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Francesca PetrettoWritten by: Forum

Architettura, religione e politica in Polonia: dove lo spirito libero è chimera

Architettura, religione e politica in Polonia: dove lo spirito libero è chimera

La costruzione di chiese come riflesso del paese: in passato manifestazione della libertà di espressione, oggi simbolo di un potere arretrato e xenofobo

 

“Con l’anno 1989, la gente si aspettava pace e libertà, ma invece che pace e libertà i polacchi hanno ottenuto corporazioni, capitalismo e banane a basso costo (…) In passato la chiesa era un luogo di opposizione politica e allo stesso tempo l’ultimo compito edilizio in cui gli architetti potevano svilupparsi artisticamente, lontano da tutti i modelli burocratici. Con la caduta del comunismo, tuttavia, questa interazione simbiotica si è dissolta e da un giorno all’altro la chiesa si è trasformata in un simbolo di vecchi valori che si pensava fossero oramai superati. Dove prima erano appese le bandiere di Solidarność, ora c’è una marea di oggetti devozionali.”
Radek Knapp, Libretto d’istruzioni per la Polonia, 2017

 

Nella confusione e nello sconcerto scatenati dall’invasione russa dell’Ucraina, trasformatasi in tre mesi in vera e propria guerra, in molti hanno guardato con ammirazione alla Polonia, al suo impegno in prima linea per accogliere le migliaia di profughi che ogni giorno varcavano la frontiera in fuga dall’orrore, alla ricerca di un posto sicuro in cui mettere casomai radici per l’avvenire. In quelle prime ore l’opinione pubblica nostrana s’era già divisa tra pro e contro Putin, tra chi ne giustificava la “missione militare speciale” avanzando assurde motivazioni anti-naziste e il solito e oramai patetico anti-americanismo e chi invece, dalla destra parlamentare camuffata da agnello, immediatamente si dichiarava tutt’uno con l’Ucraina temendo il fantasma dello stalinismo. E come per incanto, dopo circa tre anni di scontri dentro il Parlamento Europeo, la Polonia diventava subito sinonimo di libertà e democrazia.

 

La Polonia, tra Chiesa e partiti nazionalisti

Da sempre quest’orgoglioso Paese alla frontiera tra oriente e occidente dell’Europa costituisce, nell’ensemble dei paesi dell’ex blocco comunista, un’anomalia che noi italiani siamo spesso portati ad osservare in modo stereotipato e superficiale. Ultra-cattolica, populista e decisamente destrorsa, la nuova Polonia è il prodotto d’un patto d’acciaio tra Chiesa e partiti politici nazionalisti, euroscettici e xenofobi.

Con primo ministro Mateusz Morawiecki e presidente della Repubblica Andrzej Duda, entrambi del partito PiS-Diritto e Giustizia-PiS, il governo polacco è da anni legato a doppio filo alla destra radicale e alla chiesa redentorista, antisemita, omofoba e sessista che ha nel sacerdote Tadeusz Rydzyk, il fondatore della potentissima emittente radiofonica Radio Maryja, il suo esponente di spicco.

Come spiega Stanislaw Obirek, professore all’Università di Varsavia: “Senza il sostegno della Chiesa il partito PiS non starebbe in piedi. Esso è forte dove la Chiesa è forte, nelle regioni orientali del paese, nelle campagne. La Chiesa e l’estrema destra si sono legate in un abbraccio fatale: la prima difende, dai pulpiti e anche attraverso le voci dei cardinali le scelte del PiS e questo, da parte sua, la ricopre d’oro, finanza la costruzione di santuari come quello, gigantesco, dedicato a Karol Wojtyla, sovvenziona la potentissima Radio Maryja a cui i politici rendono omaggio quotidiano”.

