In occasione del congresso dell’International Committee for the Conservation of the Industrial Heritage, una mostra curata da Massimo Preite e Gabriella Maciocco presso l’Istituto Italiano di Cultura a Santiago del Cile
Le vestigia delle passate attività industriali in Italia (miniere, fabbriche, centrali elettriche, infrastrutture di trasporto, villaggi operai, ecc.) hanno tardato, rispetto ad altri paesi, ad essere percepite come testimonianze culturali da proteggere e come patrimonio da riconvertire. A questo ritardo, e alle conseguenze lesive che ne sono derivate, è imputabile, in buona misura, lo scarto quantitativo del nostro patrimonio industriale rispetto a quello che altri paesi europei, di più precoce industrializzazione (su tutti Regno Unito, Germania e Francia), sono riusciti a preservare e valorizzare. Nonostante questo divario, le esperienze italiane di riqualificazione e recupero di siti industriali dismessi si segnalano per una loro originalità, sia per quanto riguarda la capacità di reinterpretarli assegnando loro nuove destinazioni, sia per quanto riguarda la qualità architettonica degli interventi di trasformazione.
Sulla base di questa convinzione è nata la mostra “Fabbriche ritrovate: patrimonio industriale e progettazione architettonica in Italia” (14 settembre – 27 dicembre 2018), promossa dall’Istituto Italiano di Cultura di Santiago del Cile e TICCIH Cile in concomitanza con il congresso di The International Committee for the Conservation of the Industrial Heritage (TICCIH) in programma nella capitale cilena (13-14 settembre).
La mostra, curata da Massimo Preite (TICCIH Italia) e Gabriella Maciocco (Associazione italiana per il patrimonio archeologico industriale, AIPAI) con la collaborazione di Luca Gibello (Il Giornale dell’Architettura.com), propone una selezione di progetti di riconversione di siti industriali abbandonati e fabbriche dismesse. In particolare, l’attenzione è puntata su quelli dove è stato raggiunto un maggiore equilibrio tra la conservazione della memoria storica dei luoghi e il loro adattamento a nuove funzioni.
La mostra si articola in tre sezioni corrispondenti ad altrettante chiavi di lettura: la prima sezione, dedicata alle grandi aree urbane (Milano, Torino, via Emilia, Roma-Ostiense e Venezia), offre una panoramica del ruolo svolto dal patrimonio industriale considerato nel suo insieme (e non per interventi singolari) nei processi di rigenerazione urbana di alcune delle principali città italiane; la seconda sezione, attraverso una videoproiezione di slide, mette a confronto le immagini degli impianti industriali prima e dopo gli interventi di trasformazione, al fine di valutarne l’impatto; la terza sezione raggruppa le esperienze di recupero sulla base delle nuove funzioni assegnate agli ex opifici (musei, università, scuole, residenze, ecc.), evidenziandone la grande flessibilità per ospitare attività spesso radicalmente diverse da quelle originariamente concepite.
La mostra è stata ufficialmente inserita dal Ministero per i beni e le attività culturali nel calendario ufficiale delle manifestazioni per la celebrazione dell’Anno europeo dei beni culturali 2018.
Immagine di copertina: Studio OMA, trasformazione dell’ex distilleria Società Italiana Spiriti in sede della Fondazione Prada a Milano (2015-2018)
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Last modified: 13 Agosto 2018