Una mostra al DAM di Francoforte suggerisce una terza via
FRANCOFORTE SUL MENO (GERMANIA). La conservazione in architettura non è più solo una necessità in paesi con un importante patrimonio costruito storico come l’Italia: nell’era del cambiamento climatico finalmente le nazioni soprattutto occidentali stanno cercando nuove risposte al problema della crisi energetica anche in campo architettonico. Ciò significa che accanto alla necessità di costruire in maniera sempre più eco-compatibile e avvalendosi di materiali e fonti energetiche alternative, ci si è resi conto dell’urgenza d’un ripensamento dei fin troppo diffusi interventi di demolizione di edifici singoli e/o interi quartieri dei centri urbani.
La febbre tedesca da demolizioni
Molti recenti esempi in Germania ci raccontano di un atteggiamento inspiegabilmente in controtendenza rispetto alla forte spinta ecologista di questa nazione che alla disciplina ha dato i natali, vantando tra l’altro un partito politico verde (Bündnis 90/Die Grünen) che ha molto seguito e una significativa rappresentanza in Parlamento.
Le ragioni delle ricostruzioni filologiche alla ricerca di tipi e topoi architettonici autoctoni all’altezza di quelli sopravvissuti ai secoli in altre capitali e metropoli europee ha portato le amministrazioni di Berlino, Potsdam, Francoforte, Dresda e Monaco, solo per citare le più importanti, a intraprendere colossali opere di demolizione nei propri centri urbani, con la scusa della bonifica da ruderi barcollanti da oltre 70 anni o perché infestati dall’amianto, non tenendo conto che demolire e poi ricostruire nello stesso luogo ha un impatto notevole – una quota pari al 40% – sul calcolo delle emissioni globali di gas serra, come dimostra un recente studio delle Nazioni Unite (molto più rispetto allo strombazzato impatto esercitato dall’intero traffico aereo). Il settore delle costruzioni potrebbe dare un contributo all’arginamento del problema attraverso una conversione mirata di edifici già esistenti.
Meglio costruire con le strutture esistenti
La nuova mostra “Nichts Neues – Besser Bauen mit Bestand” (“Niente di nuovo. Meglio costruire con le strutture esistenti”) del DAM/Deutsches Architekturmuseum è un appello a cercare sempre, laddove possibile, un’alternativa alle demolizioni, lasciandosi magari ispirare dai casi esemplari esposti, selezionati in giro per il mondo.
Che il tema sia percepito oggi in Germania come urgente trova riscontro nell’invio, pochi giorni fa, di una lettera aperta alla ministra federale in carica per l’Edilizia abitativa e lo sviluppo urbano, Klara Geywitz (SPD), da parte di un comitato di professionisti e studiosi di architettura che chiedono la sospensione temporanea delle demolizioni già in atto e la revisione delle norme vigenti in materia.
Il problema è serio perché, nel caso di demolizioni e ricostruzioni nel medesimo luogo di nuovi edifici, entrano in campo altre concause, come la gigantesca richiesta di materie prime e di altre risorse per la costruzione del nuovo e lo smaltimento dei rifiuti del vecchio, ciò che viene chiamato dagli specialisti “energia grigia o virtuale”, ovvero quell’energia indiretta contenuta nell’edificio esistente che è stata utilizzata, tra l’altro, per la sua costruzione (ad esempio, per produrre, trasportare fino al luogo di utilizzo un materiale, smaltire un vecchio prodotto, assicurare la riuscita dell’oggetto finale).
Lavorare in modo creativo sul tessuto edilizio esistente
La mostra del DAM affronta il tema presentando progetti che lavorano in modo creativo con il tessuto edilizio esistente e il cui contributo alla sostenibilità è solo uno dei tanti aspetti degni di nota. È divisa in aree tematiche: Remodeling, Extending, Deconstructing, Reactivating, Urban and Rural Renewal, Building in Historic Monuments, più una sezione speciale Taking Stock of Frankfurt/Main dedicata ad alcuni esempi in città. Si spazia da progetti su larga scala, anche extra-europei, come nel villaggio cinese di Shangtian, ad altri più vicini e di piccoli impatto e dimensioni, fino al racconto di esempi davvero affascinanti: come quello del progetto pilota in corso a Baltimora, a basso costo abitativo ed energetico, che ha coinvolto con successo la comunità locale di donne di colore nell’iniziativa «Black Women Build» coinvolgendole in corsi di formazione dove viene loro insegnato come ristrutturarsi da sé le proprie future case, un complesso di abitazioni a schiera minacciate fino a poco tempo prima dalle ruspe di nuove imprese di costruzioni.
Per quanto le demolizioni risultino in molti casi molto meno complicate rispetto alle conversioni – fatto che la mostra non intende in alcun modo nascondere -, il coinvolgimento diretto dei singoli residenti e delle comunità locali, oltre che degli studi di architettura, porta sempre grandi vantaggi quando si tratta delle seconde, con un alto grado di soddisfazione di tutti i partecipanti.
La preoccupazione per l’ambiente è accompagnata da un cambiamento culturale globale in un po’ tutte le discipline di studio e nella loro pratica, per cui si auspica che anche l’architettura e l’urbanistica privilegino sempre più l’evoluzione prudente e il recupero del preesistente rispetto alla realizzazione rapida e sensazionale di qualcosa di nuovo.
Immagine di copertina: Etting Street Project, Baltimora, USA; Lavori di costruzione. Architettura di Jay Orr, Mike Dominelli, Baltimora. Foto di Schaun Champion
Nichts Neues – Besser Bauen mit Bestan
DAM/Deutsches Architekturmuseum di Francoforte sul Meno
DAM Ostend, Schaumainkai 43, Francoforte
fino al 15 gennaio 2023
eam curatoriale: Katharina Böttger, Jonas Malzahn, Mathias Schnell
dam-online.de/veranstaltung/nichts-neues/
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demolizioni , germania , mostre , recupero
Last modified: 5 Ottobre 2022