Visita al Museo Cantonale delle Belle Arti progettato da Barozzi e Veiga, all’interno del piano Plateforme 10 che prevede la riqualificazione del quartiere
Losanna è una città anziana. Sono pochi gli innesti contemporanei nella città densa e poche le trasformazioni a scala urbana. Il suo rinnovamento sociale è stato promosso soprattutto con interventi esterni, decentrati rispetto alla città, come l’insediamento universitario dell’EPFL a Ecublens.
La novità è il nuovo Museo Cantonale delle Belle Arti, prima ospitato nel neorinascimentale Palais de Rumine. Costruito di fianco alla stazione, in un’area che era occupata da depositi delle ferrovie, il museo sarà inaugurato il prossimo 5 ottobre. Appena ultimato, abbiamo avuto l’occasione di visitarlo nei due giorni di porte aperte (il 6 e 7 aprile scorsi) organizzati prima della lunga chiusura necessaria per l’allestimento. Il museo fa parte del progetto Plateforme 10, che prevede la formazione di un grande spazio pubblico intorno al quale insisteranno i due progetti, entrambi esito di un concorso: sul bordo della ferrovia, il museo progettato dallo studio Barozzi Veiga e, sul fondale dell’area, l’edificio ancora in cantiere progettato da Francisco e Manuel Aires Mateus, che ospiterà il museo della fotografia (Musée de l’Elysèe) e il museo del design e delle arti applicate (MUDAC). Il complesso sarà ultimato a fine 2021.
A prescindere dalla felicità del suo esito architettonico, Plateforme 10 è un’iniziativa di rigenerazione urbana importante, perché prevede di riqualificare il quartiere intorno alla stazione con un grande investimento in spazi per l’arte e non, come più di consueto, con attività commerciali. Losanna è una città universitaria e progetti come questo mirano a interpretarne il carattere con lungimiranza. Seguendo l’esempio delle città elvetiche più grandi, Zurigo e Ginevra, Losanna progetta di riconfigurare il futuro del suo centro urbano pensando a spazi capaci di attrarre l’interesse delle nuove generazioni e investendo in attività con un alto valore aggiunto culturale.
Il nuovo Museo Cantonale delle Belle Arti…
Si tratta di un parallelepipedo regolare di grandi dimensioni, lungo circa 150 metri e alto tre piani fuori terra. Quasi completamente cieco verso la ferrovia, mostra invece verso il vasto vuoto, che diventerà il nuovo spazio pubblico, un fronte segnato da una fitta sequenza di setti a tutta altezza, costruiti in mattoni di cotto di colore chiaro. I mattoni rivestono anche gli altri fronti, trattati invece con superfici lisce. La vista prospettica dei setti – per il visitatore che vi accede – diventa lentamente vista frontale e lascia scorgere le aperture che, tra un setto e l’altro, illuminano i primi due piani del museo, mentre l’ultimo piano è illuminato da lucernari zenitali.
Il gesto architettonico è semplice e chiaro, realizzato con un solo materiale. Il lungo fronte aperto è concepito per dialogare con lo spazio pubblico, mentre gli altri fronti sono muti, gerarchicamente secondari. Subito appare dichiarata la scelta figurativamente radicale di un edificio che cerca relazioni solo frontali. Il visitatore, che può accedere alla nuova piazza pedonale soltanto dalla stazione, si confronta con un prospetto laterale inespressivo, scoprendo – soltanto dopo avere varcato il confine del nuovo spazio pedonale – l’articolazione del suo contenuto attraverso la composizione delle aperture. Il museo progettato dai fratelli Mateus, invece, è situato più lontano, sul fondo della piazza e apparirà frontalmente.
La realizzazione dello spazio pubblico, ovviamente, sarà decisiva per valutare l’esito di Plateforme 10. Lo spazio triangolare sarà, infine, delimitato a nord dalle grandi arcate di contenimento della montagna, che ospiteranno spazi di ristoro e altre attività di servizio.
Il fronte opposto a quello dell’ingresso, verso la ferrovia, è caratterizzato dall’unica eccezione alla perfetta stereometria dell’edificio. La testata del capannone preesistente è incastonata, come un reperto archeologico, nella lunga facciata e, attraverso la sua grande finestra semicircolare illumina l’ingresso del museo. Quest’ultimo è uno spazio che rompe la separazione tra i tre piani dell’edificio, con una scalinata-seduta che accoglie i visitatori e li distribuisce verso le scale.
La distribuzione è semplice e chiara come il volume. Al piano terra sono ospitati i servizi di accoglienza e relativi alle attività collaterali, ai due piani superiori le sale espositive, tutte concepite secondo la figura del white box, l’allestimento più richiesto dai curatori museali di arte contemporanea. Pareti e plafoni bianchi, pavimenti in legno, luci ambientali a led e miste, all’ultimo piano, con la luce naturale, consentono d’installare le opere con libertà e senza limiti dimensionali.
È necessario attendere l’allestimento del museo e la definitiva apertura al pubblico per valutare la funzionalità dei percorsi e l’appropriatezza degli spazi, così come è necessario vedere la piazza pubblica attrezzata e il museo dei Mateus ultimato, per capire l’efficacia e l’intensità della presenza di questo episodio nella vita della città. Fin da ora possiamo affermare che si tratta di un episodio importante, che farà diventare la stazione ferroviaria ancora più centrale. Situata a confine tra la parte più antica e densa della città e i quartieri residenziali che si estendono fino alla riva del lago Lemano, all’incrocio con la linea metropolitana che ha costituito la vera innovazione degli ultimi anni, la stazione si trasformerà da luogo di transito a destinazione qualificante di molti visitatori.
Ultimo tra i progetti realizzati dallo studio di Barcellona, il museo di Losanna conferma la capacità di Barozzi e Veiga di affrontare il tema del museo e, più in generale, degli spazi per la cultura con sapiente controllo dimensionale e con la tendenza, che nelle prime opere non era evidente, a ridurre l’espressione formale.
… e la nuova sede del Grand Conseil
La fase di rinnovamento che Losanna sta inaugurando è testimoniata anche dalla nuova sede del Grand Conseil, il parlamento del Cantone di Vaud, di cui Losanna è la capitale. L’opera recentemente ultimata dall’Atelier Cube insieme ai barcellonesi Bonell & Gil è stata già illustrata dalle riviste più importanti, ma parlando della città vodese è necessario citarla, perché simboleggia, a partire dall’istituzione cantonale più importante, la scelta di attribuire all’architettura contemporanea – ed al metodo del concorso per la scelta dei progettisti – un ruolo rilevante nel progresso civile. Rispetto al museo di Barozzi e Veiga si tratta di un piccolo progetto, che indica tuttavia come la questione della relazione tra le preesistenze storiche e monumentali e l’architettura contemporanea rimanga ovunque centrale nella ricerca e possa avere un esito molto positivo.
About Author
Tag
concorsi , musei , rigenerazione urbana , svizzera
Last modified: 24 Aprile 2019