Il potere cerca da sempre nell’architettura nazionale un potente mezzo di propaganda, e qui in Polonia lo fa proprio servendosi della religione: ancora oggi lo strumento di controllo più efficace mai inventato dall’uomo. Ma non è un fenomeno recente. Se nella nemica, un tempo orgogliosamente atea Mosca due ex agenti del KGB si sono oggi trasformati in apostoli dell’ortodossia cristiana, già nel 1978 un ex partigiano polacco diventava papa e aveva la sua controparte laica nel famoso leader di Solidarność, Lech Walesa.

 

La religione e le chiese, avamposto di propaganda

La religione nei paesi dell’Est Europa è sempre stata un fatto nazionale: un popolo-uno spirito-un credo; non per niente a queste latitudini l’odio nei confronti del popolo eletto è faccenda ben più antica della Shoah. Se in Ucraina per volere del patriarca di Mosca Kirill I spuntano ogni giorno come funghi centinaia di chiesette, senza l’autorizzazione delle amministrazioni locali e il riconoscimento della chiesa autocefala d’Ucraina, da utilizzare come avamposti di controllo e propaganda nel paese nemico, in Polonia, nonostante il comunismo, dal 1945 in poi sono sorte oltre 3.700 chiese e quella foga costruttiva non si è mai arrestata.

Dunque l’anomalia cattolica polacca è più che altro una questione di continuità, numeri, stili e potere; che significa che la posizione di questa nazione nella scacchiera geopolitica del vecchio continente e il suo credo le hanno garantito privilegi altrove negati.

 

1945-89: le chiese per la libertà di espressione

Tra la fine della seconda guerra mondiale e la caduta del Muro di Berlino, negli anni 1945-89, furono erette in Polonia anzitutto chiese – e che chiese! – non edifici per assemblee del popolo o lo svago della classe operaia. Azzardi meravigliosi di statica e design in pianta e alzato, esercizi fantastici di un brutalismo dalle forme quasi fantascientifiche, ineguagliate in tutta l’Europa dell’Est e persino nella vicina Germania di Gottfried Böhm, queste architetture erano la valvola di sfogo per professionisti indifferenti ai veti di Varsavia e Stalingrado. Almeno fino al 1978, con l’ascesa al soglio pontificio di Wojtyła e la nascita di Solidarność, le chiese della Polonia comunista erano la manifestazione di una libertà di espressione altrove negata e di una forma di protesta anti-governativa assai tollerata.

Nonostante il Concilio Vaticano secondo (1962-65) avesse profondamente rivoluzionato la liturgia della celebrazione eucaristica, i vescovi polacchi erano troppo presi dal preparare il proprio ritorno ai vertici per interessarsi alla progettazione degli edifici che pure quel nuovo rito dovevano ospitare, o per dare ai progettisti indicazioni in tal senso. L’importante era che i luoghi di culto cattolico continuassero a essere eretti, ancora meglio se grandiosi e imponenti.

 

Oggi, si continua a costruire

Nell’attuale euroscettica Polonia, che si dice democratica ma calpesta in barba ai richiami dell’UE i diritti umani delle minoranze, si continuano a costruire basiliche e santuari mariani a ritmi vertiginosi, sebbene lo stile sia cambiato, come decaduto.

Mentre padre Rydzyk, uno degli uomini più potenti in Polonia, tuona dalla sua emittente Radio Maryja contro ebrei, donne e omosessuali artefici di complotti e causa di epidemie (proprio come Kirill in Russia), il governo di Morawiecki innalza col suo potente aiuto chiese e statue colossali. Rydzyk costituisce la fonte più cospicua di approvvigionamento umano e materiale per i partiti di centrodestra. La sua organizzazione che ha per motto “Dio, Chiesa, Patria” diffonde tesi creazioniste, antisemite e anti-europee, ma conta anche milioni di fedeli che la finanziano con fenomenali cifre a sei zeri ogni anno: una potente macchina da guerra elettorale soprattutto nelle aree più remote, rurali e ignoranti del Paese.

