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Ancora sul concorso del Centro Piacentiniano di Bergamo

Ancora sul concorso del Centro Piacentiniano di Bergamo

L’assessore alla Riqualificazione Urbana del Comune di Bergamo Francesco Valesini scrive al direttore del Giornale dell’Architettura in merito al contenuto dell’editoriale pubblicato nella newsletter dell’8 febbraio. La lettera e la risposta di Luca Gibello

 

Egregio direttore,

apprendo con rammarico le parole con le quali nel suo editoriale pubblicato nella newsletter dell’8 febbraio definisce la conclusione del concorso per il Centro Piacentiniano promosso dalla nostra amministrazione nei mesi scorsi.

Il Comune di Bergamo ha scelto di percorrere la strada di una procedura aperta, svoltasi in due fasi anonime, il cui vincitore è stato ufficializzato dopo la conclusione del lavoro di una commissione giudicatrice formatasi attraverso terne di nomi estratti a sorte in seduta pubblica. Questa ha proceduto con le sue valutazioni in incontri a porte chiuse, basandosi esclusivamente su proposte identificate da codici e descritte da elaborati grafici e relazioni, sia nella prima che nella seconda fase, con una classifica finale in cui i gruppi sono stati ufficializzati in un’altra ennesima seduta pubblica che ha visto l’apertura delle relative buste di abbinamento.

Al di là però della procedura adottata, impeccabile nella sua trasparenza e terzietà, vorrei ricordare come in questi ultimi tre anni, in un paese accusato di ricorrere troppo poco allo strumento del concorso quale garante della qualità dell’architettura e delle trasformazioni del territorio, la Città di Bergamo ha promosso ben sei concorsi, alcuni dei quali già conclusi o in fase di cantiere. Quattro di essi sono stati aggiudicati a studi non locali (Concorso Montelungo a Studio Barozzi&Veiga di Barcellona, Piazza Carrara all’arch. Andrea Borghi di Firenze, Piazza Risorgimento allo Studio Bargone di Roma, Padiglione Parco la Trucca all’arch. Battistini di Montiano). Il quinto non è stato aggiudicato, caso più unico che raro, perché i progetti presentati non erano stati ritenuti adeguati agli obiettivi che ci si era prefissati da un giuria composta, fra gli altri, da Vincenzo Latina e Michele Rossi di Park Associati.

Oltre a ciò, l’amministrazione nel corso di questi ultimi anni ha promosso due altri progetti con procedure diverse, che hanno portato ad affidare all’architetto portoghese Inês Lobo la riqualificazione di Piazzale Marconi e allo studio C+S di Treviso lo studio di fattibilità per la riconversione del vecchio palazzetto in nuova galleria d’arte contemporanea. Ritengo personalmente che il contributo di architetti non locali, testimoniato da questo elenco, rappresenti un fatto del tutto positivo per rompere, molto spesso, quella dimensione autoriferita e asfittica che in Italia caratterizza, purtroppo, molte città di provincia. Tutto ciò non deve diventare però un dogma, prendendo il sopravvento rispetto alla centralità del progetto e alla costante ricerca della sua massima qualità.

Il progetto vincitrice del Concorso sul Centro Piacentiniano, individuato da un giuria presieduta da una delle figure più autorevoli dell’architettura italiana come il prof. Fulvio Irace, è, in questo senso, semplicemente il migliore: il più attento al delicato contesto, il più pertinente alle sue linee guida, il più colto e misurato rispetto al complesso e articolato sistema piacentiniano. Parlare di vittoria “telefonata” denota una lettura superficiale fondata su frettolose valutazioni mosse da luoghi comuni irrispettosi sia nei confronti di quegli architetti che hanno concorso, sia verso un’amministrazione coraggiosa, perché per fare concorsi in Italia con l’attuale normativa ci vuole coraggio.

Dispiace quindi constatare che, a fronte di questi sforzi, su una testata importante come “Il Giornale dell’Architettura” si vogliano favorire dietrologie di questo tipo, volte a minare la trasparenza e la bontà del percorso intrapreso e del suo risultato finale.

Mi auguro che tutto ciò sia solo il frutto di scarsa conoscenza della realtà che si è deciso di commentare e possa trovare, nelle forme che riterrà più opportune, una più degna e corretta rappresentazione.

Ringraziandola per la sua attenzione, le porgo i miei più cordiali saluti.

Arch. Francesco Valesini

 

Siamo lusingati di apprendere che l’amministrazione comunale di Bergamo tiene in particolare rilievo la nostra testata, e siamo ancor più lieti che l’assessore ricordi gli sforzi compiuti dalla Città per la promozione di una cultura architettonica. Infatti, di Bergamo ci siamo ripetutamente occupati nel tempo, compreso il report sul concorso per il Centro piacentiniano. Nessuna dietrologia, né velata insinuazione contro la trasparenza dell’iter nel fugace commento – necessariamente estemporaneo perché meramente introduttivo degli argomenti trattati in ogni newsletter – che ha sollevato questa risposta. Semplicemente, una metafora per intendere che, data la conoscenza del tema di progetto da parte dei vincitori – perché autoctoni e perché già fautori di pregresse proposte anche per quell’area  -, l’esito del concorso non ha riservato particolari colpi di scena.

Luca Gibello, direttore

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Last modified: 15 Febbraio 2018