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Giorgio AzzoniWritten by: Reviews

Architettura dell’ingegneria: i maestri e l’etica della forma

Architettura dell’ingegneria: i maestri e l’etica della forma

Il punto tra pubblicazioni (su Antoni Gaudì + Eladio Dieste e sui grandi ingegneri italiani del Novecento), mostre e ricerche, con un occhio alle pratiche attuali

 

Osservando l’aspetto sostanzialmente astratto di molti progetti internazionali di grande scala e notevole forza iconica, sembra di cogliere come l’innovazione tecnologica e l’ingegneria stiano sempre più acquisendo il ruolo compositivo e armonizzante dell’architettura. Di contro, poiché la tecnologia impiantistica e dei componenti tende a rendere gli edifici più efficienti ma uniformati, l’urgenza di farne prodotti d’eccezione spinge talvolta alla realizzazione d’improbabili volumetrie, con il rischio assai frequente di sconfinare nel gratuito formalismo.

Dove invece l’architettura esprime il sapere della forma insito nella capacità dei grandi sistemi strutturali di resistere adeguatamente alle forze mediante la propria geometria e, contemporaneamente, di creare spazi di qualità abitabile inseriti correttamente nella specificità di luoghi e comunità, essa si realizza come corretto costruire e alto servizio alle necessità della vita.

Assistiamo da tempo a un processo d’ingegnerizzazione dell’architettura, storicamente evidente e oggi irreversibile, sovente sostenuto dall’esibizione di un’estetica spettacolare che distoglie l’attenzione dalle distorsioni compositive, urbanistiche e sociali. Un legame equilibrato tra innovazione tecnologica, logiche strutturali e progetto architettonico è invece premessa per sostenere la qualità diffusa del costruito, in armonia con il contesto ambientale: è la nuova sintesi scientifica di form finding perseguita responsabilmente da molte università, laboratori sperimentali e studi professionali.

L’architettura dell’ingegneria, ovvero il rapporto tra ricerca scientifica e arti del progetto, appare infatti sempre più una necessità ecologica, oltre che economica, come nelle intenzioni della mostra “Technoscape” al MAXXI di Roma. Corredata da un utile e ricco catalogo a cura di Maristella Casciato e Pippo Ciorra, la rassegna illustra sia lavori di grandi architetti e strutturisti dal 1945 ad oggi, sia recenti esperienze di studio su materiali, tecnologie, strumenti digitali e intelligenze artificiali applicate alla realizzazione compatibile degli spazi abitabili.

L’attenta progettazione delle forme architettoniche dei maestri, ancorata alla coerenza spaziale delle strutture resistenti, può infatti aiutare a individuare una nuova etica della forma, per scoprire che i sistemi digitali algoritmici hanno illustri e coerenti antenati analogici. Per comprendere l’incontro tra ingegneria e architettura sia come fatto tecnico-costruttivo che come fenomeno culturale e umano, è fondamentale occuparsi degli aspetti contestuali, di saperi e luoghi da cui derivano tali risultati. Assumono perciò particolare importanza le condizioni culturali, sociali ed economiche in cui i progettisti e i costruttori sperimentali hanno agito e, in questo, ci aiutano importanti architetture di un vicino passato, che recenti pubblicazioni portano all’attenzione.

 

Il volume Antoni Gaudì/Eladio Dieste, semi di creatività nei sistemi geometrici di Maria Antonietta Crippa (Torri del Vento, Palermo 2022, pp.96, euro 14), rappresenta un lucido esempio di metodo e contenuto. Inaugura l’interessante collana “Semi di architettura” (distinguere e paragonare) diretta da Antonietta Jolanda Lima, concepita per offrire riflessioni a più voci su protagonisti del Novecento e sulle complessità dell’architettura contemporanea. Le indagini hanno lo scopo d’individuare semi di metodo e pensiero in grado di far crescere idee e sensibilità utili alla determinazione dei compiti primari dell’architettura.

L’autrice imposta un’implicante lettura parallela dei due progettisti e costruttori, evidenziandone sia affinità di ricerca che specificità. Gaudì e Dieste rappresentano polarità distinte per epoca e condizioni operative ma, accomunati da un’autentica vocazione etica e professionale, perseguirono entrambi sia l’adeguatezza strutturale della costruzione che il suo valore comunitario. Crippa ricorda infatti che “Ambedue sono stati costruttori di architetture di grande valore sociale, artistico e tecnico […] animati da forte senso di responsabilità civile, nell’impegno a favore dell’autonomia catalana il primo e in quello dell’affermazione di un’identità latino americana il secondo”.

