Introdotta dall’ex direttore generale Antonio Lampis, una rassegna sui principali riallestimenti in Italia, tra poli museali e musei autonomi
È stato il tormentone culturale dell’estate. Davvero strizzare l’occhio ai giovani con l’influencer Chiara Ferragni è la strada giusta, o i musei sono in grado di “influenzare” i visitatori più giovani con mezzi e strategie proprie? Si è infatti molto discusso dei cambiamenti organizzativi e di governance (autonomia gestionale e finanziaria), assai meno di come i musei statali abbiano trasformato il modo di comunicare attraverso il rinnovamento della propria immagine con restauri, ampliamenti e riallestimenti.
Ne abbiamo parlato con un protagonista della vicenda, Antonio Lampis, che il 31 agosto scorso ha concluso il suo mandato alla guida della Direzione generale Musei. Tre anni segnati da cambiamenti di portata storica per il MIBACT. «Ho cercato d’impostare un censimento ragionato con l’aiuto degli uffici», ci ha risposto con l’entusiasmo di chi vuole ancora cogliere nuovi stimoli. Così, dopo un impegnativo passaggio di consegne (al suo posto arriverà Massimo Osanna), Lampis è ritornato a Bolzano alla guida della Ripartizione cultura italiana della Provincia autonoma.
Si è molto parlato in questi anni dei musei autonomi: una rivoluzione per impatto sociale, culturale ed economico. La sfida per il rinnovamento riguardava l’anello giudicato debole della riforma Franceschini: i poli museali, oggi Direzioni territoriali delle reti museali. «Grazie alla rinnovata governance – spiega Lampis – il dirigente del polo museale è stato ricondotto al suo ruolo principe d’interfaccia tra lo Stato e gli Enti territoriali e, di conseguenza, verso la massima valorizzazione dei direttori dei musei, al Polo afferenti, attivi nella periferia territoriale, meno esposta ai grandi flussi turistici». Anche se ancora lontani dallo status dei loro colleghi a capo dei musei autonomi, i funzionari che dirigono gli istituti incardinati nelle nuove Direzioni sono sempre più assimilabili ai “direttori” dei musei di tutto il mondo. Sono stati chiamati, spiega ancora Lampis, alle «nuove sfide anche sul fondamentale versante della legalità nei servizi accessori, per il puntuale rispetto delle norme sulla sicurezza e verso i nuovi compiti per l’attivazione del Sistema nazionale museale secondo le indicazioni del D.M. 113/2018». E ancora, «i Poli museali sono stati protagonisti di due ambiziosi e complessi progetti nella relazione territoriale al fine dello sviluppo economico, turistico e culturale: Musst 1 e 2». I risultati sono stati pubblicati in un e-book.
Nel 2017, quando si è insediato, Lampis ha trovato moltissime concessioni di servizi al pubblico scadute negli istituti museali. «Sono state effettuate ben 22 gare», ci dice. Il punto della situazione sta nel Primo rapporto annuale sui concessionari, in collaborazione col Dipartimento di Economia e Statistica “Cognetti de Martiis” dell’Università di Torino. «I Poli museali e i musei autonomi statali sono chiamati a sperimentare tra i primi una simulazione dei risultati del confronto con i nuovi livelli minimi di qualità museale, apporto fondamentale della riforma». La valutazione di questi ultimi nei musei autonomi ha fornito valori medi molto elevati, oltre 9 su 10. Ha tuttavia senso pensare di affidare questa valutazione a un organismo terzo, un po’ come con Standard&Poor’s per il rating degli Stati? Lampis tiene a precisare che «nell’autovalutazione il questionario è molto oggettivo», ma riconosce che «per un discorso più ampio, oltre il rispetto dei livelli minimi, in futuro una simile proposta avrebbe senso. La Commissione farà comunque costanti monitoraggi. La vera sfida per i prossimi anni è quella di rendere i musei più forti nell’offrire effettive esperienze di conoscenza ai fruitori: uscire avendo realmente imparato qualcosa anche dopo una visita rapida e possibilmente essere invogliati a tornare. Per questa ragione ritengo importantissime le Linee guida sul rinnovo e miglioramento costante del racconto museale».
Alla rilevazione delle più importanti modifiche agli allestimenti museali, “stimolata” dal nostro giornale, hanno risposto le Direzioni regionali Musei, dietro coordinamento dell’architetta Francesca Condò (Direzione generale Musei). «Gli interventi strutturali e di riallestimento – osserva Lampis – che hanno interessato i musei statali in questi ultimi anni sono numerosi, alcuni radicali ed eccellenti, come Palazzo Barberini a Roma [foto di copertina], Brera a Milano, il complesso monumentale della Pilotta a Parma, o i parchi archeologici di Ostia Antica e Paestum; oltre, ovviamente, a Pompei». Ma ci sono anche tanti altri interventi degni di nota, dalla «sede museale di Torrechiara in Toscana, alla Galleria nazionale d’Arte moderna a Roma, dal parco di Ercolano a Palazzo Grimani a Venezia».
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Chi è Antonio Lampis
Classe 1964, laureato in giurisprudenza presso l’Università di Trento, è dipendente di ruolo della pubblica amministrazione da 36 anni. Dall’1 settembre 2017 al 31 agosto 2020 è stato direttore generale Musei del MIBACT. È direttore della Ripartizione Cultura italiana della Provincia autonoma di Bolzano dal 1997, nonché docente a contratto di Marketing ed Event Management all’Università di Bolzano e visiting professor all’Università Cattolica di Milano e in diverse altre università e master. È stato o è membro dei consigli di diverse istituzioni culturali come Museion, biennale Manifesta, Teatro comunale. È autore di numerose pubblicazioni nel campo del marketing culturale e turistico.
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allestimenti , allestimenti 2019-2021 , musei
Last modified: 22 Febbraio 2021