mq che s’impone per qualità e respiro. Colpisce trovare subito all’ingresso Sea Never Dries” di Serge Attukwei Clottey, installazione che celebra i contenitori gialli onnipresenti in Ghana, fatti a pezzettini e intrecciati in una serie di arazzi di grandi dimensioni: la stessa opera è presente in questi mesi alla Biennale di Architettura di Venezia, nello spazio delle Gaggiandre, ove, però, l’Afrogallonismo, questo il nome voluto dall’artista, non riesce ad ottenere il medesimo risultato.

La Strip-Tower” di Gherard Richter domina la scena e con grande effetto spaziale si presenta anche l’installazione interattiva di Monica Bonvicini “Never Again”, collezione di altalene composte da tubi d’acciaio, pelle nera e catene, sospese a una struttura d’acciaio, che vorrebbe chiamare lo spettatore ad un impegno fisico con le strutture stesse. Sempre sulla ginnastica si basa Čiurlionis Gym”, palestra di Augustas Serbians ove le opere rimodellate in gesso vengono utilizzate come pesi da alzare e, in un certo qual modo, anche Matratzentraum”, negozio di materassi realizzato da Guillaume Bijl ove ci si può anche sdraiare, riflettendo sul valore dei bisogni umani fondamentali. Decisamente più contemplativo l’intervento di François Morellet & Tadashi Kawamata, “Pier and Ocean, 2014”, spazio raccolto ove la morbida luce pulsante di una composizione di tubi al neon di Morellet ricrea il movimento del mare, mentre il pontile in legno di Kawamata ci permette di addentrarci “fra le onde”. Ma l’installazione più instagrammata, absit inuria verbis, è sicuramente Environnement Chromointerférent” di Carlos Cruz-Diez, opera che chiama il pubblico a un’attività ludica fra riflessi e luci colorate, in una celebrazione geometrico architettonica dello spazio che, a molta distanza dalla sua realizzazione (1974), continua ad essere estremamente convincente.

Ovviamente, gli affari si sono effettuati nella più tradizionale Hall 2 che, su due piani piuttosto stipati, ha allineato espositori e capolavori. Oltre alla sezione principale “Galleries”, la manifestazione propone Statements” per gli artisti emergenti, Feature”, incentrata su opere storiche, Edition”, solo per stampe ed edizioni e Kabinett”, novità che presenta mostre curatoriali su temi specifici nei singoli stand. Non manca niente, tanto che subito, a fiera ancora chiusa, si è potuto assistere a compravendite dalle cifre importanti, come si usa dire quando gli zeri iniziano a diventare molti dopo il numero. A partire dal fuori quota di Mark Rothko “Orange and Yellow” (1956), per il quale si parla di 60 milioni, e qualche altro lavoro “milionario”, opere moderne e contemporanee valutabili ognuna in centinaia di migliaia di euro hanno attirato l’interesse di curatori, collezionisti e, anche, noti musei internazionali, che non hanno esitato ad aggiudicarsele.

C’è chi potrà dire che la formula della fiera è uguale a 10 anni fa e, forse, anche a 20, ma questo, anche se solo parzialmente vero, non fa che testimoniare la bontà di un luogo d’incontro che riesce ad adattarsi alle più diverse condizioni storiche, politiche ed economiche, offrendo, al di là delle ovvie opportunità di scambio, uno spaccato del mondo dell’arte in continuo aggiornamento e con una qualità e una verità che, per certi aspetti, superano quelle delle grandi rassegne internazionali d’arte. Come a intendere che il “mercimonio” non è tale quando serenamente esposto e volto a produrre cultura e qualità urbana, oltreché business, il tutto ad altissimo livello. Meditiamo sino al prossimo anno.

Immagine di copertina: l’installazione di Carlos Cruz-Diez

 

 

Autore

  • Alessandro Colombo e Paola Garbuglio

    ALESSANDRO COLOMBO nasce a Milano. Dopo gli studi classici e musicali si laurea in architettura al Politecnico di Milano nel 1987 con Marco Zanuso. Nel 1989 inizia il sodalizio con Pierluigi Cerri presso la Gregotti Associati. Con Bruno Morassutti partecipa a concorsi internazionali di architettura. Nel 1996 cura, con Pierluigi Cerri, il disegno di Palazzo Marino alla Scala a Milano per Trussardi e nel 1998 il progetto degli spazi pubblici e delle strutture di Expo ‘98 a Lisbona. È socio fondatore di Studio Cerri & Associati e di Studio Cerri Associati Engineering. Nel 2004 vince il concorso internazionale per la Villa Reale di Monza e il compasso d’oro con Naòs System, Unifor. È docente a contratto presso il Politecnico di Milano e presso il Master in Exhibition Design IDEA, di cui è membro del board. Su incarico del Politecnico di Milano cura il progetto per il Coffee Cluster, Expo 2015 Milano. PAOLA GARBUGLIO nasce a Milano. Completati gli studi classici si laurea in architettura al Politecnico di Milano sotto la guida di Marco Zanuso. Nel 1989 incomincia una collaborazione di dieci anni con la Gregotti Associati. Nel 1990, con Alessandro Colombo, vince il Major of Osaka City Prize indetto dalla Japan Design Foundation di Osaka con il progetto Terra: Instructions for Use. Nel 1994 conosce il maestro Gino Cosentino di cui diviene allieva ed amica e con il quale lavorerà fino al 2006 anno della sua morte. Nel 1999 fonda con Alessandro Colombo lo studio Terra, luogo d’incontro di arte, grafica, design e architettura. La sua produzione artistica degli ultimi anni comprende alcune centinaia di opere.

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Last modified: 21 Giugno 2023