Report dalla prima edizione del Bari International Archifestival: 60 eventi in 20 giorni, con l’ambizione di diventare biennale
BARI. Inaugurata l’1 settembre, con una cerimonia tenutasi nella Casa del festival, l’ex Teatro Margherita, la prima edizione del BiArch (Bari International Archifestival), progetto vincitore del bando “Festival dell’Architettura” promosso dalla Direzione generale Creatività contemporanea del Ministero della Cultura, che già ambisce a diventare un evento con cadenza biennale. L’organizzazione del festival-laboratorio ha coinvolto enti pubblici, università, fondazioni, ordini professionali e rappresentanti della cittadinanza attiva, dando vita a una sessantina di eventi programmati tra l’1 e il 20 settembre, diffusi per la città e trasmessi in streaming, finalizzati ad alimentare un percorso di riflessione collettiva teso a superare i confini disciplinari e a promuovere l’attivazione civile.
Margini, confini e frontiere in tre sezioni
Sono i titoli delle tre sezioni
attorno alle quali è articolato il festival. Esse raccolgono rispettivamente diverse attività: analisi e definizione di prospettive di azione nei contesti caratterizzati da cesure irrisolte sulla costa o lungo i margini urbano-rurali; processi di riattivazione urbana attraverso l’arte pubblica, le installazioni o le arti performative, in grado d’integrare lo spettro consueto dell’architettura nell’interpretazione e costruzione di valori spaziali; processi di appropriazione degli spazi attraverso le pratiche di autocostruzione e coabitazione finalizzate a definire nuove forme urbane.
Le sezioni includono mostre, convegni, workshop, installazioni e performance, affiancati da una serie di eventi collaterali (fuorifestival) sparsi in città, che porteranno a dialogare ospiti, luoghi e partner, a testimonianza del grande bisogno di riappropriazione degli spazi urbani e dei luoghi della cultura da parte dei cittadini.
La sede principale dell’evento è l’ex Teatro Margherita, che ospita non solo le mostre di apertura “The Game” e “Moderno Desiderio”, ma anche le lectio magistralis (Bernard Khoury, Amos Gitai, Anne Lacaton, Giandomenico Amendola, Elisabeth Diller, Marco Casamonti, Guido Guidi, Francesco Moschini, João Nunes e Andreas Kipar) e le principali conferenze.
Ad esso si affiancano lo Spazio Murat e il Fortino Sant’Antonio, distribuiti nell’area che si sta trasformando nel polo dell’arte del capoluogo pugliese, insieme al Palazzo della Provincia, allo Spazio 13, all’Officina degli Esordi, ma anche a tutte le sedi degli eventi del fuorifestival.
Le mostre
Tra quelle già inaugurate, quelle nello Spazio Murat e nel Palazzo della Provincia hanno aperto, con punti di vista e prospettive diverse, il dialogo sui temi del festival.
“Forensic Architecture” presenta i lavori prodotti dallo studio omonimo sullo spazio di margine e di frontiera e sulle limitazioni al movimento e ai diritti umani. Incipit della mostra, una mappa del Mediterraneo ruotata di 180°, così come nella rappresentazione tradizionale dei geografi arabi, c’invita ad invertire il punto di vista per responsabilizzare la nostra azione di architetti spingendola oltre i confini dei tradizionali ambiti disciplinari per riflettere anche sugli aspetti antropologici, sociali o economici e dimostrare come i temi complessi possano essere affrontati solo con un approccio multidisciplinare. La mostra pone domande su quale sia il ruolo dell’architettura quando smette di occuparsi solo della fisicità degli edifici e inizia ad affrontare questioni apparentemente altre, che in questo caso riguardano trasformazioni spaziali legate alla negazione di diritti o alle migrazioni.
La sala del colonnato del Palazzo della Provincia ospita invece la mostra “Margini”, il principale tra i numerosi eventi curati dal Dipartimento di Scienze dell’ingegneria civile e dell’architettura del Politecnico di Bari, che descrive, con un ricchissimo apparato analitico, i fenomeni di trasformazione urbana in relazione alle condizioni problematiche poste dal rapporto con le infrastrutture portuali e logistiche, con i margini urbano-rurali e con la costa. Suddivisa in tre sezioni, “Port within the City”, “GreenVille” e “BlueVille”, la rassegna indaga le questioni dell’architettura e del progetto urbano con un’articolazione dinamica che non prevede solo il confronto tra i casi studio della Città metropolitana di Bari e analoghi casi europei di valore paradigmatico: a partire dal 18 settembre, l’apparato fotografico relativo alle tre condizioni critiche individuate verrà sostituito dagli elaborati progettuali, esito dei tre workshop collegati.
Si delinea quindi un mese finalmente ricco di sollecitazioni sulle prospettive di trasformazione urbana e sul rapporto tra architettura e città di Bari, aperto ad un articolato dibattito transdisciplinare che oggi include anche la prospettiva di genere.
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Last modified: 7 Settembre 2021