Visita all’ex chiesa duecentesca, sede della Collezione Salce e spazio espositivo e congressuale
TREVISO. Per capire un progetto bisogna conoscerne anche la storia. È il caso dell’ex chiesa di Santa Margherita con un passato glorioso fino all’epoca napoleonica, quando venne saccheggiata e interamente spogliata, per poi subire usi impropri fino al definitivo abbandono. Un grande volume, di cui sono rimasti integri solamente il perimetro murario e le grandi capriate della copertura, che fino a febbraio 2022 accoglie la mostra dedicata al trevigiano Renato Casaro, famoso cartellonista di cinema del secondo Novecento. Molta parte della sua produzione è integrata nella Collezione Salce, che ora ha trovato stabile collocazione proprio nel grande edificio restaurato e diventato sede, insieme al complesso di San Gaetano, del museo nazionale a essa dedicato.
Depositata per anni in un’ex scuola, la cospicua raccolta di grafica pubblicitaria (oltre 30.000 pezzi) collezionata da Nando Salce fino alla sua morte (1962) e poi donata allo Stato, necessitava di uno spazio adeguato alla sua conservazione e fruizione. La Direzione regionale musei Veneto del Ministero della Cultura e il Demanio hanno così individuato nell’ex chiesa la sede depositaria della collezione.
Una (impattante) scatola nella scatola
Dopo la prima fase d’indagini preliminari e interventi di consolidamento, nel 2014 parte il progetto di restauro dell’architetta Chiara Matteazzi, che affianca all’archivio (originariamente attrezzato con sole strutture metalliche) lo spazio espositivo. Una scelta funzionalista volta al dimensionamento dell’ingombrante “scatola nella scatola” all’interno della navata, un grande parallelepipedo di cemento (20 x 10 x 8 m) necessario alla conservazione (in base alle norme di prevenzione incendio) dell’ingente raccolta, fra archivio meccanizzato verticale su due piani e 189 cassettiere.
Entrando dall’ingresso, posto sul fronte principale, l’impatto è notevole, sebbene attutito dal sistema multimediale scorrevole che ricopre la faccia principale del parallelepipedo e fa da sfondo all’area dedicata a biglietteria, bookshop e guardaroba.
I due corridoi fra le pareti laterali del contenitore rivestite in cartongesso e quelle della chiesa, in cui sono presenti lacerti di affresco recuperati, conducono al transetto e alle cappelle absidali. Pareti e pavimento diventano spazio didattico e mappatura dinamica della collezione e del ciclo affrescato delle Storie di Sant’Orsola, dipinto a metà Trecento da Tommaso da Modena e spostate da qualche anno al Museo di Santa Caterina.
Lungo le pareti del cubo si snoda il percorso espositivo didascalico sulla storia e recupero della chiesa, che culmina sulla copertura del volume centrale che, collegata da scala e ascensore, è stata adibita per allestimenti temporanei o conferenze. Il grande spazio della navata centrale è difficilmente percepibile, perché quasi totalmente occupato dal caveau, che dal punto di vista architettonico poteva essere risolto in modo meno impattante, contrariamente agli interventi di catalogazione e leggibilità dei materiali della Collezione Salce e delle altre collezioni aggiuntesi negli anni, con microchip per l’immediata ricerca attraverso sistema computerizzato e sistema multimediale a scorrimento lungo alcune pareti, e dell’allestimento della copertura con sistema espositivo su binari scorrevoli e impacchettabili.
Il restauro della struttura
Poco è rimasto della conformazione della chiesa di Santa Margherita e, tanto meno, del suo apparato decorativo originario. Gli oltre 20 anni di abbandono avevano peggiorato le precarie condizioni della struttura muraria e, soprattutto, della copertura, che è stata completamente rifatta durante i restauri iniziati nel 2014 e conclusi nel 2020: tre stralci per complessivi 7 milioni, di cui 5,5 di fondi statali e 1,5 con finanziamento europeo. Un grande contenitore che è stato sottoposto a restauro conservativo finalizzato a migliorare la leggibilità delle diverse fasi costruttive dell’edificio, attraverso interventi conservativi sulle murature e sulle superfici architettoniche, e contro il degrado avanzato della zona absidale.
È stato recuperato anche il braccio superstite del primo chiostro con l’affresco Madonna con Bambino tra due sante e Serafino (1200-1300), mentre è quasi ultimata la sistemazione dello spazio aperto a servizio del museo. Il piazzale antistante la facciata principale (ancora di proprietà demaniale) e il collegamento con il confinante Archivio di Stato, per realizzare un polo unico, sono i prossimi interventi in programma.
Una storia travagliata
La chiesa di Santa Margherita fa parte di un complesso conventuale costruito a fine Duecento dai padri eremitani. È stata per molti secoli una delle più belle e ricche di Treviso, non solo per gli affreschi (oltre al citato ciclo di Sant’Orsola, una Madonna con Bambino attribuita a Gentile da Fabriano) ma anche per le tombe di oltre 40 famiglie facoltose di banchieri, prestatori, mercanti e notai. Ne fa parte anche quella di Pietro di Dante Alighieri, tanto da essere considerata il Pantheon degli esuli fiorentini che l’avevano eletta a loro luogo di culto e, quindi, cimitero. La chiesa rimane integra fino all’arrivo di Napoleone, quando viene adattata a usi militari (magazzino, poi deposito di fieno, quindi cavallerizza), con demolizione di alcune parti strutturali (cappelle laterali verso strada e abside). Dalla fine del Novecento fino agli anni novanta è stata adibita a complesso sportivo, ricreativo e culturale, e poi lasciata in abbandono.
Immagine di copertina: © Udo Kohler
Il completamento del Museo Bailo
Alla ritardata inaugurazione della sede museale di Santa Margherita a causa della pandemia, segue il completamento del polo museale Luigi Bailo, aperto nel 2015, il cui progetto porta sempre la firma di Studiomas, mentre la gara d’appalto, con importo base di 2,36 milioni, è stata vinta con ribasso dell’11,59% dal raggruppamento temporaneo d’imprese Lares-Bettiol (Venezia-Bolzano). La seconda tranche di lavori riguarda il restauro del chiostro nord dell’ex fabbrica conventuale e le sale di pertinenza, in continuità con la parte già in funzione, per conferire un carattere unitario all’intero complesso museale pur senza negare l’originalità delle singole parti. L’intervento, che ha comportato il raddoppio degli spazi espositivi (3.000 mq), è stato sviluppato sulla base degli indirizzi indicati dall’amministrazione comunale e dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio. Terminati i lavori di ristrutturazione, è ora in corso l’allestimento degli interni, con inaugurazione prevista a febbraio.
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Chiese , musei , restauro , treviso , veneto
Last modified: 10 Gennaio 2022