Per la prima volta a Venezia una mostra-evento esalta l’artigianato europeo e le sue eccellenze. Un panorama eterogeneo che narra il mondo del lusso (ma colto) e l’abilità manuale come valore
“In un mondo dove le macchine causano quotidianamente l’eliminazione di posti di lavoro e l’intelligenza artificiale sta trasformando le nostre vite, diviene sempre più urgente riconoscere che il talento umano, unico e irripetibile, è in grado di generare equilibrio e bellezza”
(Johann Rupert, presidente di Michelangelo Foundation)
VENEZIA. Sui banchi di scuola, sulla scorta del Linnaeus, abbiamo imparato a conoscere l’Homo habilis, l’Homo erectus, l’Homo neanderthalensis e, infine, l’Homo sapiens, con il quale abbiamo sperato finissero le nostre fatiche. Molti anni dopo emerse dai ghiacci l’Homo tirolensis e con il simpatico Oetzi ci fu subito sintonia. Ora, in una soleggiata mattina di settembre, abbiamo scoperto l’Homo faber e non in un luogo qualunque bensì a Venezia, sull’Isola di San Giorgio Maggiore, ove la Fondazione Cini ha aperto le proprie porte, completamente e per tutti, per la prima volta in 70 anni.
La rassegna “Homo Faber” (fino al 30 settembre), evento che esalta l’artigianato europeo e le sue eccellenze, si presenta al pubblico con un intento ambizioso: crafting a more human future, preparare un futuro migliore, più umano, con l’ausilio del talento, della passione e della creatività di straordinari uomini che producono con le loro mani oggetti d’autore. Questi uomini sono i maestri d’arte che Giovanni Bazoli, presidente della Fondazione Giorgio Cini, nell’intervento inaugurale ricorda alla base dell’idea partita da Cesare de Michelis e Michela Bassetti e realizzata da Michelangelo Foundation con partner come Fondazione Cologni dei Mestieri d’arte, Fondation Bettencourt Schueller e la collaborazione di istituzioni come Triennale Design Museum.
Per Johann Rupert, presidente di Michelangelo Foundation, alla base dell’iniziativa vi è anche una visione politica e sociale positiva volta a risolvere le iniquità del mondo nate dall’ultima grande crisi finanziaria, grazie anche all’esaltazione della qualità del lavoro manuale. Se – come è stato detto nel corso della presentazione – gli esseri umani stanno tutti in un cubo di 1,5 km di lato ma consumano tutte le risorse del pianeta, è necessaria una presa di posizione e una risposta. Per questo motivo “Homo Faber” è l’inizio di un percorso e di un network internazionale, articolato, volto a mettere i maestri d’arte in connessione e a dare loro visibilità, appunto perché l’alto artigianato è un bene dell’umanità. Già si pensa quindi alla prossima edizione (che sarà aperta al mondo in una visione globale dell’artigianato) e si tratteggia una manifestazione biennale nel solco delle Biennali lagunari.
Nel mentre sull’Isola di San Giorgio si vola altissimo, e giustamente, convinti che si possa modellare un futuro più umano. Ma dato che viviamo tutti alla luce del mondo non dobbiamo dimenticare che questa prima edizione non sarebbe stata possibile senza il fondamentale contributo del gruppo Richemont (presieduto dallo stesso Rupert), tanto discreto ed elegante nell’apparire quanto fondamentale nel contribuire. È quindi uno sguardo interessato, questo, che promuove i propri valori e con essi i propri prodotti, ma, proprio perché questi valori sono positivi, perché non dare supporto e l’adesione a iniziative consimili? Nelle 16 sezioni di “Homo Faber” s’incontra il mondo del lusso, ma è un lusso colto, un luxus fondato sui valori dell’uomo, del saper fare, della qualità e con essi della pace e della giustizia sociale. Di questi tempi non è poco.
Che l’uomo sia “faber” si riconosce in mostra anche dagli ambassadors col grembiule pronti ad aiutarti a comprendere meglio ciò che vedi: 105 giovani selezionati dalle scuole di design del mondo che rappresentano gli homines fabri del futuro. Nota di costume: apprezzatissimo il grembiule, molti chiedono dove si compri, i più raccomandati sono riusciti ad averne uno da portare a casa. Un homo faber dunque che non cade vittima del suo destino come quello di Max Frish ma che anzi diventa homo artifex come nella visione di Richard Sennet, un homo faber fortunae suae, un artigiano artefice della propria sorte nel quale si uniscono conoscenza materiale e abilità manuale.
Nell’antico convento dell’isola veneziana si torna a lavorare seguendo la regola benedettina dell’ora et labora rivista alla luce delle capacità dell’homo faber. Vale la pena di venire a veder come.
Un’unica mostra articolata in 16 sezioni
Appunti di visita da spazi scelti
Creativity & Craftmanship – Designer e maestri
L’interno degli oggetti si disvela con la regia di Michele De Lucchi sotto profondi tronchi di coni che, sospesi nello spazio assoluto del refettorio dominato dal Veronese – le Nozze di Cana in originale digitale – così riscoperto, valgono da soli il viaggio in laguna.
