La 31° edizione del Premio internazionale Carlo Scarpa per il Giardino in mostra nel nuovo spazio culturale dell’ex chiesa di Santa Maria Nova, restaurata da Tobia Scarpa
TREVISO. Con la mostra sul luogo scelto quest’anno dal Premio internazionale Carlo Scarpa per il Giardino, il capoluogo veneto offre più d’un motivo d’interesse. Innanzitutto per l’oggetto stesso della mostra “Cappadocia. Il paesaggio nel grembo della roccia”, curata da Luigi Latini e Patrizia Boschiero e incentrata su due valli contigue della Cappadocia, luogo dell’Asia minore che emerge da una lunga vicenda storica e geografica: la Valle delle rose e la Valle rossa – in lingua turca Güllüdere e Kızılçukur -, i cui paesaggi scavati nella roccia vulcanica sono memoria di un’antica civiltà dell’abitare.
Ci troviamo nell’ambito di un esotismo che la mostra ci dà occasione di conoscere meglio, grazie alla ricca documentazione frutto del monumentale lavoro di ricerca che sta a monte dell’attribuzione del premio. Giunto alla sua 31° edizione, promosso e organizzato fin dal 1990 dalla Fondazione Benetton Studi Ricerche, il Premio internazionale Carlo Scarpa per il Giardino individua infatti annualmente un luogo particolarmente denso di valori di natura, memoria e invenzione, promuovendo una campagna di studio e di cura con l’obiettivo di elevare e diffondere la cultura di “governo del paesaggio” e di “cura dei luoghi”.
Il percorso espositivo della mostra, articolato in quattro sezioni, conduce il visitatore alla scoperta di questi luoghi. Estesa con i suoi altipiani nel cuore della penisola anatolica, la Cappadocia è caratterizzata da un suolo arido, eroso dall’acqua e dal vento, e da un clima difficile, dove permane un’agricoltura tradizionale che convive con il suolo vulcanico della regione. La sua natura geologica ha dato luogo a diverse forme d’insediamento rupestre entro uno scenario naturale che, da sempre ponte tra culture diverse, ha vissuto l’arrivo dei primi cristiani e, poi, il diffondersi della cultura bizantina: ecco gli insediamenti eremitici e monastici, le chiese e i santuari, ma anche stalle, abitazioni rurali, cisterne, apiari e piccionaie, che continuano a comporre le tessere di un paesaggio coltivato straordinario. Spazi scavati nelle rocce che rivelano cicli pittorici di particolare rilievo: le grandi e suggestive immagini esposte catturano lo sguardo del visitatore, assieme a quelle di un bel film-documentario originale. Non manca l’omaggio a Pier Paolo Pasolini, che nel 1969 ambientò in buona parte in questi luoghi della Cappadocia le scene del film Medea con Maria Callas come protagonista. Per approfondire si rimanda al denso catalogo che, come in ogni edizione del premio, restituisce in maniera esaustiva gli apporti scientifici della ricerca.
Rimane in sospeso la questione dei cambiamenti di paesaggi tradizionali come questi, tra abbandono, nuovi usi e forme insediative legate al turismo di massa (le due valli rientrano tra i beni Patrimonio dell’umanità UNESCO). Per queste ragioni il sigillo disegnato da Carlo Scarpa, simbolo del Premio, è andato alla storica dell’arte Maria Andaloro, ideatrice e coordinatrice di una Missione di ricerca sulla Cappadocia che fa capo all’Università della Tuscia, e che dal 2006 opera in particolare nella direzione del recupero dei preziosi cicli pittorici celati nelle chiese rupestri.
Il medesimo sigillo segna anche l’ideale continuità tra Carlo e Tobia Scarpa, autore del restauro dell’antica chiesa di Santa Maria Nova che questa mostra inaugura come nuovo spazio espositivo e culturale. Posta entro un vasto comparto di antiche origini, ha subito nel tempo una lunga storia di adattamenti spaziali e funzionali, fino a quando negli anni 80′, diventata sede dell’Intendenza di Finanza, è stato costruito al suo interno un impalcato metallico su tre livelli per l’utilizzo a deposito. Acquistata nel 2018 dalla famiglia Benetton, è stata affidata a Tobia Scarpa che l’ha recuperata senza gesti eclatanti, a partire dalla scelta di conservare la struttura metallica, messa a regime con una nuova scala e un corpo ascensore-servizi e con un’impiantistica elegantemente ostentata. Il recupero dell’ex chiesa si pone in continuità con gli altri interventi nel centro di Treviso promossi da Luciano Benetton per mano di Tobia Scarpa, dai palazzi Bomben e Caotorta (sedi della Fondazione) alle Gallerie delle prigioni e alla chiesa di San Teonisto. Un vero paesaggio di architetture scarpiane in declinazione Tobia, che dà il senso anche del nome di Ca’ Scarpa conferito alla chiesa di Santa Maria Nova, destinata ad accogliere il lascito culturale di entrambi (Carlo e Tobia), comprendendo la trentennale vicenda del Premio Carlo Scarpa e il longevo sodalizio Benetton/Tobia Scarpa, dalla prima fabbrica del 1964 alle nuove architetture urbane per la cultura.
“Güllüdere e Kızılçukur: la Valle delle rose e la Valle rossa in Cappadocia”
a cura di Patrizia Boschiero e Luigi Latini (Fondazione Benetton)
collaborazione scientifica di Maria Andaloro e Paola Pogliani (Università della Tuscia)
fotografie di Marco Zanin/Fabrica e dei fotografi della Missione dell’Università della Tuscia in Cappadocia
Ca’ Scarpa (progetto di allestimento di Tobia Scarpa), via Canova 11, Treviso
dal 24 ottobre 2020 al 10 gennaio 2021
ingresso libero
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Carlo Scarpa , Fondazione Benetton , mostre , paesaggio , premi , restauro , treviso
Last modified: 11 Novembre 2020
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