Dagli archivi, tre mostre al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato, luogo di riferimento per capire la neoavanguardia architettonica
PRATO. Non è facile individuare nuovi percorsi critici sull’architettura radicale, soprattutto nell’ultimo decennio che ha visto proliferare libri e mostre dedicate, in Italia e nel mondo. Non tutto è interessante, tra amori fatui e reali, ma è un dato della crisi che attraversa l’architettura se sempre più la ricerca si dedica allo studio del periodo che va dal 1963 al 1973.
Che cosa ha generato questo interesse? Indubbiamente la capacità visiva di creare, attraverso i fotomontaggi di Superstudio, un immaginario urbano diverso e utopico in cui riconoscersi. Secondo Bruno Orlandoni e Giorgio Vallino – nel testo Dalla città al cucchiaio. Saggi sulle nuove avanguardie nell’architettura e nel design – l’architettura radicale è la sintesi di “tutte quelle esperienze recenti, compiute dai primi anni sessanta, in alternativa alla pratica tradizionale della professione“, attuando una revisione, appunto radicale, della disciplina architettonica che ha avuto origine a Firenze.
Così, dopo la tragica alluvione del 1966 vengono fondati i primi due gruppi Superstudio e Archizoom. Nel 1967 entrano in scena Gianni Pettena e gli Ufo, seguiti nel 1968 dal gruppo 9999. Mentre un radicale anomalo è la figura di Ugo La Pietra a Milano.
Gli anni sessanta costituiscono un periodo critico per l’architettura. Dopo il boom economico del dopoguerra con la ricostruzione e il Piano Ina-Casa, lo stallo nelle scuole di architettura come nella società sempre più ideologica nella contrapposizione tra lavoro e capitale determina una profonda richiesta di cambiamento proprio a partire dalle università. Un cambiamento nella didattica contro le logiche dei professori baroni e clientelari. Contemporaneamente, la società italiana era nel mezzo della crisi tra padroni e operai, con le lotte operaie che iniziano alla Fiat nel 1962 fino all’autunno caldo del 1969, provocando una rottura definitiva nel vecchio equilibrio politico e sociale. Così, il contesto politico definisce la base su cui poggia la nascita del movimento della neoavanguardia o architettura radicale.
Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci: un archivio necessario
Per rafforzare il suo ruolo d’istituzione dedita alla ricerca nelle arti visive, il Centro Luigi Pecci per l’arte contemporanea (terzo museo italiano di arte contemporanea nato nel 1988 a Prato, dopo il Castello di Rivoli e Villa Croce a Genova), apre il suo archivio con tre mostre: “L’arte e la città”, “Trilogia urbana”, “Spazio radicale”.
Dopo gli ultimi mesi turbolenti, con la rumorosa esclusione di Cristiana Perrella dalla direzione, l’organizzazione di un concorso per un nuovo direttore, vinto dal curatore Stefano Collicelli Cagol, il Centro mette in mostra il suo prezioso archivio. Composto da circa mille opere, comprendenti una quota significativa di 90 lavori tra disegni, fotomontaggi, fotografie e film ascrivibili al movimento dell’architettura radicale, il Pecci, insieme al Centre George Pompidou, rappresenta il luogo di riferimento per chi vuole studiare la neoavanguardia architettonica.
Le mostre sono l’esito di una ricognizione nelle collezioni museali ad opera del suo conservatore Stefano Pezzato, da anni impegnato, soprattutto con i Radicals, nella raccolta di archivi. Su tutti spiccano l’indimenticata storica dell’arte Lara Vinca-Masini e il gruppo Ufo, oggetto di una memorabile mostra antologica nel 2012, oltre a Superstudio, Pettena e, in parte, Archizoom e Ettore Sottsass jr.
Tre mostre per mettere in mostra l’archivio
Mettere in mostra l’archivio è dunque un’operazione complessa che consente al Centro Pecci di presentarsi e al visitatore di entrare in contatto con le opere poco visibili. In “Spazio Radicale” (fino al 30 aprile) e “Trilogia Urbana” (fino all’1 maggio) sono i radicali i protagonisti: dagli Urboeffimeri degli Ufo alle fotografie di Cristiano Toraldo di Francia del Superstudio backstage 1966-1978, dalla mostra “Superarchitettura” agli oggetti del contro-design come la “Superonda” e il “Dressing Design” degli Archizoom, dalle “Metafore” di Sottsass alla poesia visiva di Luigi Tola agli “Istogrammi di architettura” di Superstudio.
“L’arte e la città” (fino al 12 giugno) può invece essere letta come la naturale conseguenza delle due precedenti attraverso un viaggio transdisciplinare nell’archivio. Più di mille opere tra cui scegliere quelle più opportune per legare arte e città, dalla fotografia alle performance. Tra le opere si ricordano quelle degli artisti Gilbert & George, Nan Goldin, Fausto Melotti, Andy Warhol, Mauro Staccioli, Fabrizio Plessi, Andrea Abati, Andreoni e Fortugno, Rossella Biscotti, Wolfang Tillmans, Jan Fabre, Rodolfo Vitone, Mario Mariotti… Un potenziale ancora inespresso nella sua dimensione totalizzante, con cui il nuovo direttore dovrà relazionarsi, con un programma espositivo che sappia coniugare il passato e il futuro.
Spazio Radicale/Radical Space. Architettura radicale e arte contemporanea nelle raccolte del Centro Pecci
a cura di Stefano Pezzato
18 dicembre 2021-30 aprile 2022
L’arte e la città/Art and the city
a cura di Stefano Pezzato
20 novembre 2021-12 giugno 2022
Urban Trilogy/Trilogia Urbana. Gianni Pettena, Superstudio e Ufo
a cura di Stefano Pezzato
20 novembre 2021-1 maggio 2022
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archivi , mostre , toscana
Last modified: 22 Marzo 2022