Riceviamo e pubblichiamo un ricordo legato al Movimento studentesco e alla pubblicazione del Dizionario enciclopedico di architettura e urbanistica
Nella ricostruzione della vita e delle opere di Paolo Portoghesi non può mancare il suo incontro con la rivolta studentesca del ‘68. È noto che quando fu preside di Architettura a Milano vestiva ostentatamente con la divisa cinese alla Mao Tse-tung. Dubito che avesse ammirazione per la rivoluzione cinese, per le sue censure culturali, per i riti di venerazione del “grande timoniere”. Il suo vestire i panni della “rivoluzione culturale” era una spregiudicata affermazione di post-modernità, di abbandono dei canoni culturali classici del razionalismo per assumere quelli dell’eclettismo. Quale uomo di cultura raffinato fuse il “maoismo” di Jean-Luc Godard con il citazionismo del post-moderno che negli anni ‘60 emerse rivendicando il diritto all’ornamento, al gioco formale, alla libertà dei riferimenti. Fu sempre l’architettura la sua fonte d’ispirazione culturale e credo che sia stato molto influenzato da Robert Venturi, profeta del post-moderno, architetto e storico come Portoghesi, autore del libro Complessità e contraddizioni nell’architettura (1966).
Ma il rapporto con il Movimento studentesco lo ebbe, prima del suo incarico a Milano, a Roma, quando in qualità di curatore del DEAU (Dizionario enciclopedico di architettura e urbanistica) assoldò alcuni esponenti del Movimento studentesco romano come redattori. Feci parte della compagnia, studente di Architettura, occupante della Facoltà, “combattente” negli scontri di Valle Giulia. All’inizio mi affidò alcune voci minori, in seguito più impegnative tra le quali “simmetria” e ”prospettiva” che in architettura, in particolare in quella storica, sono i due assi portanti del telaio compositivo. Ho più volte pensato che non fossi degno di tale fiducia, che l’incarico mi fosse stato dato perché uno storico qualificato sarebbe costato molto di più. Ancora oggi non escludo questa ipotesi perché Portoghesi sapeva essere anche molto pratico.
Ma l’episodio più illuminante che ricordo della sua vasta conoscenza di tutte le arti figurative è legato alla voce “mosaico”, per la quale non avevo trovato fonti soddisfacenti. Andai a trovarlo nel suo studio/abitazione di via di Porta Pinciana e dopo un breve colloquio estrasse, dalla sua immensa biblioteca che copriva fino al soffitto tutte le pareti dello studio, un libricino di poche pagine che raccontava perfettamente tutto sul mosaico. Tra i redattori ”studenti” del DAU non posso non citare Claudio D’Amato, compianto compagno di studi, che scelse Portoghesi come maestro di studio e di vita; Renato Nicolini (non organico al movimento degli occupanti), Sergio Petruccioli, Domenico Cecchini, Stella Sofri. Forse Portoghesi intuiva i pericoli a cui andava incontro quella generazione e voleva dirottare quelle intelligenze insorgenti verso il mondo della cultura? Forse voleva conquistare la loro fiducia visto il mal partito della maggioranza dei docenti messi sotto accusa dal Movimento studentesco? Ma forse voleva solo far risparmiare denaro alla casa editrice.
Il suo senso pratico mescolato ad un disincantato cinismo si riflette nelle sue prestazioni di architetto a mio parere non entusiasmanti. La sua passione per Borromini non fu sufficiente a travasare il talento. Ma questo è un altro discorso, ho le mie riserve ma non spetta a me giudicare.
Immagine di copertina: Francesco Borromini, facciate della chiesa di San Carlino alle quattro fontane e dell’Oratorio dei Filippini (disegni di Mario Spada)
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barocco , lettere al Giornale , libri , obituary , roma , università
Last modified: 12 Giugno 2023