Report dalla capitale del Perù, tra vacuità della pianificazione e forti squilibri sociali. Eppure, qualche gemma architettonica e segnali di cura del patrimonio aprono spiragli di speranza
Lima si affaccia sul Pacifico dall’alto di un costone roccioso che, da nord a sud e per oltre sessanta chilometri, segna l’unico vero limite alla continua crescita della capitale peruviana. Infatti, dal mare verso l’interno desertico, la città si allarga a macchia d’olio e infilandosi tra le pieghe delle prime propaggini andine diventa, oggi, una conurbazione da 9,5 milioni di abitanti; esattamente il triplo di quelli censiti nel 1970. Impressionante il dato sulla superficie urbanizzata, aumentata di circa 200 volte dal 1910 al 2010. D’altra parte, quella che chiamiamo Lima è, in realtà, una regione metropolitana divisa in 10 province e 50 municipi, ciascuno con il suo regolamento edilizio ispirato dall’urgenza di attrarre investitori privati, utili per le casse pubbliche e per le campagne elettorali.
La pianificazione
È ridotta a mero rituale. Potremmo dire che l’unico piano davvero vigente, nel senso che ha formato la città e la condiziona tuttora, è il Plan piloto de la gran Lima, allorché nel 1948 si volle dare una prima risposta al tema dell’emergenza abitativa e pianificare le zone industriali e direzionali. Nè il Plan de desarrollo metropolitano disegnato a fine anni ’70 per rispondere all’ondata migratoria causata dal terrorismo di Sendero Luminoso, nè quello successivo degli anni ’90, hanno apportato modifiche sostanziali.
Aveva, invece, grandi ambizioni la sindaca Susana Villarán quando nel 2012 promosse il piano strategico metropolitano, il PLAM 2035, dalla cui relazione introduttiva apprendiamo che Lima avrebbe dovuto essere una città “giusta e includente”, “creativa”, “sostenibile e resiliente”, “compatta, integrata e policentrica” e molto altro ancora. Peccato che la sua coordinatrice, l’architetta Karina Puente Frantzen, abbia recentemente dichiarato già fallito il tentativo.
La mobilità
Difficilmente avrà miglior esito il piano regolatore della mobilità che traguarda al 2025, una data troppo ravvicinata per gli obiettivi che si pone, ambiziosi e costosi: circa 2,5 miliardi di dollari per mettere mano alla rete viaria, in parte ancora non asfaltata; 2 miliardi per costruire quattro linee di metropolitana – oltre quella già attiva -; quasi un miliardo per riordinare il sistema dei trasporti su gomma, ancora basato prevalentemente sul “Metropolitano” – autobus in sede protetta sull’esempio del TransMilenio di Bogotá – e su un caotico sistema di bus e microbus.
Così la città è strangolata dal traffico, causato anche dall’incessante viavai degli oltre 200.000 taxi, e alle prese con gli effetti dello scandalo Odebrecht – la multinazionale brasiliana delle costruzioni – che ha portato alla paralisi dei cantieri oltre che alle recenti dimissioni del presidente Pedro Pablo Kuczynski.
Abitare ai margini (senza dignità)
Il traffico tentacolare di Lima è, ancor prima, una diretta conseguenza della sua crescita incontrollata e della proliferazione di sconfinati quartieri caratterizzati da informalità e precarietà. I conos, in particolare quello a nord dove, in un reticolo di case di terra grigia, si ammassano circa 1,5 milioni di persone, e le barriadas – quartieri abusivi costruiti in cartone e lamiera – che s’insinuano nelle pieghe della città consolidata diventando scenario d’inauditi conflitti sociali. Sulla collina di San Juan de Miraflores gli abitanti del ricco condominio de Las Casuarinas hanno costruito un muro di “protezione” che, di fatto, divide chi non ha acqua potabile da quelli che ci riempiono le piscine.
Il fenomeno delle barriadas e dell’autocostruzione esplose negli anni ’50, con una forte vocazione politica che si traduceva nella richiesta di lavoro e diritti sociali oltre che di una casa, e trasformò Lima in una realtà policentrica priva d’infrastrutture. Solo nel 1966 il presidente Fernando Belaúnde, architetto, chiamò il collega inglese Peter Land per pianificare un programma ispirato alle esperienze europee di social housing. Nacque così il Proyecto Experimental de Vivienda (PREVI), un quartiere, poi costruito nel 1973 con la partecipazione di James Stirling, Charles Correa, Christopher Alexander, Fumihiko Maki, Kisho Kurokawa e German Samper. A loro fu chiesto di reinterpretare il tipo della casa a corte prevedendo successivi ampliamenti o addizioni da parte degli abitanti: Elemental!
