“Le Città e l’Acqua: un laboratorio verso il futuro”. Report dalla seconda edizione della Biennale di Architettura di Pisa, in quattro sedi espositive, fino al 28 novembre
PISA. Tra tutti gli elementi presenti in natura l’acqua è quello essenziale, simbolo di vita che, scorrendo, trasmette benessere alle comunità. L’acqua come risorsa, come bene comune, come motore di sviluppo e prosperità ha influenzato l’uomo sotto tutti i punti di vista: sociale, culturale, economico e politico. Come ha ricordato Paolo Sorcinelli in un suo libro, se in epoca antica l’acqua aveva un valore “sacro”, a partire dal Seicento si è “laicizzata” diventando materia di studio di geologi, ingegneri, chimici, fisici, medici, e “Il modo di intendere l’acqua da parte dell’uomo è cambiato di pari passo con le scoperte e le innovazioni mediche registratesi nel corso degli anni”. Si pensi ad esempio alla scoperta della sua funzione terapeutica da parte di tedeschi e inglesi nel secondo Settecento, poi esportata anche in Italia a inizio Ottocento. Una scoperta che ha implicato la modifica di molti spazi urbani, con la costruzione dei primi stabilimenti balneari; poi nel tempo è cambiato anche il rapporto con il mare, da semplice luogo dove respirare aria a luogo dove immergersi. Lo stesso vale per tutte le città attraversate da un fiume, elemento in simbiosi con il costruito in quanto funzionale alla vita dei cittadini, poi sempre più separato dal tessuto urbano. Edward Burtynsky nel 2015, con l’esposizione “Acqua Shock” al Palazzo della Ragione di Milano, attraverso le sue fotografie, ci ha mostrato il delicato rapporto tra uomo e natura, in particolare il ruolo dell’elemento liquido, declinandolo in tutte le sue possibili sfaccettature: clima, economia, infrastruttura, energia, catastrofi, urbanizzazione, campagna, religione, svago, paesaggio ecc. Questi e molti altri argomenti possiamo ritrovarli nel tema scelto dai promotori, l’Associazione LP, per la seconda edizione della Biennale di Architettura di Pisa, che ha posto l’attenzione sul rapporto tra “le Città e l’Acqua”, indagandone le connessioni nei nuovi paesaggi urbani.
L’acqua ha sempre influenzato lo sviluppo delle città: i centri abitati nascevano dove c’era acqua e Pisa ne è un esempio. Come ricorda anche Luca Molinari “la relazione tra uomo e acqua è alla base della vita e della possibilità di costruire spazi abitabili lungo un tempo abbastanza stabile da garantire la nascita di civiltà evolute e sempre più complesse. Non sarebbe immaginabile pensare alle prime città del mondo senza una fonte o un corso d’acqua”. Più ce n’era, più le città erano ricche, perché la loro presenza permetteva di svolgere tutta una serie di attività alla base dell’economia del tempo. Basterebbe guardare un po’ alla storia e vedere le fortune dei tanti popoli legati al mare. Ma è in età medievale che l’acqua è stata messa a disposizione delle attività dell’uomo in modo sempre più consistente, fino ad accentuarsi con la rivoluzione industriale, poi “l’acqua ha conquistato il mondo e da esso è stata conquistata”.
L’esposizione si distribuisce coerentemente con il tema scelto in quattro edifici (da poco recuperati dal Comune) che lungo le due sponde dell’Arno creano un sistema espositivo dove l’acqua ne costituisce il connettivo.
Padiglione Isolarchitetti
Ospitato all’interno del Fortilizio/Torre guelfa (nella foto di copertina di Damiano Tarantino), è dedicato ad una mostra monografica sull’opera dello studio Gabetti & Isola – Isolarchitetti. L’esposizione curata dall’Associazione LP si sviluppa in senso cronologico, ospitando al piano terra lo spazio “immersione” in cui viene descritta l’attività dello studio dal 1952 ad oggi, con al centro della stanza il plastico per il porto di Marina di Pisa, che lega lo studio torinese a questi luoghi. È allestita su tavoli e con la proiezione di una videointervista ad Aimaro Isola (che riceverà il premio Città di Pisa per la qualità urbana). I curatori mettono così in evidenza il ruolo di Gabetti & Isola nello sviluppo della corrente eclettica definita Neoliberty. Ai piani superiori, oltre ai disegni e ai bellissimi acquerelli, si trovano i plastici degli altri 19 progetti selezionati: tra questi, la Bottega d’Erasmo, la Borsa valori e il Museo delle antichità egizie a Torino, il Monumento ai caduti della Resistenza a Pinerolo (Torino), il monastero delle Carmelitane a Quart (Aosta), il palazzo uffici SNAM a San Donato Milanese, fino ai due importanti concorsi per l’area ex Pirelli alla Bicocca a Milano e per il Padiglione Italia alla Biennale di Venezia.
