La Staatsoper riapre dopo sette anni di restauro, firmato dallo studio HG Merz: il direttore d’orchestra Daniel Barenboim ha la sua casa rosada sotto i tigli sulla Bebelplatz, nel cuore della capitale tedesca
BERLINO. Esistono intellettuali che fanno la fortuna delle nazioni che li ospitano, perché senza la loro spinta creativa, iniziative, progetti, miracoli di cultura rimarrebbero negli intermundia della politica. Daniel Barenboim rappresenta a Berlino questa sparuta elite nel nostro contemporaneo: il maestro argentino, berlinese d’adozione e con in tasca quattro passaporti “importanti” (fra cui, uno israeliano e uno palestinese), semina nel cuore della Germania e da qui ai quattro angoli del globo una primavera del cui arrivo, prima o poi, è spinozianamente convinto. Oggi ricompare nella stampa tedesca per l’inaugurazione della “sua” Staatsoper, che dirige stabilmente dal 1992: il 3 ottobre scorso si è infatti celebrata, nel giorno della festa della riunificazione, la riapertura del teatro dell’opera più famoso in città con l’esecuzione di Scene dal Faust di Goethe di Robert Schumann, capolavoro di filantropismo romantico. Insperato miracolo, capace di ricelebrare sulla Unter den Linden lo sposalizio di antichissima tradizione fra musica e architettura, mettendo così a tacere dispute su costi, ritardi e rivendicazioni di parte: è prussiana la Staatsoper? tempio di fanatici nazisti? o teatro facsimile di triste DDR? Niente di tutto questo e tutto questo insieme, come una comunità di diverse anime con un io egemone fisso, la cultura tedesca.
Se l’edificio è un delicato organismo bisognoso di cure, l’architetto che lo conserva è il suo medico: lo studio HG Merz, incaricato del lavoro nel 2009 dal Senato di Berlino, ha indossato il camice di un giovane medico, pieno di curiosità e fiducia, che ha perseverato nonostante gli infiniti problemi tecnici e gli intoppi burocratici e fiscali (ditte insolventi, costo finale da 235 milioni levitato a 400) sorti in corso d’opera, rintuzzato dagli aut aut del maestro: “rendere perfetta l’acustica”, coinvolgere più pubblico possibile, predisporre più spazi per gli artisti; il tutto in un edificio posto sotto tutela. Per ottenere il desiderato tempo di riverbero si è soprelevata la copertura, scoperchiando così il classico vaso di Pandora. Nella ricostruzione infatti, terreno e piloni di fondazione han più volte ceduto, costringendo gli architetti a spingersi fino alla scarnificazione, al fine di alleggerire il pesante corpo rococò socialista del 1951 di Richard Paulick. Nei 5 metri ricavati in altezza della galleria di riverberazione, compare l’elegante rete in CBPC (Chemically Bonded Phosphate Ceramic), gettato in eburnee forme romboidali: eleganti, filologiche, efficaci.
Missione compiuta, il maestro è soddisfatto: il pubblico guadagna 1.356 posti, agli orchestrali vengono restituiti tutti i locali sottrattigli dalla Stasi. Placcata d’oro da mani d’artigiani, la bomboniera rosa può altresì contare su moderni macchinari teatrali: la torre scenica capace di 140 tonnellate, un palco mobile di 500 mq e molto altro ancora. Giubileo: il 7 dicembre prossimo, a 275 anni esatti dall’inaugurazione, si apre la stagione, ed è già tutto esaurito.
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Cronologia
1741-1743 – Georg Wenzeslaus von Knobelsdorff realizza in stile palladiano l’Opera reale per la corte di Federico II di Prussia, despota illuminato (Voltaire: “Tutto per il popolo, niente attraverso il popolo”): è il primo edificio del complesso del Forum Fridericianum, attorno all’attuale polo architettonico-urbano della Bebelplatz (ex Platz am Opernhaus).
