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Michela MorganteWritten by: Patrimonio

Grosse-Île, memoria della quarantena in Canada

Grosse-Île, memoria della quarantena in Canada

L’ex lazzaretto del principale approdo degli immigrati, soprattutto irlandesi, è oggi un apprezzato sito turistico del Québec

 

Grosse-Île, una piccola isola fluviale a 50 km da Québec City, è luogo sacro per la comunità irlandese internazionale dal 1909. Là fu eretta la grande croce celtica di granito (14 m), in memoria dei 5.000 immigrati fuggiti dalla Grande carestia di metà Ottocento e periti per tifo prima d’iniziare una nuova vita. Il complesso era stato istituito una decina d’anni prima, per il colera importato dai soldati britannici di ritorno dall’India. Una dozzina di grandi baracche in legno prefabbricate, di cui sopravvive a tutt’oggi il solo lazzaretto, nella zona orientale dell’isola destinata ai malati e prossima al villaggio degli addetti alle cure. Superato il posto di guardia si apriva il settore occidentale, con attracco e strutture d’accoglienza dei nuovi arrivati sotto osservazione.

Nei decenni a cavallo del Novecento si moltiplicano ospedali, abitazioni, cappelle, alberghi. Differenziando gli spazi per cattolici e per protestanti, distinguendo tra classi sociali. Le costruzioni si fanno via via di muratura e cemento armato. Ma a fine anni ’30 hanno già cessato le loro funzioni originarie. Dalla seconda guerra mondiale l’isola diventa presidio militare off limits, dove in piena guerra fredda si produce antrace per l’attacco biologico. Segue la sperimentazione di vaccini e l’isolamento di piante e animali d’importazione.

Pur riconosciuta bene storico a metà anni ’70, con la dismissione definitiva Grosse-Île diventa una sorta di città fantasma, degradata dai rigori del clima. Quando Canada Parks acquisisce il sito, a fine anni ’80, annuncia vaghe intenzioni di valorizzazione turistica (le altre 21 isole dell’arcipelago sono tutte private). Mossa che esporrà l’operazione al tiro incrociato delle associazioni di cultura irlandese. Il temuto “parco a tema” sembra materializzare le tesi di un nazionalismo revisionista, offensivo per i discendenti delle vittime tra i primi coloni.

 

La rinascita

Un accurato processo di consultazione pubblica rifonda a metà anni ’90, su nuove basi condivise, la prevista musealizzazione del complesso e il programma stesso di restauro. I primi interventi risalgono al 150° anniversario della Grande carestia, con un progetto firmato da Michel Dallaire, decano dei designer canadesi (ideò la fiaccola olimpica di Montréal 1976) e la consulenza di Dessau (quinta società di engineering del Paese). L’ex edificio disinfestazione diviene fulcro dell’esperienza di visita, negli stessi spazi del primo approdo all’epoca della quarantena. La costruzione a balloon frame rivestita da tavole “embricate” (clapboard), un classico del paesaggio rurale nordamericano, viene dotata di una robusta finitura, come prevede il piano di gestione del sito per la conservazione della materialità delle ultime testimonianze storiche. Negli interni si preserva l’immagine “industriale” (tubi zincati, carrelli su rotaie, grandi autoclavi), attraverso opere minimali (gli assiti lavati e non ridipinti) e inserimenti congrui per il consolidamento strutturale (pilastri d’acciaio e grigliati zincati). Ventilazione e deflusso delle acque sono studiati per rispondere alle maree quotidiane. L’intervento pilota si è guadagnato il Prix d’excellence dell’Ordine degli Architetti del Québec 1998 e un flusso estivo di 42.000 visitatori. Anche le strutture del lazzaretto sono state rinnovate con mano leggera, congelando all’esterno l’assetto degli anni ’30; e operando invece didatticamente all’interno, con un restauro di tipo “archeologico”. L’allestimento riflette spazialmente le stagioni di esercizio: l’assetto originario nella sezione est; l’ospedale novecentesco nel corpo centrale; la lotta al vaiolo, con gli ambienti tinti di rosso (antica prassi terapeutica), nella zona ovest. Numerosi interventi sono seguiti, nel 2009, per il centenario della Celtic cross; e ancora nel 2011, sulla scia di fondi governativi anti-recessione. E proseguono tuttora, consolidando Grosse-Île nel ruolo di apripista. La non lontana Partridge Island ha avviato recentemente un’esperienza analoga nel campo del cosiddetto “turismo genealogico”.

Autore

  • Michela Morgante

    Architetta, dottore di ricerca in Urbanistica, si occupa di storia urbana contemporanea. Ha insegnato “Storia della città e del territorio” e “Storia del paesaggio italiano” presso Conservazione dei Beni Culturali a Ravenna. Tra i temi indagati, in saggi su riviste e monografie: la tutela storico-artistica nella pianificazione delle città italiane tra Otto e Novecento, le dinamiche edilizie della ricostruzione post-bellica, l’infrastrutturazione del territorio per il governo delle acque, le politiche territoriali di area vasta. Le pubblicazioni più recenti riguardano la rappresentazione delle città d’arte italiane bombardate durante la Seconda guerra mondiale, in chiave di propaganda. Collabora con "Il Giornale dell'Architettura" dal 2004

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Last modified: 15 Aprile 2020