Il meglio di, le parole e i luoghi chiave: la Design Week coinvolge tutto e tutti. Con il rischio che diventi troppo estetizzante e commerciale
MILANO. Questa edizione 2022 del Fuori Salone ha sancito il ritorno ad una normalità che sembrava persa. Per sette giorni Milano è ritornata ad ospitare la più importante Design Week internazionale.
Negli ultimi 40 anni è all’interno della città, ancor più che nelle mura della Fiera, che la creatività, la qualità, la cultura del progetto e la condivisione hanno trovano il loro luogo privilegiato. Un Fuori Salone in costante crescita nel tempo, per divisione ma anche per il livello degli eventi proposti. A questi temi in anni più recenti si sono aggiunte altre parole chiave come cura, tutela e sostenibilità; perché anche al designer, così come all’architetto, è affidato il compito di progettare strumenti al servizio delle comunità, di immaginare le relazioni tra spazi fisici e virtuali, di conservare al meglio le risorse naturali, di pensare al futuro delle nostre città, delle nostre abitazioni, un futuro migliore per l’uomo ma anche per il nostro pianeta.
Sosteniblità
La tematica/problematica internazionale è stata sicuramente la parola più utilizzata ed abusata di questa intensa settimana. Un tema ormai trasversale che investe diversi campi e che non può non toccare l’architettura e il design. Il problema è che spesso diventa ormai solo una formula di marketing, un po’ come quando al supermercato ormai leggiamo quasi ovunque “senza glutine” sulla maggior parte dei prodotti.
Riuso, riciclo, recupero sono le parole a corredo di molti progetti che mostrano che siamo sulla buona strada, ma il percorso è ancora lungo.
Dal design, un evento per l’intera Milano
Se un tempo il design era davvero l’unico soggetto di questo grande evento e la città diventava l’occasione per promuovere aziende e designer che non potevano permettersi di andare in Fiera, adesso ci troviamo di fronte ad un evento commerciale che coinvolge ogni genere di attività e quindi l’intera Milano, che si sente così in dovere di mostrarsi in ogni modo. Riemergono luoghi nascosti anche ai milanesi, vengono recuperati edifici in disuso appositamente per la Design Week ma, anche, in alcuni casi, per rimanere come nuovi spazi per la collettività.
La definizione di interno ed esterno, di privato e pubblico in questa settimana si perde; il “design” è ovunque, ma sotto questa definizione troviamo di tutto. La progettazione in ogni sua forma: dall’arte, alla progettazione creativa, al design d’autore, alla tecnologia, alla ricerca, ai dibattiti con grandi star del panorama internazionale… Una vera e propria esperienza urbana che quest’anno ha rivisto la partecipazione di un grande pubblico proveniente da varie parti del mondo e che ha reso Milano una grande installazione totale.
Dentro i palazzi storici
Molti i palazzi storici e nobiliari che hanno aperto le loro porte: a Palazzo Litta in corso Magenta con il design in mostra tra specchi e affreschi; un’installazione realizzata dallo studio di Tokyo Design Takt Project ha ricreato una composizione floreale giapponese all’interno della chiesa di San Bernardino alle monache; animali stilizzati e mille orchidee a Palazzo Turati; il cortile di Palazzo Clerici si è animato con “The Art of Dreams”, labirinto di specchi e rose dell’artista floreale Ruby Barber dello Studio Mary Lennox; a Palazzo Citterio la scenografia suggestiva per presentare la nuova seduta disegnata da Philippe Starck.
Impossibile ed impensabile vedere tutto. Il frazionamento della città in distretti urbani ormai coinvolge ogni parte del territorio, arrivando anche a sconfinare e arricchendo la lista dei luoghi inaspettati in cui il Fuori Salone s’insedia. Se lo scorso anno Alcova aveva stupito con l’abbandonato Centro ospedaliero militare, luogo scelto anche quest’anno che ha mostrato quanto l’abbinamento tra design emergente e archeologia architettonica sia vincente, quest’anno è stato Zaventem Ateliers la location tra le più apprezzate. Fondato dal designer, artista e architetto d’interni belga Lionel Jadot, l’Atelier ha recuperato l’ex fabbrica Necchi a Baranzate, suggestivo luogo di archeologia industriale. Al suo interno designer e ospiti internazionali con pezzi da collezione, ricerca e sperimentazione, tra arte e design.
I distretti consolidati e quelli emergenti
Tra i distretti, se zona Tortona è la più storica e forse ormai quella meno attrattiva in termini di proposte, altrove emergono da pochi anni nuove aree come Certosa Initiative e Isola Design District. Tuttavia, è il cuore della città, con il Brera Design District, via Durini, le 5vie, la Triennale, la Statale, e con la presenza di «Interni», così come il quadrilatero della moda, a lasciare maggiormente il segno, non solo con prodotti di alta tecnologia e ricerca, ma soprattutto con istallazioni spettacolari.