Qui padre Rydzyk ha trovato l’America, l’ecumene più sensibile ai suoi anatemi contro la civiltà occidentale. La nostalgia di un glorioso passato pre-sovietico e di mitici condottieri nazionali, l’esaltazione della tradizione e della patria, le parate di hooligans neonazisti che marciano brandendo crocifissi e bandiere con aquile coronate si riflettono ovviamente nella costruzione di edifici religiosi kitsch, di santuari per adunate oceaniche di fedeli e di statue colossali di santi e sacra famiglia.

Come ha scritto lo studioso di città e architettura Wojciech Czaja: “Più si va verso l’interno, più è evidente la caratteristica polacca della proporzionalità inversa tra la pietà e l’altezza degli edifici e la densità di popolazione: più il Paese è scarsamente popolato, più le torri, le cupole e le statue di Cristo s’innalzano nel cielo. E così gli edifici più alti si trovano nella spesso sconosciuta terra di nessuno tra alberi, fattorie e insediamenti unifamiliari dai nomi sconosciuti. Tutti questi progetti hanno in comune il fatto di essere finanziati prevalentemente da donazioni e possono essere letti come la manifestazione fisica di un’autoaffermazione nazionalista attraverso l’affiliazione religiosa in un sistema capitalistico globalizzato”.

Immagine di copertina: Chiesa della beata Vergine Maria, Stella della nuova evangelizzazione e San Giovanni Paolo II a Toruń (© Daniel Szysz)

  • Radek Knapp, Gebrauchsanweisung für Polen (Libretto d’istruzioni per la Polonia), Piper Taschenbuch, prima ediz. 2005
  • AA.VV., RECHTE RÄUME: Bericht einer Europareise (Spazi di destra: resoconto di un viaggio in Europa), su ARCH+ Zeitschrift für Architektur und Urbanismus NR. 235/2019
  • The Law and Justice party faces re-election in Poland and the churches have been their foremost propagandists di Owen Hatherley, su DeZeen online, 12.10.2019
  • Izabela Cichońska, Karolina Popera, Kuba Snopek, Day-VII Architecture: A Catalogue of Polish Churches post 1945, DOM Publishers, Basics 97, 2019
  • Report Konzentrationslager Auschwitz, Ein Ausflug ins Grauen (Il campo di concentramento di Auschwitz, un’escursione nell’orrore) di Emilia Smechowski, su ZEITMAGAZIN NR. 5/2019
  • Parliament strongly condemns “LGBTI-free zones” in Poland, su News-European-Parliament online, 18.12.2019
  • Poland: Thousands protest as abortion law comes into ef ect, su DW-DeutscheWelle, online, 27.01.2021
  • Tra Israele e Polonia contrasti sulla memoria dell’Olocausto (e bibliografia), su ATLANTE-Magazine Treccani online, 25.08.2021
  • Polonia, l’abbraccio fatale tra Chiesa cattolica ed estrema destra di Marco Marzano, su MicroMega online, 11.10.2021
  • Inside Varsavia: Cosa sappiamo del muro anti migranti al confine tra Polonia e Bielorussia di Lorenzo Berardi, Linkiesta, online, 17.11.2021
  • La religione come arma di Francesca Petretto, su Il Giornale dell’Arte, online, 14.04.2022

 

Autore

  • Francesca Petretto

    Nata ad Alghero (1974), dopo la maturità classica conseguita a Sassari si è laureata all'Istituto Universitario di Architettura di Venezia. Ha sempre affiancato agli aspetti più tecnici della professione la passione per le humanae litterae, prediligendo la ricerca storica e delle fonti e specializzandosi in interventi di conservazione di monumenti antichi e infine storia dell'architettura. Vive a Berlino, dove esegue attività di ricerca storica in ambito artistico-architettonico e lavora in giro per la Germania come autrice, giornalista freelance e curatrice. Scrive inoltre per alcune riviste di architettura e arte italiane e straniere

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Last modified: 7 Giugno 2022