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Michele RodaWritten by: Reviews

Vicenza e la fabbrica del Cinquecento

Vicenza e la fabbrica del Cinquecento

Alla Basilica palladiana l’architettura rinascimentale veneta ricostruita in una mostra coinvolgente

 

VICENZA. Fabbrica. Non c’è parola più adatta per raccontare lo spirito di un evento culturale ambizioso (e frutto di una lunga ricerca), capace di riabitare un luogo simbolo come la Basilica palladiana, proponendo un percorso espositivo lineare ma, al contempo, denso e sfaccettato, orientato a suscitare interrogativi (e curiosità) più che a dare risposte.

 

Palladio e gli altri tre, per una mostra-laboratorio

L’atmosfera buia e intima, ricercata ed elegante – ottenuta attraverso un allestimento con grandi elementi metallici a dialogare, non rinunciando al contrasto, con la maestosa spazialità palladiana – conduce in una realtà altra. Per certi versi spiazzante. Siamo abituati a mostre monografiche. Qui invece emerge il senso di un periodo, lontano 500 anni, che ha profondamente rinnovato cultura ed estetica, oltre alla fisicità della città stessa.

I 4 artisti indagati, Palladio insieme ai pittori Paolo Veronese e Jacopo Bassano, e allo scultore Alessandro Vittoria, sono restituiti attraverso i legami, le relazioni, i rapporti che si sviluppano in un luogo preciso, non la Venezia culla del Rinascimento bensì quella terraferma veneta che ha inventato una sua maniera di essere rinascimentale. In questo senso è una grande mostra-laboratorio. Se escludiamo i modelli di edifici che aprono il percorso, i curatori (tra cui Guido Beltramini, direttore del Centro Studi Andrea Palladio, voce dell’efficace audio-racconto che accompagna il visitatore) puntano non tanto sull’eccezionalità delle opere (più di 80, dai principali musei internazionali, alcune mai esposte in Italia), quanto su meccanismi di produzione e processi creativi. E così l’architetto-visitatore si troverà a studiare i dettagli dei disegni a inchiostro con i quali Palladio offre, nello stesso prospetto da discutere con i clienti, due versioni di una facciata. Oppure, lo stesso Palladio copia-e-incolla soluzioni applicandoli a commesse diverse. Si ammira non tanto l’opera, dunque, si interpreta il suo farsi.

 

Architettura, città, economia

Vicenza è il cuore di questo approfondimento

. Focus obbligato, considerato il luogo. Città che nel Cinquecento è tra le più ricche e dinamiche in Italia, all’interno di un humus artistico e culturale molto fertile. Quello che succede dalla metà del secolo in poi (nel periodo in cui s’inizia a costruire la Basilica, nel 1585 s’inaugura il Teatro olimpico e si concretizza la radicale trasformazione urbana), viene raccontato dai curatori proprio nelle sue influenze: figure, riferimenti culturali, fatti e aneddoti che costruiscono quello sfondo senza il quale le forme palladiane non sarebbero mai nate.

In questo incrocio di sguardi laterali, la sezione finale illustra i costi dell’arte. Basandosi su una sorta Big Mac Index rivisitato in chiave rinascimentale (il maiale mezanotto, animale di taglia media), i curatori ricostruiscono i costi di opere, costruzioni e parcelle di architetti e artisti in rapporto al costo della vita. Punto di vista inedito, che permette anche di ragionare sul valore economico delle prestazioni professionali dei nostri predecessori rinascimentali.

 

Immagine di copertina: © Luca Zanon

 

La Fabbrica del Rinascimento. Processi creativi, mercato e produzione a Vicenza. Palladio, Veronese, Bassano, Vittoria

fino al 18 aprile – Basilica Palladiana di Vicenza

A cura di: Guido Beltramini, Davide Gasparotto e Mattia Vinco
Promossa da: Comune di Vicenza (nell’ambito del progetto culturale di valorizzazione della città di Vicenza, candidata a Capitale italiana della Cultura 2024 e del rilancio della Basilica Palladiana) in collaborazione con il Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio e Fondazione Teatro Comunale
Promozione, organizzazione, catalogo: Marsilio Arte
mostreinbasilica.it

 

Autore

  • Michele Roda

    Nato nel 1978, vive e lavora a Como di cui apprezza la qualità del paesaggio, la tradizione del Moderno (anche quella svizzera, appena al di là di uno strano confine che resiste) e, soprattutto, la locale squadra di calcio (ma solo perché gioca le partite in uno stadio-capolavoro all’architettura novecentesca). Unisce l’attività professionale (dal 2005) come libero professionista e socio di una società di ingegneria (prevalentemente in Lombardia sui temi dell’housing sociale, dell’edilizia scolastica e della progettazione urbana) a un’intensa attività pubblicistica. È giornalista free-lance, racconta le tante implicazioni dei “fatti architettonici” su riviste e giornali di settore (su carta e on-line) e pubblica libri sui temi del progetto. Si tiene aggiornato svolgendo attività didattica e di ricerca al Politecnico di Milano (dove si è laureato in Architettura nel 2003), confrontandosi soprattutto con studenti internazionali. Così ha dovuto imparare (un po’) l’inglese, cosa che si rivela utilissima nei viaggi che fa, insieme anche alla figlia Matilde, alla ricerca delle mille dimensioni del nostro piccolo mondo globale

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Last modified: 14 Gennaio 2022