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Arianna PanarellaWritten by: Reviews

Museo del Design Italiano, 100 anni di design un po’ confusi

Il direttore Marco Sammicheli ripensa la mostra nel centenario della Triennale di Milano, ma l’idea curatoriale, sebbene interessante, è fragile

 

MILANO. Nelle scorse settimane il Museo del Design Italiano ha riaperto con un rinnovato allestimento negli spazi della Triennale. Inaugurato nel 2019, e chiuso temporaneamente nel 2021 per lasciare spazio alla 23° Esposizione Internazionale, forse più che “museo” è una “mostra permanente” che, nella rinnovata veste, presenta anche nuove opere. Sono oggetti influenti, espressivi ed evocativi di periodi storici rilevanti del design italiano, ma più in generale della storia del nostro paese. Un materiale vasto e variegato che è stato raccolto dalla Triennale di Milano fin dalla sua nascita, nel 1923 a Monza in occasione della I Biennale delle arti decorative e nel 1933 spostata a Milano all’interno del Palazzo dell’Arte.

Quest’anno, proprio in occasione del centenario dalla nascita, la mostra dedicata al design è stata ripensata dal nuovo direttore Marco Sammicheli, con la volontà di raccontare la storia di cento anni di design italiano che inevitabilmente s’intrecciano con la storia di questa istituzione. Non si tratta solo di cambiamenti nel gusto: nuovi materiali, nuove tecnologie hanno rivoluzionato il mondo domestico, dell’abitare e, in modo più ampio, hanno cambiato la vita quotidiana in diversi ambiti.

 

300 pezzi per 100 anni

Collocato come in precedenza nella “curva” al piano terra del Palazzo dell’Arte, il nuovo allestimento raccoglie oltre 300 pezzi scelti tra i 1.600 che definiscono la collezione dell’istituzione, con l’aggiunta di altri nuovi oggetti in prestito da collezioni private. Il percorso espositivo, progettato da Paolo Giacomazzi Design Studio, inizia con un grande portale, una mega libreria che raccoglie alcuni oggetti. Ci accoglie su “una scarna piazza” dove troviamo gli intramontabili elementi distintivi della linea rossa della metropolitana milanese progettati da Franco Albini e Bob Noorda, il “mitico” panettone di cemento di Enzo Mari e il manifesto antifascista di Albe e Lica Steiner: pezzi incredibili, ma sembra quasi manchi qualcosa, a partire dal portale poco incisivo nella sua veste di “ingresso” al museo.

Il percorso espositivo segue una progressione cronologica in cui gli oggetti che hanno fatto la storia del design italiano sono accompagnati da documenti d’archivio, foto storiche, opere d’arte e progetti grafici, ma la novità sono sei ambienti che intervallano questa scansione temporale. Installazioni tematiche che sviluppano un percorso storico, dagli anni venti ai sessanta: accolgono progetti e riproduzioni d’interni, come la sala da pranzo per Casa Minerbi, disegnata da Piero Bottoni, per citarne uno, con l’intenzione di esplorare i cambiamenti culturali che hanno coinvolto Milano e l’Italia nell’ultimo secolo, evidenziando le collaborazioni tra creativi, famiglie e imprenditori illuminati che hanno contribuito alla realizzazione di pezzi che hanno profondamente innovato il modo di vivere e pensare degli italiani. L’idea curatoriale assolutamente interessante risulta però molto fragile. I reperti non restituiscono l’idea di ambiente o di stanza, e sembrano quasi creare confusione all’interno del percorso cronologico disseminato di tanti oggetti.

 

Un’esposizione ricca ma confusa per i non addetti ai lavori

Sedute, lampade, divani e tavoli, posate, macchine per scrivere portatili, giochi per bambini, macchine per cucire, auto, moto, poster, libri, quadri e foto: l’esposizione è ricchissima di pezzi che spesso sono vere e proprie opere d’arte e che non hanno bisogno di molto altro, ma il percorso nella sinuosa ed elegante curva sembra mancare di qualcosa. Sulle pareti sarebbero stati utili forse una semplice timeline e degli approfondimenti (il materiale non manca di certo) su alcuni oggetti, perché per quanto molti di questi siano molto conosciuti, per i non “addetti ai lavori” può sembrare un po’ confuso.

L’ultima parte del percorso espositivo si conclude su una grande pedana, un palcoscenico un po’ affollato di oggetti che raccontano le avanguardie degli anni ottanta, con i grandi nomi come Piero Lissoni, Ferruccio Laviani, Ingo Maurer. Peccato che nella quantità, nella sovrapposizione e nella distanza, alcuni oggetti si perdano un poco.

 

La Design Platform

Un’ultima novità a chiusura del percorso è la Design Platform, uno spazio che ospiterà mostre temporanee dedicate a specifici temi del design e per esplorare la contemporaneità. Prima esposizione è “Text”, rassegna che gioca sull’allusione testo/tessuto raccontando l’approccio a questi due elementi da parte di stilisti e designer con opere che dialogano con il mondo del design, della cultura materiale e dell’alto artigianato.

Il legame tra la storia del design italiano e quella della Triennale è evidente, ma questa nuova mostra non segna una vera differenza con le precedenti e, soprattutto, risulta troppo fragile nel suo raccontarsi, per essere definita come museo. Senza particolari approfondimenti, fatti salvi gli “ambienti” che però non giovano, il percorso tra le opere, collocate su pedane, scorre via fin troppo rapido, come quello all’interno di una mostra temporanea, e non lascia il segno nella memoria come dovrebbe fare un’istituzione museale.

Immagine di copertina: © Agnese Bedini-DSL Studio

 

Museo del Design Italiano
Triennale Milano

Diretto e curato da: Marco Sammicheli
Allestimento: Paolo Giacomazzi Design Studio

Mostra “Text”
A cura di: Marco Sammicheli

15 aprile – 17 settembre 2023
Allestimento: Paolo Giacomazzi Design Studio

Autore

  • Arianna Panarella

    Nata a Garbagnate Milanese (1980), presso il Politecnico di Milano si laurea in Architettura nel 2005 e nel 2012 consegue un master. Dal 2006 collabora alla didattica presso il Politecnico di Milano (Facoltà di Architettura) e presso la Facoltà di Ingegneria di Trento (Dipartimento di Edile e Architettura). Dal 2005 al 2012 svolge attività professionale presso alcuni studi di architettura di Milano. Dal 2013 lavora come libero professionista (aap+studio) e si occupa di progettazione di interni, allestimenti di mostre e grafica. Dal 2005 collabora con la Fondazione Pistoletto e dal 2013 con il direttivo di In/Arch Lombardia. Ha partecipato a convegni, concorsi, mostre e scrive articoli per riviste e testi

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Last modified: 16 Maggio 2023