Visita alla mostra “Objects of Desire. Surrealism and Design 1924 – Today” al Vitra Design Museum
WEIL AM RHEIN (GERMANIA). Al Vitra Design Museum è tempo di una nuova grande mostra, “Objects of Desire. Surrealism and Design 1924 – Today” (fino al 19 gennaio 2020). All’interno degli spazi del museo di Frank Gehry prende forma un “viaggio surreale” per raccontare di “cose surreali”, ovvero di una delle correnti artistiche d’avanguardia più influenti del XX secolo che ha segnato anche l’architettura, il design e le arti decorative.
Fondato nel 1924 da André Breton, il Surrealismo divenne in breve tempo un movimento di portata internazionale a cui aderirono numerosi scrittori, artisti e cineasti. L’arte non è solo pura rappresentazione, non è solo l’incontro fortuito di oggetti, ma è anche il sogno, l’inconscio, il corpo, le ossessioni e quindi un modo di comunicare dell’individuo con il tutto. Senza confini disciplinari, il Surrealismo si manifesta con la pittura, la scultura, le opere su carta, la rilegatura di libri, i gioielli, le ceramiche, il vetro, i tessuti, i mobili, la moda, i film e la fotografia. Esso fonda la sua visione sul paradosso di ogni forma, sull’assurdità dell’esistenza, fa propria la spregiudicatezza dadaista e l’inquietudine della pittura metafisica. Nei mondi onirici da esso creati gli oggetti di uso quotidiano svolgono un ruolo importante: i bizzarri assemblaggi, da Marcel Duchamp a Salvador Dalí, diedero importanti impulsi anche al mondo del design.
«Objects of Desire» affianca quindi alle opere d’arte del Surrealismo oggetti di design, per metterne in evidenza parallelismi e rimandi. Fra gli importanti prestiti provenienti dal campo delle arti visive vi sono i dipinti «Il modello rosso» (1947/48) di René Magritte, «Mezza tazza gigante sospesa ad un inesplicabile pendaglio alto cinque metri» (1944/45) di Dalí e «Foresta, uccelli e sole» (1927) di Max Ernst, ma anche esempi di ready made come lo «Scolabottiglie» (1914) di Marcel Duchamp o il «Regalo» (1921) di Man Ray. Le opere di design esposte partono dagli anni ’30, come ad esempio il tavolo «Traccia» (1939) di Meret Oppenheim, e giungono fino alla contemporaneità.
La mostra si apre con una rassegna sul Surrealismo dagli anni ’20 ai ’50. La ricerca del potenziale narrativo degli oggetti ha influenzato sin dagli anni ’30 designer e architetti come Le Corbusier, ad esempio, nell’attico parigino da lui progettato (1929/31) per Carlos de Beistegui, uno dei più importanti collezionisti d’arte surrealista. Negli Stati Uniti, il movimento influenza designer come Ray Eames e Isamu Noguchi. Nel 1942 Friedrich Kiesler utilizzò le idee surrealiste sullo spazio per allestire gli interni della galleria di Peggy Guggenheim “Art of This Century” a Manhattan.
La seconda parte della mostra esamina il modo in cui i surrealisti analizzarono gli archetipi degli oggetti quotidiani e ne cambiarono il significato, e di come dopo il 1945 molti designer utilizzarono idee simili, come ad esempio i progetti di ready made di Achille Castiglioni o le opere del Radical Design italiano, fra cui i «Sassi» (1967/68) di Piero Gilardi o la poltrona «Capitello» (1971) di Studio65.
La terza parte della rassegna è dedicata ad amore, erotismo e sessualità, temi centrali per il Surrealismo. Nel secondo dopoguerra queste tematiche si fecero strada anche nell’architettura d’interni, come dimostrano gli allestimenti e gli arredi di Carlo Mollino o «Mae West Lips Sofa» (1938) di Dalì, più tardi trasformato da Studio65 in «Bocca» (1970). Nel mondo della moda svolse un ruolo pionieristico Dalí, il quale già negli anni ’30 collaborò con la stilista Elsa Schiaparelli realizzando copertine per riviste, pubblicità e motivi di tessuti. Infine, il legame con la psicoanalisi di Sigmund Freud, documentato con opere di Hans Bellmer, Wolfgang Paalen e altri, dimostra così come anche questi temi abbiano trovato spazio nel design, ad esempio negli oggetti di Gaetano Pesce, Maarten Baas o dello Studio Wieki Somers.
L’ultima parte dell’esposizione esplora l’interesse per l’arcaico, il casuale e l’irrazionale, per l’arte primitiva e per gli esperimenti con materiali e tecniche. Nel design si possono ritrovare motivi simili soprattutto dagli anni ’80, quando si fecero strada approcci sperimentali e i designer iniziarono a decostruire sia le forme che le tipologie degli oggetti. Un esempio è rappresentato dal divano «Pools & Pouf» (2004) di Robert Stadler, in cui un classico divano Chesterfield sembra sciogliersi come gli oggetti nei dipinti di Dalí. Approcci simili sono riconoscibili nel lampadario «Porca miseria!» (1994) di Ingo Maurer, che sembra esplodere. Riferimenti molto concreti a motivi surrealisti si trovano anche nel videoclip della canzone «Hidden Place» (2010) di Björk, in cui una lacrima scorre sul viso della cantante islandese, chiaro omaggio alla famosa fotografia di Ray «Lacrime di vetro» (1932).
Un dialogo, quello fra surrealismo e design, ancora oggi attuale, perché questo movimento ha prodotto alcuni degli oggetti più straordinari mai visti; così, le opere esposte dimostrano che il design degli ultimi cent’anni non si è occupato solamente di funzionalità e tecnologia, ma anche di realtà celate, di sogni, miti e ossessioni. Perché, come scriveva André Breton nel Manifesto del Surrealismo, “Il meraviglioso è sempre bello, anzi, solo il meraviglioso è bello”.
“Objects of Desire: Surrealism and Design 1924 – Today”
fino al 19 gennaio 2020
Vitra Design Museum
About Author
Tag
germania , mostre , vitra
Last modified: 23 Ottobre 2019