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Silvia MazzaWritten by: Città e Territorio

Sicilia, salvi i Piani paesaggistici

Sicilia, salvi i Piani paesaggistici

Sancita l’illegittimità costituzionale della norma che avocava al Governo regionale la valutazione di compatibilità di un’opera pubblica con la tutela paesaggistica. Ma ci sono nuovi tentativi di politicizzare le decisioni tecniche

 

Con la sentenza 172/2018 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità (art. 9 e 117) di quell’articolo 48 introdotto dal governo Crocetta con la Legge di stabilità 2017 che per la valutazione di compatibilità di un’opera pubblica con le norme di tutela paesaggistica prevedeva di trasferire all’organo politico, la Giunta di governo, decisioni spettanti esclusivamente agli organismi «tecnici». I giudici hanno sancito, al contrario, l’«indispensabilità della partecipazione» di questi ultimi nel procedimento di valutazione. Hanno ritenuto fondati, inoltre, altri due profili di illegittimità. In ordine al primo, «con riferimento ad opere qualificate come di pubblica utilità – si legge –, la norma impugnata esclude che dal Piano possano derivare divieti assoluti di intervento; e ciò contrasta, evidentemente, con la finalità principale del Piano paesaggistico che è, appunto, quella della tutela dell’interesse primario alla conservazione del paesaggio». Illegittima anche l’altra previsione che «le opere che abbiano già ricevuto nulla osta, pareri favorevoli o autorizzazioni prima della data di adozione dei singoli Piani paesaggistici territoriali, possano essere realizzate nel rispetto dei tempi, delle forme e delle modalità previste in questi atti, senza necessità di ulteriori valutazioni».

L’articolo della legge siciliana, secondo i giudici, è anche in contrasto con il Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.lgs 42/2004), in particolare con l’art. 146, secondo cui «l’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti gli interventi urbanistico-edilizi, sia con il successivo comma 5, il quale stabilisce che il parere del soprintendente venga reso nel rispetto delle previsioni e delle prescrizioni del Piano paesaggistico»; e in quanto lo stesso articolo 146 riserva il controllo della tutela paesaggistica alla competenza tecnico-scientifica degli uffici amministrativi ad essa preposti, «ai quali soltanto spetta di compiere la verifica concreta di conformità tra l’intervento progettato e le disposizioni del Piano paesaggistico, individuando la soluzione più idonea a far sì che l’interesse pubblico primario venga conseguito con il minor sacrificio possibile degli interessi secondari». In contrasto anche con l’art. 143, che «nello stabilire i contenuti del Piano paesaggistico, non prevede limitazioni della portata dei vincoli derivanti da esso».

Viene sottolineato, peraltro, che le disposizioni di cui ai due menzionati articoli del Codice sono state «qualificate come norme di grande riforma economico-sociale che anche le Regioni a statuto speciale debbono osservare». Per i giudici costituzionali la norma, infatti, è in contrasto anche con lo Statuto della Regione. L’art. 14, infatti, sebbene affidi alla Regione legislazione esclusiva in materia di tutela del paesaggio, stabilisce che sia esercitata nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato e nel rispetto delle norme fondamentali delle riforme economico sociali della Repubblica.

La sentenza rappresenta una vittoria di Legambiente Sicilia, che aveva richiesto al presidente del Consiglio dei ministri l’impugnazione dell’articolo d’innanzi alla Corte Costituzionale. Gianfranco Zanna, presidente regionale dell’Associazione, ha commentato così: «Avevamo già salutato come una vittoria l’accoglimento della nostra richiesta d’impugnazione di una norma sbagliata, pericolosa, scritta anche talmente male che sarebbe stata comunque inapplicabile in Sicilia. Con questa sentenza ora possiamo dire di aver sconfitto i cementificatori, quelli che vogliono operare senza regole, coloro i quali non sono ancora contenti delle tante ferite subite dal nostro paesaggio».

 

La Sicilia recepisce la Legge Madia e va oltre

Ma mentre alla Regione adesso non spetterebbe altro che procedere celermente nel completamento della pianificazione (del 3 ottobre è l’approvazione del Piano paesaggistico di Ragusa e l’adozione di quello di Catania – nella foto di copertina, una veduta della città con lo sfondo dell’Etna; per un quadro dell’attuale distribuzione a macchia di leopardo si veda il nostro approfondimento), si riprova, invece, di nuovo a trasferire alla politica il potere decisionale su questioni tecniche.

Il disegno di legge con cui la Regione Siciliana recepisce la Legge Madia sulla riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, approvato dalla Giunta il 19 settembre scorso, sposta, infatti, l’ultima parola dalle conferenze dei servizi, istituti previsti dalla legislazione per semplificare l’attività della amministrazione, alla Giunta stessa. Poniamo il caso di richiesta di permessi edilizi da parte di un privato cittadino: se il terreno in questione è sottoposto a vincoli paesaggistici o archeologici, il Comune non può concedere l’autorizzazione in autonomia ma deve obbligatoriamente convocare altri enti, tra cui, in questo caso, proprio la Soprintendenza. In caso di dissenso il privato, che già prima poteva ricorrere al Tar, stando al disegno di legge può proporre opposizione alla Giunta regionale.

L’illegittimità costituzionale anche di questa nuova normativa sembra evidente. Infatti, nella sentenza di cui sopra si legge che «la Corte ha anche sottolineato che il legislatore statale, tramite l’emanazione di tali norme (art. 143 e 146 del Codice, ndc.), conserva il potere, nella materia “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s, della Costituzione, comprensiva tanto della tutela del paesaggio quanto della tutela dei beni ambientali o culturali […] di vincolare la potestà legislativa primaria delle Regioni a statuto speciale, così che le norme qualificabili come “riforme economico-sociali” si impongono al legislatore di queste ultime». La partita dovrebbe essere finita ancora prima di cominciare.

 

 

Autore

  • Silvia Mazza

    Storica dell’arte e giornalista, scrive su “Il Giornale dell’Arte”, “Il Giornale dell’Architettura” e “The Art Newspaper”. Le sue inchieste sono state citate dal “Corriere della Sera” e dal compianto Folco Quilici nel suo ultimo libro Tutt'attorno la Sicilia: Un'avventura di mare (Utet, Torino 2017). Dal 2019 collabora col MART di Rovereto e dallo stesso anno ha iniziato a scrivere per il quotidiano “La Sicilia”. Dal 2006 al 2012 è stata corrispondente per il quotidiano “America Oggi” (New Jersey), titolare della rubrica di “Arte e Cultura” del magazine domenicale “Oggi 7”. Con un diploma di Specializzazione in Storia dell’Arte Medievale e Moderna, ha una formazione specifica nel campo della conservazione del patrimonio culturale. Ha collaborato con il Centro regionale per la progettazione e il restauro di Palermo al progetto europeo “Noè” (Carta tematica di rischio vulcanico della Regione Sicilia) e alla “Carta del rischio del patrimonio culturale”. Autrice di saggi, in particolare, sull’arte e l’architettura medievale, e sulla scultura dal Rinascimento al Barocco, ha partecipato a convegni su temi d’arte, sul recupero e la ridestinazione del patrimonio architettonico-urbanistico e ideato conferenze e dibattiti, organizzati con Legambiente e Italia Nostra, sulle criticità dei beni culturali “a statuto speciale”, di cui è profonda conoscitrice.

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Last modified: 8 Ottobre 2018