Le case di alta moda
Massiccia la presenza dei brand di moda
, qualche volta unicamente commerciale, come con Louis Vuitton nonostante le grandi firme del degno presente; altre volte mostrando invece sensibilità e attenzione al futuro, come nel caso della piccola ma interessante retrospettiva di “Armani casa” negli spazi dell’Amani Silos. Oltre a mostrare gli oggetti iconici del brand, sono allestiti dei tavoli con i moodboard che illustrano il processo creativo: un modo efficace per raccontare cosa si nasconde dietro ad un progetto. Altrettanto interessante “Weave, Restore, Renew” di Loewe, un viaggio nelle antiche tecniche di tessitura che danno nuova vita a oggetti usurati, per dare risalto al fatto che le riparazioni sono al centro del concetto di sostenibilità e nel contempo donano al prodotto un’unicità peculiare.
Ed infine gli spazi della Pelota, che ormai da alcuni anni interessano Hermes. Quest’anno è stata la leggerezza il tema portante dell’evento, che si è tradotto in quattro suggestive costruzioni a forma di torri d’acqua realizzate in legno e carta traslucida, restando però lievi nella loro monumentalità e mostrando al loro interno i nuovi prodotti, frutto di antiche maestrie artigianali ed estetiche contemporanee.
Sotto una nuova luce
Tra i progetti in campo di lighting design da segnalare Tom Dixon a Palazzo Serbelloni con la mostra “Twenty”, per raccontare 20 anni d’innovazione dell’omonimo brand, guardando tanto al presente quanto al futuro. I pezzi iconici del designer inglese sono stati presentati sotto una nuova luce, aggiornati e rivisitati in inaspettate configurazioni e sculture, prototipi, materiali e usi. Delta Light ha presentato Hight Profile con lo studio MVRDV, progetto che recupera i profili in alluminio dell’azienda che normalmente sarebbero degli scarti. Ed ancora il brand tedesco Occhio si distingue per i suoi sistemi di illuminazione e spotlight completi e intelligenti.
La natura
Altro tema rilevante è stato la natura. Tra i progetti, vale la pena citare Floating Forest, un ecosistema con 610 piante e più di 30 specie diverse, galleggiante all’interno della darsena frutto della collaborazione tra Stefano Boeri e Timberland. Forest Tales, curata e progettata da Studio Swine, ha raccolto invece 22 pezzi appositamente selezionati tra gli ultimi progetti di American Hardwood Export Council (AHEC) in una spettacolare rassegna sia della qualità del design internazionale che della bellezza e versatilità del legno di latifoglia americana come materiale di design. All’Università Statale l’installazione più apprezzata è stata Labyrinth Garden, un dedalo di 625 mq con torre centrale nel cortile del Settecento, un’installazione di Raffaello Gallitto e Nardi.
L’allestimento premiato in questo Fuori Salone è stata l’installazione nel Palazzo del Senato del designer Daniel Arsham con il marchio Kohler, con uno spettacolare padiglione nel centro del cortile.
Le mostre, alcune ancora aperte
Per quanto riguarda le mostre, la più suggestiva ha raccontato gli oggetti iconici e i 100 anni di creatività di Alessi, che ha allestito un percorso scenografico nella Galleria Manzoni e nel foyer del Teatro. Interessante anche la mostra alla fabbrica del vapore di ISIA Faenza (Istituto Superiore per le Industrie Artistiche) che ha esposto alcune delle esperienze di lavoro di alta qualità degli studenti della scuola, come il paesaggio di Totem in ceramica, realizzato dagli studenti del biennio di Design del prodotto insieme all’artista Diego Cibelli.
Un Fuori Salone che lascia il segno con alcune mostre e allestimenti che è ancora possibile vedere. A partire dal Caffè del Circolo filologico (Design Variations) che resterà per tutto l’anno lo spazio dove ristorarsi tra gli arredi Thonet e le pareti rivestite con le argille di Matte Brioni. I playground di Domitilla Dardi nello Spazio Corraini fino a metà luglio, dove in mostra troviamo i disegni di nove designer e architetti che arricchiscono il libro Playgrounding, accanto a foto d’archivio di grandi maestri.
Proseguiranno i festeggiamenti per i sessant’anni di Flos e di Arco nell’ex Fabbrica Orobia fino al 24 giugno.
Invece è un’installazione permanente quella realizzata in via Balzaretti da Toiletpaper, che aveva già trasformato via Balzaretti nella strada più instagrammata di Milano, decorando la facciata della propria sede con l’inconfondibile motivo dei rossetti rossi. Questa volta, in collaborazione con Orgamnics by Red Bull, ha esteso il progetto ad altre tre facciate, rendendo la via un paesaggio molto surreale.
Dropcity, infine, è il nuovo polo dell’architettura ai Magazzini Raccordati aperto fino al 19 giugno. Un progetto ideato dall’architetto Andrea Caputo e sviluppato grazie a Nhood, che vedrà il completamento nei prossimi anni.
Ci troviamo di fronte a un Fuori Salone che rischia forse di diventare un grande spettacolo commerciale? Questa prospettiva sembra un po’ il rischio. Estetizzazione e spettacolarità arrivano ancor prima dei prodotti, facendo perdere qualche volta l’essenziale che si racchiude dietro la manifestazione.
Immagine di copertina: Toiletpaper in via Balzaretti (foto di Arianna Panarella)
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Milano , Milano Design Week , mostre
Last modified: 28 Giugno 2022