I due progettisti hanno tradotto e attualizzato le loro ricerche sul filo conduttore di un multiforme ordinamento geometrico. Fucina di forme e strutture inaspettate, attraverso l’utilizzo di sole tre superfici rigate (l’iperboloide, il paraboloide iperbolico e l’elicoide), Gaudì ottenne concavità e convessità in una modellazione coerente con quella dei fenomeni naturali. Costruttore sperimentale, mettendo a punto un sistema in laterizio a doppia curvatura (la ceràmica armada), Dieste realizzò strutture in volte a botte di grande luce, gaussiane e autoportanti, in pareti ondulate e grandi lastre piegate precompresse. Operando in stretta collaborazione con le maestranze edili, entrambi tradussero forme geometriche spaziali complesse e non usuali in modalità costruttive semplici, realizzabili entro processi esecutivi artigianali.

Nell’epoca del Free Form Design necessitiamo di riferimenti progettuali alti e di contributi critici che connettano storia e contemporaneo, mediante riflessioni animate da sincera propensione alla difficile costruzione di un sapere autenticamente umanizzato.

 

La raccolta di saggi Ingegneria italiana del Novecento, Scuole e protagonisti, a cura di Marzia Marandola e Marko Pogacnik (Mimesis, Milano 2022, pp.332, euro 28), ricostruisce aspetti del contributo italiano all’ingegneria, che diviene più maturo nella seconda metà del Novecento, periodo corrispondente alla ricostruzione economica, tecnologica e sociale del Paese, ricco di protagonisti e intenso per soluzioni e metodi.

Il volume, della collana “Quaderni di ricerca” dello IUAV di Venezia, documenta ricerche ed esperienze capaci di “coniugare l’espressione architettonica con l’esattezza del dimensionamento e l’audacia della costruzione”. Aiuta inoltre a ricostruire quanto gli ingegneri italiani – Danusso, De Miranda, Miozzi, Morandi, Musmeci, Nervi, Zorzi e molti altri – siano stati eredi di una tradizione e geniali sperimentatori di originali soluzioni costruttive in un contesto dove, precisano i curatori, “in ogni scuola si avviano studi su diversi materiali e settori di specializzazione, caratteri distintivi che ancora oggi distinguono i più prestigiosi atenei italiani”.

I contributi del volume offrono un ampio panorama di ricerche, organizzato per scuole di ingegneria (Torino, Milano, Roma, Padova, Bologna), nelle quali hanno operato in forma teorica e sperimentale alcuni tra i principali protagonisti di un’irripetibile stagione. La ricerca di una specificità per ogni istituzione universitaria si alterna all’analisi di casi-studio emblematici e scritti di sintesi tematica, delineando un ampio mosaico, pur ancora incompleto, della ricchezza di quei decenni del dopoguerra, mentre le interviste a professionisti attivi contribuiscono ad attualizzarne il significato.

Obiettivo di questo utile lavoro collettivo è costruireuna prima ipotesi per un’articolata storia dell’ingegneria italiana”, aggiungendosi alla produzione culturale degli ultimi vent’anni, dove l’ingegneria e i suoi protagonisti sono stati indagati entro il quadro storico e contestuale. In questa direzione vanno segnalate la preziosa azione di Sergio Poretti e Tullia Iori presso la facoltà di Ingegneria di Tor Vergata, con studi e pubblicazioni nella ricerca “SIXXI” sulla storia dell’ingegneria strutturale in Italia, nonché la ricerca “La concezione strutturale, ingegneria e architettura in Italia negli anni Cinquanta e Sessanta” coordinata da Carlo Olmo e confluita in un denso volume collettivo (Allemandi Editore).

Le numerose iniziative sull’opera e il pensiero di Pier Luigi Nervi e Sergio Musmeci, le mostre prodotte in questi anni dal MAXXI (che cura, tra i molti, gli archivi dei due progettisti) e le attività di promozione e tutela del patrimonio edilizio della modernità, evidenziano un fervore che focalizza il rapporto tra architettura e ingegneria come uno dei temi maggiormente decisivi del nostro tempo.

Immagine di copertina: Antoni Gaudì, chiesa della Sagrada Familia a Barcellona: modulo di copertura con costruzione di superfici rigate (© Maria Antonietta Crippa)

 

Autore

  • Giorgio Azzoni

    Autore e curatore, docente di Storia dell’architettura contemporanea, Teorie del paesaggio e Storia dell’arte Moderna all’Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia. Consulente scientifico del MUSIL Museo dell’Energia idroelettrica/Museo dell’Industria e del Lavoro di Brescia, per la Comunità Montana di Valle Camonica è responsabile scientifico del workshop di architettura Vione lab e curatore del Premio Architettura minima nelle Alpi. È stato inoltre il direttore artistico della manifestazione di arte contemporanea aperto_art on the border e curatore del Concorso internazionale di architettura Abitare minimo nelle Alpi. Corrispondente della rivista ArchAlp dell’Istituto di Architettura Montana di Torino, ha pubblicato per Mimesis, Silvana, Letteraventidue, Grafo, La Compagnia della Stampa, per riviste di settore e saggi in volumi collettivi. Autore di ricerche e scritti sull’età moderna e contemporanea, suoi ambiti di studio riguardano l’abitare e l’arte e l’architettura della modernità, in particolare nella relazione tra tecnica e natura.

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Last modified: 7 Marzo 2023