7 dicembre 1742 – Ancor prima che i lavori di costruzione siano terminati ha luogo (ieri come oggi) l’apertura ufficiale al pubblico.
1786 – Carl Gotthard Langhans riceve l’incarico da Federico Guglielmo II di ricostruire il palcoscenico e tutti i locali e le strutture di competenza.
18-19 agosto 1843 – Uno spaventoso incendio divampato nella notte riduce l’edificio originario a un cumulo di macerie, distruggendolo fino alle fondamenta. Viene subito ricostruito secondo il progetto integrale di Langhans.
1926-1927 – L’architetto Otto Odler ricostruisce l’ala del palco, dotandolo di nuovi palchi laterali, della torre scenica, della struttura mobile a meccanismo idraulico su due livelli e dei binari per il trasporto scene/attrezzature di scena. Anche il cosiddetto Lindentunnel sotto la rampa ovest viene completato.
10 aprile 1941 – Parziale distruzione sotto i bombardamenti alleati; segue riapertura forzata il 12 dicembre 1942; infine il massiccio e definitivo bombardamento del 3 febbraio 1945 costringe alla chiusura della struttura cadente, di cui vengono miracolosamente risparmiati il celebre portico palladiano e l’attigua Sala di Apollo.
1951 – 1953 – Si decide la ricostruzione in stile rococò socialista, su progetto dell’architetto Richard Paulick.
Anni ’80 – Restauro parziale: alla scritta del portico “Deutsche Staatsoper” viene sostituita l’originaria in latino, risalente al tempo federiciano: “FRIDERICUS REX APOLLINI ET MUSIS”.
6 dicembre 1992 – Dopo la caduta del muro, Daniel Barenboim, erede di una lunghissima tradizione di grandi direttori d’orchestra alla conduzione della Staatskapelle, fonda il Verein der Freunde und Foerderer der Staatsoper Unter den Linden e.V., cui compito è quello di supportare finanziariamente e artisticamente tutto quanto compete e riguarda le attività del Teatro. Il fine primo è ovviamente il restauro architettonico della Lindenoper (“l’opera sotto i tigli”, in dialetto berlinese).
2008 – L’architetto Klaus Roth vince il concorso per il restauro. Il progetto è tuttavia destinato a non realizzarsi: il previsto abbattimento e ricostruzione della sala grande di Paulick porta in piazza dimostranti e petizioni. Si decide di affidare ad altri il difficile intervento sull’edificio Denkmalschutz – posto da questo momento sotto tutela.
2009 – 2017 – Lo studio HG Merz di Stoccarda riceve definitivamente l’incarico per il restauro. L’Opera ritorna alla sua sede ufficiale in Unter den Linden dopo l’esilio settennale allo Schillertheater sulla Bismarckstraße (Charlottenburg).
Progetto
Committente: Senatsverwaltung für Stadtentwicklung Berlin
Progetto architettonico: Joachim Munzig e Lutz Schütter, HG Merz Architekten, Stoccarda
Progetto ingegneristico: Knippers Helbig Advanced Engineering
Prove materiali: Materialprüfungsanstalt (MPA) Stoccarda
Montaggio e messa in opera: Fiber-Tech Construction GmbH
Costo finale: 400 milioni, stanziati da Bund e Land Berlin
Superficie lorda di pavimento: 49.690 mq
Volume totale: dai 6.500 originari agli attuali 9.500 mc
Capienza: 1.356 posti
Sistema di illuminazione integrato: 1.400 nuove + 560 lampade originali
130.000 m di cavi ad alto voltaggio
4.000 mc di teatro traslocato dalla sede provvisoria del Schillerteather in oltre 400 viaggi su mezzi pesanti
Oltre alla Sala grande e ai locali per i professori d’orchestra e cantanti, è stata rinnovata anche la galleria sotterranea (Lindentunnel) di connessione tra Teatro dell’Opera, direzione e nuovo centro prove (lunghezza 115 m; altezza 6,5 m), impermeabilizzata e messa in sicurezza
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Last modified: 25 Ottobre 2017
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