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Arianna PanarellaWritten by: Design Reviews

Il design politico e sociale di Victor Papanek

Il design politico e sociale di Victor Papanek

Al Vitra Design Museum la prima grande retrospettiva dedicata al pioniere del design alternativo

 

WEIL AM RHEIN (GERMANIA). Il Vitra Design Museum ospita la prima grande retrospettiva dedicata a Victor J. Papanek (1923-1998). Considerato un pioniere del design alternativo, antropologo, attivista, scrittore e insegnante, Papanek ha dato vita, a partire dagli anni ’60, ad una nuova concezione del design, sviluppando un atteggiamento critico nei confronti del consumismo e diventando uno dei più influenti personaggi, precursore di un approccio sociologico ed ecologicamente orientato.

Nato a Vienna, nel 1932 scappa negli Stati Uniti per sfuggire alle persecuzioni dei nazionalsocialisti e diventa preside della Scuola di Design presso il California Institute of the Arts. Ha scritto numerosi libri sul design, tra cui Design for the Real World (1972), uno dei suoi libri più celebri tradotto in molte lingue, Nomadic Furniture (1973), Nomadic Furniture Two (1974), How Things Do not Work (1977), Design for Human Scale (1983) e Viewing the World Whole (1983). Come membro di società di design in tutto il mondo, ha superato le barriere nazionali e culturali; i suoi pensieri sull’inclusione, la giustizia sociale e la sostenibilità risultano ancora attuali nel dibattito contemporaneo.

Oltre ai pensieri, il suo modo di vedere si rispecchiò concretamente anche in progetti che sviluppava con studenti o collaboratori, come televisori e radio per i paesi africani, vetture elettriche; o come l’oggetto Fingermajig” (1965), un gioco per bambini atto a stimolare il senso del tatto, o la serie Living Cubes” (1973), una struttura che poteva essere montata autonomamente per arredare l’ambiente a seconda delle proprie esigenze e che permetteva di “ignorare” completamente l’appartamento esistente.

L’esposizione al Vitra Design Museum racconta in maniera completa la vita e l’opera di Papanek con un percorso diviso in quattro sezioni. Nella prima, una grande istallazione con immagini e proiezioni introduce le sue tesi nel contesto dell’epoca. La seconda parte è una lettura biografica che ripercorre in modo puntuale attraverso taccuini, lettere, mobili, oggetti, disegni, stampe, libri, con documenti mai mostrati prima al pubblico la vita di Papanek dalla fuga dall’Europa fino al successo internazionale. Il percorso espositivo, curatissimo e preciso nelle informazioni, come ormai ci ha abituato questa celebre istituzione, prosegue con una sala dove vengono approfonditi i temi principali del lavoro di Papanek: la sua critica fondamentale al consumismo, la preoccupazione per le minoranze sociali, il suo impegno per gli interessi di ciò che allora era definito “terzo mondo”, per l’ecologia e la sostenibilità così come per la “cultura del fare”, vale a dire della concezione e produzione con mezzi propri che prende spunto dal movimento Do it yourself” degli anni ’60. Esposti molti disegni di Papanek, dei suoi studenti e di altri collaboratori, come per esempio quelli della designer danese Susanne Koefoed che nel 1968 sviluppò, in veste di studentessa di Papanek, il primo simbolo internazionale di accessibilità (International Symbol of Access). Nell’ultimo spazio il racconto della figura di Papanek si conclude con la selezione di 20 opere contemporanee che conducono le tesi di Papanek nel XXI secolo. Le opere sono state realizzate, tra gli altri, da Catherine Sarah Young, Forensic Architecture, Jim Chuchu, Tomás Saraceno, Gabriel Ann Maher e dal collettivo brasiliano Flui Coletivo e Questtonó. Anche queste opere affrontano temi complessi come il cambiamento climatico globale, l’identità di genere, il nostro comportamento consumistico o la realtà economica dei movimenti migratori, dimostrando così quanto continuino ad essere importanti le questioni che Papanek si pose già negli anni ’60.

Dunque, una retrospettiva importante, che descrive questa storica figura del design e che sottolinea l’importanza del design anche come strumento politico/sociale e non solo come processo per veicolare forme. Ecologia, ambiente, società, uomo, sono ancora parole chiave del dibattito dopo quasi sessant’anni e, forse, si sta facendo ancora troppo poco.

Immagine principale: © Norbert Miguletz (www.design-museum.de)

Victor Papanek: The Politics of Design

29 settembre 2018 – 10 marzo 2019

Vitra Design Museum

Charles-Eames-Straße 2 Weil am Rhein/Basel

Autore

  • Arianna Panarella

    Nata a Garbagnate Milanese (1980), presso il Politecnico di Milano si laurea in Architettura nel 2005 e nel 2012 consegue un master. Dal 2006 collabora alla didattica presso il Politecnico di Milano (Facoltà di Architettura) e presso la Facoltà di Ingegneria di Trento (Dipartimento di Edile e Architettura). Dal 2005 al 2012 svolge attività professionale presso alcuni studi di architettura di Milano. Dal 2013 lavora come libero professionista (aap+studio) e si occupa di progettazione di interni, allestimenti di mostre e grafica. Dal 2005 collabora con la Fondazione Pistoletto e dal 2013 con il direttivo di In/Arch Lombardia. Ha partecipato a convegni, concorsi, mostre e scrive articoli per riviste e testi

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Last modified: 7 Novembre 2018