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Written by: Professione e Formazione

Mies van der Rohe 2022, vince l’architettura per il benessere sociale

Mies van der Rohe 2022, vince l’architettura per il benessere sociale

Premiati la Town House della Kingston University di Grafton e, come emergenti, la cooperativa Lacol con il complesso residenziale La Borda a Barcellona

 

Quest’anno il Premio Mies van der Rohe va all’architettura che promuove un cambiamento di mentalità, politico, e come strumento d’inclusione sociale. Tra le 532 opere provenienti da 41 paesi, la giuria composta da Tatiana Bilbao, Francesca Ferguson, Mia Hägg, Triin Ojari, Georg Pendl, Spiros Pengas e Marcel Smets ha scelto due progetti che non mirano solamente a raggiungere degli standard prestabiliti, ma che “offrono un valore aggiunto e che con la loro straordinarietà mirano al benessere dei cittadini”.

Vince dunque Grafton Architects con il progetto Town House – Kingston University realizzato a Londra (è la prima volta che un edificio universitario viene premiato) “per la notevole qualità architettonica capace di dar vita ad ambienti eccellenti per studiare, ballare, trovarsi e stare insieme”. Secondo la giuria “l’edificio è in grado di creare un’esperienza emozionale e un’atmosfera domestica a diversi livelli”, dando dignità a spazi educativi pubblici. Le autrici, Yvonne Farrell e Shelley McNamara, erano state nominate anche per altri due progetti: l’Institute Mines Télécom a Parigi e la Toulouse School of Economics. Il progetto della nuova sede dell’Università Bocconi a Milano, invece, era stato tra i finalisti nell’edizione del 2009.

 

Catalogna: gli alloggi cooperativi La Borda e la questione degli sfratti

Il Premio all’architettura emergente va invece al collettivo di architetti catalani Lacol e al loro edificio di alloggi cooperativi La Borda, realizzato a Barcellona nel 2018; un progetto definito “trasgressivo all’interno di un contesto dominato principalmente da interessi macroeconomici”. L’intervento, infatti, nasce sulla base di un modello di comproprietà e gestione e condivisa, che secondo la giuria è spinto ancora oltre, in quanto i firmatari del progetto sono loro stessi una cooperativa di architetti che promuove un cambiamento politico e urbano basato sulla sostenibilità sociale, ecologica ed economica (oltre ad essere, alcuni, coinquilini de La Borda). Costituitasi nel 2009, Lacol lavora “per generare infrastrutture comunitarie per una vita sostenibile e come strumento chiave per la transizione ecosociale, agendo attraverso l’architettura, il cooperativismo e la partecipazione”.

Un premio a un’utopia divenuta realtà in un contesto, come quello della Spagna, che non è certo la Danimarca in fatto di politiche sociali e di tutela dell’inquilino vulnerabile, e che non vanta una tradizione di alloggi cooperativi. Basti pensare che la speculazione immobiliare produceva, nella sola Barcellona, una ventina di sfratti al giorno nel 2021. È del 23 febbraio scorso l’approvazione della legge anti sfratti in Catalogna, arrivata finalmente a buon fine al terzo tentativo, grazie al voto congiunto di tutte le forze politiche tranne la destra non indipendentista. Dopo anni di lotte e iniziative organizzate da collettivi cittadini, si conclude un lungo e tortuoso iter che dota l’amministrazione catalana di una legge che, tra le altre misure, obbliga i grandi proprietari d’immobili a offrire un alloggio sociale agli inquilini prima d’iniziare un processo di espulsione. La legge prevede anche l’espropriazione degli appartamenti sfitti da più di due anni e si allunga la durata minima dei contratti di tipo sociale.

 

A Barcellona, un progetto pilota

In un contesto come quello descritto, La Borda ha anche il merito di essere tra i primissimi progetti con queste caratteristiche realizzati su suolo pubblico. Un modello che il Comune di Barcellona ha accolto come progetto pilota convertendolo in prassi con tanto di concorsi: attualmente sono una decina i progetti in corso di realizzazione. Vicini alle idee e alla politica sociale promossa da Ada Colau, grazie alla doppia legislatura della sindaca, Lacol ha potuto contare su un alleato che non ha messo i bastoni tra le ruote al progetto difeso dal collettivo. Con i suoi 25 metri di altezza, La Borda è l’edificio più alto di Spagna realizzato con una struttura interamente in legno. Una settantina gli inquilini, che occupano 28 alloggi in tagli da 40 a 78 mq. Liberato dagli standard imposti dalla logica di mercato che non consente una personalizzazione degli spazi, il processo progettuale va oltre la mera formalizzazione di un programma. L’ampio patio centrale con i ballatoi, la cucina, la lavanderia e la sala riunioni al piano terreno sono spazi comuni accessori pensati per favorire gli scambi tra gli abitanti. Fondamentale anche la ricerca di soluzioni sostenibili e per l’ottimizzazione dell’uso dell’energia, risolte attraverso orientamento, copertura del patio centrale e sistema di ventilazione: questi sono solo alcuni degli accorgimenti che consentono un risparmio del 20% sulla bolletta dell’elettricità di ogni nucleo abitativo. La scommessa di un edificio bioclimatico a gestione attiva ha portato i suoi frutti, consentendo una riduzione generale del 30% di energia primaria totale e del 76% di emissioni di CO2, ma le misure adottate sono in divenire, costantemente monitorate dalla cooperativa.

Ma al di là della sua architettura, peraltro pluripremiata, la scommessa di Lacol sta in un modello che, in antagonismo con quello di edilizia sovvenzionata di tipo statale, è partecipativo in tutte le sue fasi, dalla genesi alla gestione del quotidiano. L’implicazione dei soci è infatti una delle singolarità e potenzialità del progetto. Il fatto che la cooperativa sia la proprietaria dell’edificio costruito su un terreno ceduto dal Comune per 75 anni, con un canone annuale, stravolge il concetto di proprietà privata, evitando la speculazione e mettendo al centro l’uso dell’alloggio e la collettività: di qui consegue l’architettura, funzionale alle necessità della comunità di soci.

Immagine di copertina: il complesso La Borda (© Lluc Miralles)

 

 

Autore

  • Francesca Comotti

    Laureata in architettura al Politecnico di Milano nel 1998, dopo alcuni anni come libero professionista rivolge la sua attenzione al mondo editoriale, formandosi presso la redazione della rivista «Area» e il settore libri di Federico Motta Editore. La tesi in urbanistica, con i professori Giancarlo Consonni e Giuseppe Turchini le apre (inconsapevolmente) la strada verso quella che è diventata la sua città di adozione, Barcellona, dove risiede dal 2004. Da qui consolida il suo percorso professionale come giornalista freelance specializzata in architettura contemporanea, collaborando stabilmente con alcune testate di settore italiane e come corrispondente per «Il Giornale dell’Architettura». Per la casa editrice spagnola Loft Ediciones ha pubblicato come co-autrice «Atlas for living», «Atlas de arquitectura del paisaje» e «Sketch landscape»

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Last modified: 2 Maggio 2022