Architetta e designer di fama internazionale, è stata anche un’importante figura intellettuale del panorama culturale milanese, nonché un’attiva protagonista della vita civile
La scorsa settimana l’architettura e il design industriale italiano hanno perso un pezzo di storia. All’età di 96 anni ci ha lasciati Cristina Damiani Dameno, nota a tutti come Cini Boeri (Milano, 19 giugno 1924 – 9 settembre 2020). Architetta e designer di fama internazionale, Boeri è stata anche un’importante figura intellettuale del panorama culturale milanese, nonché un’attiva protagonista della vita civile. Determinata, forte, innovativa in ogni campo, ha portato l’emancipazione femminile anche nel mondo dell’architettura; una donna d’altri tempi che ha lavorato fino all’ultimo dimostrando la sua modernità. Raffinata, elegante e pratica, è riuscita a trasmettere tutto questo anche nel mondo della progettazione.
Si laurea in progettazione nel 1951 al Politecnico di Milano: all’epoca, negli anni postbellici, una sfida quasi impossibile per l’universo femminile. È stata una combattente partigiana sul Mottarone, dove conosce quello che diventerà suo marito, Renato Boeri. Un impegno civile e politico che durerà per tutta la vita, segnato da valori liberali e democratici che porterà anche nel mondo del progetto.
La gavetta inizia nello studio di Gió Ponti. Dodici sono invece gli anni passati con Marco Zanuso (L’asilo per madri nubili a Lorenteggio è uno dei primi lavori realizzati insieme). “Respiravo ed imparavo”, racconta Cini (diminutivo di “picinin”), ed è così che acquisisce un metodo di progettazione rigoroso che porterà con sé per tutta la vita. Nel 1963 apre il proprio studio professionale, mentre la prima azienda con cui collabora è Arflex. Nascono così le poltrone “Borgogna” (1964) e “Monoblocco” (1967), il contenitore “Cubotto” (1967), il divano “Strips” (1968, Compasso d’oro nel 1979), il “Serpentone” (1971) e la linea di imbottiti “Pecorelle” (1972). Collabora anche con Knoll, Venini, Magis, e tra gli altri oggetti iconici troviamo la poltrona trasparente “Ghost” per Fiam (1987), la libreria girevole “Double face” per Arflex (1980), il tavolo “Lunario” per Knoll (1970) e il lampadario “Feltro” per Venini (1989).
In architettura ha progettato sia in Italia che all’estero case unifamiliari, ville, uffici, negozi, arredi per musei, sempre dedicando grande attenzione allo studio della funzionalità dello spazio e ai rapporti psicologici tra l’uomo e l’ambiente. Come racconta anche nel suo libro Le dimensioni umane dell’abitazione (1980), «progettare è una gioia ma anche un impegno, una grande responsabilità». Tra i suoi progetti lo showroom Knoll a Parigi (1976), un appartamento al 56° piano della Trump Tower a New York (1986), la Casa rotonda (1966) e la Casa bunker (1967) alla Maddalena, in Sardegna. Diceva che «Fare questo mestiere vuol dire rinnovarsi ogni giorno, creare sempre qualcosa di nuovo». Accanto a Gae Aulenti e Franca Helg, è stata tra le poche donne capaci d’imporsi in quella generazione di grandi nomi quali i fratelli Castiglioni, Marco Zanuso, Vico Magistretti, Ignazio Gardella, Vittorio Gregotti e Franco Albini. Ha portato novità di linguaggio, materiali, eleganza, ironia, umiltà, attenzione agli altri e all’ambiente.
Ha tenuto conferenze e lezioni presso diverse università e istituzioni in Italia ed all’estero: a Berkeley, Barcellona, al Nucleo del Deseno Industrial di Sao Paulo, al Collegio degli Architetti di Rio de Janeiro, alla Cranbrook School di Detroit, al Pacific Design Center, alla UCLA di Los Angeles e, in Svizzera, all’Accademia di Architettura di Mendrisio e alla Southern California Institute of Architecture di Vico Morcote. Presso la Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano, tra il 1981 e il 1983 è stata titolare di corsi di Progettazione architettonica e di Disegno industriale e arredamento. È stata membro del Consiglio di amministrazione della XVI Triennale di Milano e Socio onorario ADI (2012). Nel 2019 le è stato assegnato l’Ambrogino d’oro dal Comune di Milano e nel 2011 il Compasso d’oro alla carriera.
Grande professionista, ma anche madre di tre figli noti – Sandro (giornalista), Stefano (architetto) e Tito (economista) -, ci ha lasciato opere di design che sono diventate iconiche, presenti nelle esposizioni e nei musei di design in giro per il mondo. Oggetti d’arredo concepiti non per essere semplicemente posseduti, ma per essere utilizzati quotidianamente. Ci ha insegnato a progettare rispettando la dimensione e i bisogni delle persone, interpretando lo spazio domestico quale luogo primario di espressione della personalità dell’individuo.
Ma, soprattutto, ci ha insegnato a vivere con passione.
About Author
Tag
Milano
Last modified: 16 Settembre 2020