Lo spazio pubblico
Purtroppo, quarant’anni dopo, l’obiettivo di “insegnare” alla popolazione modelli efficienti di autocostruzione è ancora affidato ad iniziative sporadiche; e sono poche anche quelle utili a promuovere i concetti di bene e spazio pubblico cui, comunque, si dedica incessantemente il movimento Lima como vamos che promuove iniziative di cittadinanza attiva. Nello stesso tempo il Lima Design Network si prodiga nella promozione di concorsi, come quello per il disegno di un parco lungo il fiume Rimac, e si fa strada il movimento di legittimazione delle pampas urbanas, termine con cui l’architetto Willey Ludeña ha definito gli spazi verdi, spesso marginali o abbandonati che, nel tempo, vengono frequentati e adottati come spazio pubblico.
Grandi eventi
Nel frattempo le istituzioni sono impegnate nelle grandi manovre per i Giochi Panamericani del 2019, un’altra occasione persa. Aggiudicati nel 2013 e accompagnati dall’immancabile Plan maestro de Lima 2019, l’organizzazione è rimasta ferma fino agli inizi del 2017 quando il Parlamento chiese a Kuczynski di rinunciare ai Giochi e destinare i finanziamenti alla ricostruzione delle regioni settentrionali del Perù devastate dal Niño. Invece il presidente assegnò l’incarico di gestire i cantieri ad un pool di società britanniche ma, ciononostante, i lavori proseguono a rilento e tra crescenti polemiche per la consueta lievitazione dei costi, in particolare della Villa Panamericana, cioè le tremende torri dove saranno alloggiati gli atleti.
Architettura
Villa Panamericana a parte, per vedere un buon progetto bisogna frequentare le zone più ricche di San Isidro – da citare l’edificio per appartamenti Atenea progettato da Sharif Kahatt e Marta Morelli con una forte valenza comunitaria -, oppure spostarsi sulla costa dove, ai margini del distretto di Miraflores, troviamo l’imponente ed ermetica sagoma in cemento armato del Lugar de la Memoria (LUM), un museo inaugurato a fine 2015 su progetto dello studio Barclay&Crousse, e che avrebbe dovuto celebrare la riconciliazione del popolo peruviano a lungo ostaggio di un sanguinoso conflitto armato (oltre 69.000 morti) tra i guerriglieri di Sendero Luminoso, i Túpac Amaru e l’esercito che, soprattutto durante la presidenza di Alberto Fujimori, fu protagonista di stragi efferate. Poco lontano il Campus UTET progettato dallo studio irlandese Grafton Architects insieme ai locali Shell Arquitectos: un edificio pluridecorato che si sviluppa in verticale ispirandosi alla conformazione della costa.
Patrimonio storico
Infine, va sottolineata la crescente attenzione al patrimonio storico, in particolare per le Huacas preincaiche, vere e proprie cittadelle piramidali, e il rilancio di alcuni musei, su tutti il Museo di arte di Lima (MALI) con il concorso per l’ampliamento vinto dagli spagnoli Burgos & Garrido Arquitectos Asociados insieme ai locali LLAMA Urban Design, il cui progetto è caratterizzato dai grandi e colorati alberi di Jaracandas e da un generoso spazio aperto che evoca la tradizione del patio limeño.
Interessante anche la riqualificazione in atto nei distretti di Barranco, colorato quartiere bohémien, e del centro storico del Callao, praticamente semi-abbandonato dalla crisi degli anni ’80 che aveva colpito l’economia del porto da cui dipendeva. Qui, tra i punti di svolta, l’edizione 2015 di Casa Cor, manifestazione dedicata al disegno d’interni, organizzata in alcuni edifici storici finanziandone il restauro e facendo da volano ad altre iniziative di recupero.
Tu chiamale, se vuoi, eccezioni, ma sono quei segnali in controtendenza che lasciano sperare in un futuro diverso. Anche qui a Lima.
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america latina , ritratti di città
Last modified: 13 Agosto 2018
[…] gli altri – uno dei progettisti scelti da Peter Land per disegnare, nella periferia nord di Lima, il PREVI (“Proyecto Experimental de Vivienda”), ancora oggi il più grande e riuscito […]