Padiglione internazionale
Curato da Luca Molinari e ospitato all’Arsenale repubblicano, presenta il tema delle Forme d’acqua attraverso la selezione di opere realizzate nell’ultimo decennio in Europa e nel bacino del Mediterraneo, come “omaggio al potere dell’acqua per l’architettura e l’arte contemporanea, insieme al suo potere civico e collettivo”. Dall’ingresso (una scatola nera all’interno del grande spazio dell’Arsenale) in cui si comprende il ruolo storico del rapporto tra acqua e architettura, attraverso un loop d’immagini affiancato dal perpetuo rumore acqueo, si accede alle quattro sezioni tematiche pensate in un rapporto ellittico tra loro. La prima (acqua come fonte del paradiso terrestre, segno di vita) e l’ultima (acqua come magia e sogno) si guardano idealmente celebrando la forza ipnotica, arcaica e benefica dell’acqua; una più come memoria dell’Eden, l’altra come perfezione spirituale, mentale, psicologica. Come ricorda Molinari, “la somma di questi lavori recenti è un atto dovuto di ringraziamento a Madre Natura e, insieme, una sollecitazione a continuare a giocare con l‘acqua per costruire luoghi magici di cui abbiamo sempre bisogno”; e i progetti di Giordano, Siza, Tamassociati, Nardi, Sicard, lo dimostrano chiaramente. Delle due sezioni centrali, una (architettura come landmark che dialoga con l’acqua) interpreta l’architettura come elemento in contrapposizione alla natura (ma operando positivamente con l’acqua) attraverso oggetti profondamente artificiali che costruiscono gerarchie territoriali, come nelle opere di Irisarri-Pinera, Ricciotti, BIG, Tumertekin; mentre l’altra sezione (acqua come paesaggio) guarda l’acqua come infrastruttura e spazio pubblico, mettendo l’architettura al servizio della natura, in particolare nei lavori di Navarra, David, Juel-Christiansen, Mancuso, SNE.
Padiglione Università
Occupando un intero spazio dell’ex convento delle Benedettine, dimostra il maggior peso che gli organizzatori hanno voluto attribuire alla ricerca scientifica rispetto all’edizione precedente. Qui la mostra, curata da Luca Lanini, è suddivisa in tre sezioni: una dedicata alle ricerche dell’Ateneo pisano sul rapporto tra città, territorio e acqua; una seconda aperta alle medesime ricerche sviluppate da altre università, selezionate attraverso una call pubblica; una terza che presenta lavori prodotti dal Corso di laurea magistrale in Ingegneria edile-Architettura. Il padiglione è anche luogo di “lavoro progettuale” ospitando, durante i giorni della Biennale, un workshop sulla relazione tra Pisa e il suo waterfront dal titolo “Growin’ up in public”; oltre a mostrare gli esiti di un altro workshop sviluppato dal Dipartimento di Pianificazione Design e Tecnologia dell’Architettura dell’Università La Sapienza di Roma, che si è concentrato sulla rigenerazione urbana e ambientale del quartiere Ina-Casa di Gagno a Pisa.
Padiglione Pisa
Ospitato nel suggestivo ed ermetico spazio del Bastione Sangallo, è curato da Luigi Prestinenza Puglisi con altri membri dell’Associazione italiana di architettura e critica (Claudia Ferrini, Miranda Nera, Maria Michaela Pani). Il titolo della mostra, “Refresh”, analizza l’energia e l’acqua (anche se questa risulta in secondo piano) evidenziando l’applicazione della tecnologia al fabbisogno idrico per uno sfruttamento sostenibile della risorsa acqua, negli edifici, nei sistemi urbani e di paesaggio. Vengono messi a confronto 36 progetti, individuati con una call nazionale su Facebook cui hanno risposto in circa 400 tra professionisti e studenti, ma anche appassionati e neofiti. Data la scelta dei curatori di mantenersi “su maglie larghe”, le ipotesi presentate sono le più varie, da quella tecnica a quella più sperimentale, da quella utopica al progetto concretamente realizzabile. Lo stesso allestimento è un work in progress: un grande tavolo di lavoro fatto con comuni pannelli OSB appoggiati su semplici piedistalli (tutti materiali riciclati da altre mostre) che si sposa con il luogo, evitando così di compromettere uno splendido spazio.
Completano l’offerta culturale del Padiglione le idee del workshop sul tema del fiume e litorale nato dalla collaborazione tra l’Associazione LP e l’Università di Pisa, oltre alla proposta “Orbitecture” di Massimo Pica Ciamarra (un concept planetomorfico con spazi e funzioni per una vera comunità spaziale), che ci proietta verso le istallazioni di Aldo Del Bono il quale, in un piccolo spazio del bastione, ha riscoperto abilmente il rapporto di questo edificio con l’acqua.
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Last modified: 22 Novembre 2017