Visit Sponsor

Veronica RodenigoWritten by: Reviews

Piranesi a Palazzo

Piranesi a Palazzo

A Bassano e Venezia due mostre propongono una full immersion nelle antichità romane di Giambattista Piranesi

 

Un duplice appuntamento con Giovan Battista Piranesi attende il visitatore nella ricorrenza dei 300 anni dalla nascita (Venezia, 1720 – Roma, 1778). Dopo il lungo tempo sospeso imposto dalla pandemia aprono finalmente e quasi in contemporanea “Giambattista Piranesi. Architetto senza tempo” (Palazzo Sturm, Bassano del Grappa) e “Piranesi Roma Basilico” (Palazzo Cini, Venezia), destinate ad animare la stagione espositiva sino all’autunno.

Di Giambattista (sui cui natali ancora si discute), giunto ventenne nel 1740 nella Roma papalina che poi vedrà salire al soglio pontificio Clemente XIII (il veneziano Carlo Rezzonico, suo sostenitore e mecenate), della sua prolifica produzione incisoria (in cui coinvolse la sua stessa prole, incrementando così l’attività della calcografia), ben poco si può aggiungere. Iracondo d’indole, amante e instancabile disegnatore delle antichità romane e non solo (nonché sostenitore del primato di quest’ultime su quelle greche), membro della società degli antiquari di Londra e accademico di San Luca, architetto (sebbene con un’unica celebre commessa) e decoratore, Piranesi alimentò, con il suo catalogo di vedute, il Grand Tour settecentesco e quel culto dell’antico proprio del Neoclassicismo. Ma al di là della contemplazione dell’opera piranesiana, l’occasione offerta da queste ultime due proposte è anche quella di poter conoscere la storia del corpus incisorio presente nelle collezioni bassanesi e veneziane nonché di riproporre, nel caso lagunare, un dialogo con l’obiettivo del fotografo contemporaneo.

 

Piranesi a Bassano nelle sale di Palazzo Sturm

Forse non a tutti sarà noto che Bassano, città dei Remondini (gli stampatori che da metà Seicento diventarono celebri in tutta Europa) conserva negli Archivi della sua Biblioteca 16 volumi per un totale di 548 incisioni del Piranesi (giunte a metà Ottocento grazie alla donazione del fratellastro del Canova), 19 stampe sciolte nonché testimonianza d’una corrispondenza d’affari tra Francesco, figlio di Giambattista, e il conte Antonio Remondini.

Per la prima volta l’intero nucleo piranesiano delle civiche raccolte si mostra al pubblico aprendo il percorso di visita con l’incursione contemporanea di Luca Pignatelli che nella grande riproduzione della “Veduta del Castello dell’Acqua Felice” inserisce, quasi come metafisici epifenomeni, orologi da tasca.

Proseguendo a Palazzo Sturm s’incontrano i diversi frontespizi per i 4 tomi delle “Antichità Romane” (date alle stampe nel 1756) che, insieme alle “Vedute di Roma”, costituiscono il fulcro della mostra.

La classicità dell’Urbe, sempre popolata dal teatro del quotidiano e dove spesso la prospettiva si dilata, narrata con perizia da didascalie e nozioni racchiuse nei cartigli (negli “Avanzi degli Acquedotti neroniani” la nota recita che “si volevano distruggere per la loro vecchiezza“), giace protetta nella penombra. A custodirla, 56 teche in acciaio e vetro disegnate dallo studio veneziano APML Architetti e realizzate da OTTART. Solo al passaggio del visitatore il sistema d’illuminazione si attiva lasciando così per il resto del tempo a riposo i disegni.

Insieme agli iconici siti del Teatro di Marcello, del Pantheon, dell’Isola Tiberina, e degli archi trionfali di Costantino, Settimio Severo, Tito, a corredare la mostra bassanese giungono da Venezia le celeberrime 16 tavole delle “Carceri d’Invenzione” introdotte dal video realizzato nel 2010 da Factum Arte (con Grégoire Dupond) per la mostra «Le arti del Piranesi» alla Fondazione Cini. Sebbene l’immersione tridimensionale nell’immaginifico sulle note della Cello Suite No.2 di J.S. Bach sia d’innegabile effetto, nella sala accanto nulla paga l’osservazione diretta di quel mondo in cui s’alternano strumenti di tortura, scale e ponti levatoi, fuochi fumanti, catene e leoni che tanto segnarono la produzione a venire.

