Il punto sui restauri che da tempo la regione autonoma promuove. Il caso del castello di Aymavilles e il ruolo dei “cantieri evento”
AOSTA. Nei mesi di luglio e agosto, la rassegna estiva “Culturété” ha reso i castelli valdostani palcoscenico di concerti e spettacoli, protagonisti indiscussi di un ricco programma di eventi, a riconfermarne la rilevanza in termini culturali ed economici per il territorio.
“La valle dei cento castelli” e “Valle d’Aosta terra di castelli” sono gli slogan pubblicati sul sito ufficiale del turismo della Regione, che classifica le attrazioni del proprio territorio in “architettura romana”, “castelli”, “chiese e santuari”, “musei” e “tradizione”. Come avviene per la regione francese della Loira (“la Valle d’Aosta è la nostra Loira” scrive persino una giornalista su La Stampa: “Ma che bel castello: la Valle d’Aosta come la Loira”), l’insieme dei cosiddetti castelli che punteggiano e connotano il territorio assume una valenza identitaria, diventando un “marchio” noto oltre i confini nazionali. Una semplificazione che, in alcuni casi, trascende anche la convenzionale definizione tipologica di “castello”, ma che risulta tuttavia la formula più immediata ed efficace per riferirsi a un sistema diffuso di costruzioni straordinariamente eterogenee per dimensioni, storia, stato di conservazione, morfologia e usi, erette tra XI e XII secolo a scopo difensivo ma interessate da modifiche anche sostanziali e adeguamenti a nuove funzioni, in primis residenziali, nei secoli successivi.
Sono almeno una ventina i “castelli” del territorio valdostano divenuti, in tempi e modi diversi, proprietà dell’amministrazione regionale. Rientrano in questo gruppo i più noti castelli di Fenis (restaurato sul finire dell’Ottocento da Alfredo d’Andrade e poi donato allo Stato) e di Issogne (il cui recupero si deve invece al pittore torinese Vittorio Avondo, proprietario dal 1872 al 1907), il forte di Bard, divenuto “fortezza della cultura” dopo i restauri iniziati alla fine del secolo scorso, ma anche le costruzioni meno conosciute, e di dimensioni più contenute, della Tour de Villa, nella piana di Gressan, e della Tour de l’Archet a Morgex.
Il restauro del castello di Aymavilles
Nella sequenza degli interventi di restauro più o meno estesi che hanno riguardato parte di questa preziosa eredità, che procede con costanza a partire dalla seconda metà del Novecento, uno dei recuperi più consistenti, iniziato nel 2013 e conclusosi da poco, ha interessato il castello di Aymavilles, collocato nel comune omonimo su una collina morenica allo sbocco della valle di Cogne [immagine di copertina].
Eretto nel XIII secolo, e proprietà della Regione dal 1970, il fabbricato è l’esito di una stratificazione d’interventi riconducibili principalmente alla famiglia Challant, proprietaria dal XIV secolo. Le quattro torri angolari, la doppia cinta muraria e l’ultimo piano sono databili al XV secolo, mentre le logge e le decorazioni a stucco sono state realizzate nei primi decenni del Settecento; in seguito, sono stati effettuati lavori di rimaneggiamento interno funzionali ai diversi usi di casa museo e di villeggiatura estiva.
I recenti restauri hanno interessato sia le strutture sia gli apparati decorativi, oltre a operazioni di adeguamento impiantistico e distributivo, compatibilmente con la nuova funzione museale del manufatto e nel rispetto delle preesistenze. In particolare, sono stati consolidati i solai lignei e le volte esistenti, mentre sono stati realizzati ex novo alcuni orizzontamenti in acciaio, una struttura in cemento armato seminterrata atta a ospitare locali tecnici, e un corpo scala, con ascensore vetrato, nella torre nord-est. I pavimenti sono stati restaurati, laddove possibile, e in alcuni casi reintegrati. Per quanto riguarda gli apparati, dopo accurate indagini stratigrafiche, è stata ripristinata la fase decorativa risalente al secondo quarto del XIX secolo, opera del conte Vittorio Cacherano Osasco della Rocca-Challant, in seguito alla rimozione delle tappezzerie e delle tinte successive di minor pregio. Anche i serramenti sono stati soggetti a lavori di pulitura e di rispristino della fase decorativa ottocentesca.
