Il mondo dei professionisti più aggiornati è in grado di cogliere la sfida, integrando nel processo progettuale i nuovi strumenti
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Il dualismo Architettura/Ingegneria è argomento molto dibattuto. Esso è strettamente legato alla specializzazione sempre più accentuata che questi due campi hanno subito nel corso dell’ultimo secolo. Si parla di Pier Luigi Nervi come dell’ultimo ingegnere che di fatto era anche architetto, poiché la sua ricerca era legata sì alla tecnica, ma a partire dal messaggio, dalla forma. L’innovazione tecnologica era il tramite per il raggiungimento di traguardi fino ad allora impossibili. Tanti, insieme a lui, talvolta anche relegati a ruoli di nicchia, ambivano a portare avanti il connubio unitariamente e non in contrasto, come oggi par essere. La forma era per loro la risposta a quelle domande che i problemi geometrici ponevano da sempre.
Vien da sé che molti grandi capolavori del passato celassero in loro, consapevolmente, questi fattori; la catenaria era stata scoperta per ridurre i momenti flettenti delle strutture, impiegata da Hook nella cattedrale di St. Paul a Londra, da Gaudì nella Sagrada Familia a Barcellona, da Felix Candela nelle sue strutture fini in calcestruzzo, nei ponti d’inizio secolo. Il Ponte sul Basento, sconosciuto ai più, era il capolavoro di Sergio Musmeci. Il passare degli anni sembrava aver fatto scomparire queste figure pionieristiche; lo strutturista, subordinato all’architetto, sembra in constante conflitto tra le esigenze pratiche del calcolo e quelle estetiche che provano a divincolarsi nella foresta di regole e norme. Non vi è dubbio che questa dinamica abbia comportato un impoverimento della consapevolezza del progettista in sé. La scelta è subordinata al parere, e i pareri necessari sono uno, dieci, cento.
La storia assiste poi all’avvento delle tecnologie digitali, la potenza di calcolo aumenta, gli strumenti classici invecchiano rapidamente. Prima il disegno, poi via via altre discipline sono trasposte, tradotte attraverso i software dedicati. Non perdono di significato, acquisiscono peculiarità diverse. L’architettura stessa si trasforma sotto l’impulso delle nuove frontiere immateriali. Il Pc, il click, la possibilità di cambiare, salvare, modificare senza limiti una scelta, apre nuovi orizzonti. La rivoluzione digitale non conosce sosta, abbatte gli standard. Si concepiscono strumenti di simulazione con algoritmi sempre più raffinati, più elaborati; l’errore e l’approssimazione si riducono. Il render è frutto di simulazioni con algoritmi Brute Force, che sostituiscono il Catmull Clark. Il sole è schematizzato, i raggi luminosi diventano sempre di più; l’iterazione, la casualità sono riproducibili, le texture digitalizzate, la profondità di una scanalatura prodotta con metodi matematici come la bump. Forse parlare di rivoluzione al singolare è riduttivo; viene a mente Leon Battista Alberti con il De Pictura, in cui per la prima volta era spiegata la teoria della prospettiva.
Passaggio forse ancor più determinante avviene con il visual scripting: si ribalta la concezione del disegno digitale. La retta diventa l’elemento geometrico che passa per due punti, ma i punti non sono più fissi, sono modificabili, e con essi la retta di conseguenza. Il visual scripting intacca le certezze della modellazione geometrica: la forma è ottenuta come sequenza d’istruzioni, è un algoritmo, non più un comando rigido. Si creano relazioni mai viste prima, si ottengono risultati che necessitavano di giorni di modellazione e molto spesso sarebbero stati impossibili. Le forme decostruttiviste delle archistar esplorano il nuovo mondo. Il paneling, la regolarizzazione di figure complesse suddivise in migliaia di triangoli, diventano la modalità di lavoro per contenere i costi, dando libertà espressive agli architetti che solo la tecnica contemporanea avrebbe potuto conferirgli. Esempi non mancano, architetture iconiche per eccellenza sono la copertura del British Museum a Londra, la copertura della Fiera di Milano-Rho, oppure l’Haydar Aliyev Culture Center a Baku, solo per rimandare ad esempi noti a tutti.
Il software Grasshopper nasce come plug-in free per Rhino, porta con sé una frontiera mobile che viene spostata di volta in volta più avanti grazie al suo sviluppo continuo, all’implementazione con altri plug-in programmati da appassionati del settore. La galassia di software si amplia a dismisura. L’obiettivo, nemmeno troppo celato, è l’integrazione in uno strumento polifunzionale di tutti gli aspetti di progettazione architettonica conosciuti. Strutture, analisi energetiche, illuminotecniche, composizione geometrica, gestione dati complessa, ottimizzazioni genetiche, euristiche, tool di ogni tipo, fanno da ponte tra questo strumento e i più affermati software tecnici di calcolo e simulazione. Si cerca la sintesi.
In parallelo si procede ad un ulteriore sviluppo del concetto di progettazione integrata: il BIM, Building Information Modelling, pone le basi per avere uno strumento oggi sempre più in crescita e con un’impareggiabile capacità di controllo delle informazioni relazionate al modello 3D. Il mondo parametrico è anche qui; l’elemento è composto da indicazioni che lo costituiscono, che sono scelte dal progettista a monte, e possono essere variate in qualsiasi momento. Lo sviluppo di queste piattaforme, e di Revit nello specifico, porta al connubio tra il visual scripting e il BIM; Dynamo diventa il plug-in di riferimento che permette di allargare i paletti della modellazione, della gestione dei dati; così, lo sviluppo degli applicativi esistenti su Grasshopper si duplica con un processo di upgrade continuo.
L’avanguardia digitale sta lì: le normative, i committenti, richiedono sempre più questa metodologia di lavoro. Il mondo dei professionisti in grado di cogliere la sfida, capendone i pregi e l’immenso potenziale, integrano il processo di progettazione con questi nuovi strumenti ormai già da anni. La complessità di progetti multidisciplinari come ospedali, centri ricerca, ma anche scuole con requisiti prestazionali all’avanguardia in termini di sostenibilità, rende quest’approccio imprescindibile.
Chi è ATIproject
Dal 2011, ATIproject lavora nel campo dell’architettura e dell’ingegneria, promuovendo un’edilizia ecocompatibile e a impatto zero. È una realtà internazionale, dinamica e in crescita, che conta circa 200 collaboratori, distribuiti in 6 sedi, di cui 2 in Italia (Pisa e Milano), e 4 all’estero (Belgrado, Odense, Parigi e Ginevra), specializzata in servizi di progettazione integrata che sviluppa in ambiente BIM i settori disciplinari del design architettonico, Mep e strutturale, a tutti i livelli di approfondimento progettuale. L’interdipendenza degli ambiti e l’approccio sinergico adottato, garantiscono il valore aggiunto e le conoscenze che caratterizzano il ventaglio dei servizi offerti. Settori di punta sono il Tender Management di appalti pubblici e privati e il Project Management delle fasi progettuali e realizzative. Strumenti avanzati per la gestione e l’analisi delle varie tipologie di commesse concorrono all’ottimizzazione delle risorse impiegate, aumentando le capacità previsionali e incidendo in modo sostanziale sulle aggiudicazioni dei bandi: nel complesso, oltre 250 appalti vinti, per un totale di 1,5 miliardi di euro e percentuali di aggiudicazione superiori al 40%. L’investimento dei clienti ne ha permesso il consolidamento a livello di partnership, con riflessi evidenti sull’evoluzione dell’azienda.
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ATIproject , BIM , Dalle Aziende
Last modified: 19 Maggio 2020