 

Piranesi a Venezia nelle sale di Palazzo Cini

Il viaggio piranesiano continua a Venezia in quel Palazzo Cini che fu dimora del conte Vittorio e che oggi ne è la casa museo. In questo caso la risorsa a cui si attinge è il corpus incisorio integrale di Piranesi e del figlio Francesco entrato a far parte del patrimonio della Fondazione Cini nel 1961, quando venne acquisita l’edizione in 24 volumi della “Calcographie de Piranesi Frères” pubblicata tra 1800 e 1807. La proposta lagunare non è nuova: nasce dall’apposita campagna fotografica commissionata a Gabriele Basilico (1944-2013) per il sopracitato progetto espositivo del 2010 a cura di Michele de Lucchi e finalizzato ad un vero e proprio raffronto tra l’occhio del fotografo e quello dell’incisore. Qui però, dopo la tappa torinese “Gabriele Basilico / Giovan Battista Piranesi. Viaggi e vedute: da Roma a Shanghai” presso il Museo Ettore Fico, un’ulteriore rivisitazione aggiorna il dialogo: 25 stampe delle “Vedute di Roma” vengono affiancate a 26 scatti, di cui 12 inediti.

Scenografico l’impatto, nella prima sala, del paper wall che ingigantisce dettagli della “Veduta di Campo Vaccino” vestendo un’intera parete, mentre al centro campeggiano vedute e scatti del Pantheon. Molti, inevitabilmente, sono i soggetti ricorrenti con la proposta di Bassano, ma qui l’occhio d’istinto è attratto dapprima da un gioco d’analogie e differenze, poi s’affina nel cogliere le diverse angolazioni e prospettive; quell’impianto, per usare le citazioni di Roberta Valtorta in catalogo, “di volute sproporzioni ed espressive deformazioni prospettiche (…) in una dimensione vertiginosa -per Piranesi- volta a una gloriosa antichità posta a modello assoluto”. Ad essa risponde il ritratto contemporaneo di Basilico, che ogni tanto, come variante, ribalta l’angolazione (è il caso della Piramide Cestia e dell’Arco di Giano) scardina la dilatazione, instaura disarmanti parallelismi. È quanto avviene nella “Veduta delle due chiese, l’una detta della Madonna di Loreto, l’Altra del nome di Maria presso la colonna Traiana”. In Piranesi il cartiglio abita la scena tanto che un popolano vi allunga il braccio sormontandolo con il paniere. Nell’immagine di Basilico, davanti alle due chiese campeggia il cordolo cementizio e la striscia continua, a guisa di moderno cartiglio: “Metro C, indagini archeologiche”.

 

Immagine di copertina: l’allestimento della mostra “Piranesi Roma Basilico” a Palazzo Cini, Venezia. ph. Matteo de Fina 

 

“Giambattista Piranesi. Architetto senza tempo”

a cura di Chiara Casarin e Pierluigi Panza

Palazzo Sturm, Bassano del Grappa

dal 21 giugno al 19 ottobre

www.museibassano.it

 

“Piranesi Roma Basilico”

a cura di Luca Massimo Barbero

Palazzo Cini, Venezia

dal 2o giugno al 23 novembre

www.palazzocini.it

 

 

 

 

 

Autore

  • Si laurea nel 2002 in Lettere Moderne (indirizzo storico-artistico) all’Università degli Studi di Trieste con una tesi di ricerca in Storia Medievale. Dopo un master in Art and Culture Management al Mart di Rovereto e uno stage presso “Il Giornale dell’Arte” (Società Editrice Umberto Allemandi & C, Torino) alterna didattica e collaborazioni editoriali ad attività di comunicazione e ufficio stampa. Attualmente svolge attività giornalistica occupandosi di temi artistico-culturali. Dal 2008, a seguito di un’esperienza in redazione, collabora con "Il Giornale dell'Architettura" per il quale segue fiere di settore e format speciali. Nel 2016, in occasione della 15. Mostra Internazionale di Architettura di Venezia, ha ideato e gestito il progetto “Speciale Biennale Live”. È corrispondente de "Il Giornale dell’Arte” e curatore del supplemento “Vedere a Venezia”

    Visualizza tutti gli articoli

About Author

(Visited 832 times, 1 visits today)
Share

Tag


, ,
Last modified: 24 Giugno 2020