Visita all’eclettica villa della famiglia Tsoong-King, restaurata da Studio Baciocchi e oggi sede delle attività del gruppo Prada in Cina
SHANGHAI. Il signor Yung Tsoong-King (Rong Zongjin nella moderna traslitterazione), magnate del commercio di farina in Cina all’inizio del secolo scorso, svegliandosi la mattina nell’amplissima master bedroom della sua villa -acquistata nel 1918 come luogo per gestire le aziende e vivere con la famiglia– non avrebbe mai immaginato che un giorno i suoi appartamenti avrebbero potuto essere il teatro dei mille e mille selfies che il pubblico cinese avrebbe scattato in questa perfetta scenografia di un tempo sì passato e perduto, ma ora rimesso miracolosamente a disposizione degli abitanti della città. Tutto ciò grazie all’intervento del gruppo Prada che, saldamente presente in Oriente, ha trovato una strategica opportunità di operare giusto ad un passo da alcune delle proprie boutiques che, numerose, animano il mondo dello shopping della città perla di Oriente.
Dal 2011 Prada ha avviato un progetto di restauro della storica ed esclusiva residenza con l’intento di ospitare le molteplici attività del Gruppo in Cina, mettendo a frutto l’esperienza maturata nella realizzazione di interventi in tutto il mondo: da alcune parti della Galleria Vittorio Emanuele II a Milano a Ca’ Corner della Regina a Venezia, solo per fare due esempi. Del resto, il Gruppo ha ormai una lunga frequentazione con l’architettura radicale contemporanea e con il recupero del patrimonio storico, sempre alla ricerca di nuovi modi espressivi del design. In questo progetto la visione è quella di «una fede incrollabile nel valore della tradizione artigianale» che ha portato ad una collaborazione tra Italia e Cina arrivando ad un risultato, ottenuto dall’architetto Roberto Baciocchi a capo di un nutrito team, che «rende onore alla famiglia che ha originalmente commissionato questa storica residenza, agli architetti e artisti cinesi che l’hanno realizzata, e ai team di artigiani cinesi e italiani che le hanno restituito il suo legittimo splendore».
Un restauro pragmatico che va visto da Oriente, volto com’è a restituire in un’istantanea efficace l’edificio com’era negli anni Venti con la sua architettura e le sue finiture, e ottiene un risultato convincente anche se la perdita degli arredi mobili e, ancor più, della funzione residenziale di altissimo livello, ci resitutiscono giocoforza una struttura che mostra se stessa in astratto prestandosi a magnifica cornice delle attività culturali, commerciali e architettoniche della maison nata a Milano.
Visto da Occidente il risultato può sembrare lontano da quello delineato e acclarato dalle teorie conservative ormai consolidate nella nostra cultura che mirano a preservare non solo l’edificio, ma anche la sua storia con i cambiamenti, le mancanze e le perdite che essa ha comportato. Tuttavia, contestualizzato in un paese ed in una megalopoli che solo da pochissimo si è accostata ai temi della conservazione, è un risultato al quale guardare con attenzione se non altro per il fatto che induce negli abitanti di Shanghai una presa di coscienza di una parte cospicua della storia del paese nell’ultimo secolo, a lungo dimenticata. Ne sono testimonianza le lunghe code che, dal 17 ottobre scorso, data di apertura al pubblico, hanno affrontato i visitatori sicuramente attratti dal marchio della casa di moda, ma non meno dal fascino di una residenza da sempre non accessibile ai più.
Se vi trovate a Shanghai, una visita da non mancare.
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La villa e il restauro
Architettura eclettica pienamente figlia dello straordinario periodo che nei primi decenni del XX secolo ha donato a Shanghai una serie di straordinari edifici che fondono la cultura occidentale nel tessuto della città cinese, Rong Zhai è una residenza con giardino realizzata in una prima versione -che già vede la facciata Beaux Arts- fra il 1899 e il 1910 per un proprietario tedesco poi acquisita nel 1918 dal magnate Yung Tsoong-King (Rong Zongjin) e da questi affidata al disegno del famoso Chen Chun-Jiang. Il progettista la rinforza con una struttura in cemento armato e la amplia infondendo uno stile eclettico che tocca il revival degli stili storici così come i più moderni stilemi Art Deco, dotando le sale di arredi dal disegno occidentale e completandola durante gli anni Venti. Collocata al 186 della Shaan Xi Bei Lu, pur avendo perso una parte del parco -sacrificato per costruire la nuova sede dell’istituzione pubblica che un tempo occupava la villa poi passata al magnate Rupert Murdoch prima di approdare al gruppo Prada- la residenza si presenta sostanzialmente integra ed è stata dichiarata Heritage Architecture dalla Municipalità di Shanghai il 31 ottobre 2005. Il tempo aveva però compromesso parte delle finiture interne, estremamente ricche e curate, e il complesso non era ovviamente dotato dei necessari standard impiantistici. Dal 2011 il lungo lavoro di restauro, affidato alla supervisione dell’architetto Baciocchi, professionista da tempo legato al gruppo Prada, ha voluto ricostituire in ogni parte ciò che mancava o era stato modificato -stucchi, vetri piombati, boiserie e piastrelle decorative- non fermandosi di fronte alle ovvie difficoltà derivanti dalla mancanza dei materiali e, soprattutto, della manodopera in grado di tradurli in manufatti in opera col necessario grado di qualità. Il lavoro fra Italia e Cina ha permesso di raggiungere il risultato grazie all’opera di molti fra i quali: Franco Dall’Ara per i vetri piombati; Giovanni Rossi per i legni, stucchi e gessi; Ceramiche Giotto per le ceramiche; Attivissimo per le piastrelle; Società Cooperativa Artieri Alabastro/Giovanni Nerei per gli apparecchi illuminanti; Stefano Ricci/Micromet srl per i metalli e i lampadari; MCM per gli altri metalli.
La villa che oggi visitiamo è, con ogni probabilità e almeno negli ambienti, molto simile a quella che Rong Zongjin lasciò il 4 gennaio 1938 costretto a fuggire dall’invasione giapponese: si narra che quella notte volle fare un ultimo giro della villa con la famiglia prima di raggiungere il Bund e qui imbarcarsi su una nave che discese il fiume Huangpu. Morirà un mese dopo ad Hong Kong all’età di 66 anni senza avere più modo di rivedere l’amata Rong Zhai.
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cina , restauro
Last modified: 13 Dicembre 2017