Fondation Bettencourt Schueller
Un’architettura di terra pressata più bella di una pietra. Già dall’ingresso intravedi la magica materia dell’allestimento e ti chiedi cosa possa essere. Entri e non puoi non toccare: una superficie vellutata ti convince subito che i piccoli buchi che t’incuriosivano da lontano non erano quelli di un travertino mai visto bensì l’apparato respiratorio di una terra dal colore bellissimo che, pressata, diventa materiale da costruzione. La seduzione è tale che si fa molta fatica a trovare la concentrazione sui contenuti pur interessanti.
Singular Talents – Talenti rari
La forza del cortometraggio sottolineata da una grande mano che scende dal cielo ci fa entrare in dodici straordinari atelier. Prendere posto seduti e guardare con calma.
Centuries of Shape – Evoluzione della forma
La galleria al primo piano del corpo principale da sola basterebbe a resistere alla tentazione di rimanere ad ammirare la scala monumentale che abbiamo dovuto affrontare per salire. La collezione curata da Triennale Design Museum e ben allestita da Alessandro Pedron nella biblioteca del Longhena ci porta a riflettere su quanta creatività e sapienza ci possa essere in un vaso, qui moltiplicato a tracciare una storia della forma dall’inizio del ‘900 ad oggi.
Best of Europe
Isole affollate su un mare nero di creatività (in)consapevole. Quella pensata da Jaean Blanchaert e Stefano Boeri è la più teatrale della stazioni del percorso sull’Isola di San Giorgio. Teli neri, specchi, proiettori, trasformano lo spazio in una rappresentazione di un numero tale di pezzi tale che riesce, superando l’individualità, a diventare coralità in un’ode alla creatività.
Workshop Exclusives – Mestieri in movimento
In una sorta di garage i mezzi di trasporto si mostrano fra industria e finitura artigianale. Un po’ per sognare, un po’ per tornare bambini e giocare con modellini terribilmente reali.
Fashion inside and out – Nelle trame della moda
In una pregevole architettura degli anni ‘60 una piscina, orfana di un dipinto di David Hockney, ospita Judith Clark che mette in scena un potente complesso in simil larice portandoci sotto il livello dell’acqua che non c’è più. Raffinate sagome vestite da abiti che sembrano fuori tempo assistono lievi allo spettacolo del pubblico che si aggira riuscendo con successo a capire e ad apprezzare.
Restoring Art’s Masters – Restaurando
Un vero laboratorio, veri tavoli, veri strumenti, vere opere, veri restauratori al lavoro: all’insegna della verità un semplice ed efficace allestimento mette in scena la quinta essenza di questa manifestazione, il lavoro dell’uomo volto a conservare e preservare il nostro patrimonio storico artistico.
Discovery and Rediscovery – Scoprire e riscoprire
Un piccolo mercato di oggetti sopraffini plasmati da mani sapienti. Anche Homo Faber ha la sua piazza del mercato ma qui non si compra niente, anzi viene donata la visione di pezzi raffinatissimi che, dai ricami agli orologi, dai ventagli ai vetri, dai legni alle porcellane dipinte, vengono lavorati da mani esperte e bellissime. Attenzione perché qui ci si può innamorare e trascorrere la giornata a parlare con tutti i rappresentanti, sempre gentili e disponibili, delle venti case del lusso presenti. E se non vi basta si può anche ammirare un van Dick ben illuminato.
Eilean
Basta togliersi le scarpe e si prova il fascino di una crociera durante i magici anni ‘30: i piedi a calcare il meraviglioso deck, le mani ad accarezzare gli ottoni, gli occhi indecisi se ammirare i mogani o se scrutare la laguna, il tutto reso possibile dalla maestria degli artigiani di Viareggio ai quali si deve il magnifico restauro.
Imaginary Architecture – Architetture immaginarie
Creatività indiana, specchi di Murano, mosaici di Spilimbergo, pareti in rattan: un interno di eccezione firmato da India Mahdavi.
Infine: l’immagine che ci portiamo a casa e nella mente? Quella della giovane ricamatrice le cui mani affusolate fanno passare il filo nel tessuto, a seguire un sinuoso disegno, con un’abilità che non pare umana tanto lo è.
Immagine di copertina: la cerimonia di apertura di Homo Faber. Crafting a more human future. Fondazione Giorgio Cini, Isola di San Giorgio Maggiore, Venezia, 12 settembre 2018 (© Michelangelo Foundation)
Homo Faber. Crafting for a more human future
14-30 settembre 2018 ♦ Fondazione Giorgio Cini, Isola di San Giorgio Maggiore, Venezia ♦ info e ingresso libero previa registrazione sul sito homofaberevent.com
Organizzazione
Michelangelo Foundation for creativity and craftsmanship ♦ Sotto l’alto patrocinio del Parlamento Europeo
Main partner
Fondazione Cologni dei Mestieri d’arte ♦ Fondation Bettencourt Schueller ♦ Fondazione Giorgio Cini ♦ Triennale Design Museum
About Author
Tag
allestimenti , Fondazione Giorgio Cini , mestieri , mostre , venezia
Last modified: 18 Settembre 2018