Aperto in anteprima negli anni scorsi nel corso di due giornate FAI, poi nell’ambito dell’iniziativa “Châteaux ouverts” e, al termine dei restauri, dal 22 dicembre 2021 al 9 gennaio 2022, il castello è stato ufficialmente inaugurato il 14 maggio 2022 con un percorso museale, sviluppato su quattro livelli, riguardante la storia delle famiglie proprietarie, il collezionismo ottocentesco, parte della raccolta d’arte e antichità dell’Académie Saint-Anselme, e le fasi evolutive della dimora (sezione ospitata nel sottotetto, in cui tecnologie multimediali e testimonianze architettoniche ancora visibili illustrano le trasformazioni nel corso dei secoli).
Oltre al corpo principale, un più piccolo edificio rurale denominato “grandze” (“fattoria” in dialetto patois valdostano) ospita mostre temporanee, mentre le antiche scuderie ospitano la biglietteria; infine il giardino, caratterizzato da una serie di terrazzamenti, che accoglie concerti ed eventi nelle stagioni primaverile ed estiva.
“Restituire” alla comunità attraverso il cantiere
Gli interventi di acquisizione e recupero dei castelli del territorio tuttora in corso – nella primavera 2021 sono iniziati i lavori al castello di Quart per una durata prevista di circa tre anni – s’inseriscono nella più ampia politica dell’Assessorato regionale Istruzione e cultura di “restituzione” del patrimonio materiale e immateriale locale.
Si tratta di un principio che non definisce solo gli obiettivi, ma che già da alcuni anni intende illustrare anche l’intero percorso di recupero dei beni culturali attraverso una serie di “cantieri evento” (“Châteaux ouverts” è il nome dell’iniziativa che ha preso piede nel 2008): momenti di restituzione, per l’appunto, alla collettività, delle operazioni in corso di tutela e ripristino del patrimonio. Al netto delle retoriche, si tratta di un approccio virtuoso che, su un territorio ricco di beni bisognosi di continue cure come quello valdostano (e italiano, più in generale), non esibisce solo gli esiti dopo lunghi periodi d’inaccessibilità al pubblico, ma vuole raccontare in itinere le complessità del progetto di restauro; un’occasione di condivisione di conoscenza e riflessione collettiva.
Allargando lo sguardo a livello nazionale, il progetto “Cantieri aperti”, promosso dal Ministero della cultura e riguardante i cantieri di ricostruzione di beni mobili o immobili danneggiati dal sisma del 2016 nelle regioni Marche e Lazio, prevede momenti d’interazione tra gli addetti ai lavori e la comunità: un invito a riflettere su temi chiave quali il valore sociale del restauro dopo una catastrofe. Si tratta, quindi, d’iniziative episodiche, e in questo caso “emergenziali”, che tuttavia consentono di testare l’efficacia di nuove modalità di valorizzazione, fruizione e gestione partecipata del patrimonio culturale.
Andar per castelli in Italia
Dal 17 al 30 settembre è in programma la XXIII edizione delle Giornate nazionali dei castelli, organizzate dall’Istituto italiano dei castelli (Onlus a carattere scientifico fondata da Piero Gazzola nel 1964) con il patrocinio del MIC. L’iniziativa intende valorizzare le architetture fortificate di ogni scala e stato di conservazione attraverso manifestazioni, conferenze, mostre, passeggiate, presentazioni di libri, tesi di laurea, visite guidate. L’iniziativa prevede l’apertura di 62 siti, alcuni dei quali mai prima accessibili, in varie regioni, visitabili attraverso itinerari appositamente predisposti. Tra i castelli di cui si è appena concluso il restauro, si segnalano quelli di Calendasco (Piacenza) e Macchiagodena (Isernia). Qui maggiori info sul programma
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aosta , musei , partecipazione , restauro
Last modified: 1 Settembre 2022