Visita al padiglione temporaneo della Serpentine Gallery a Londra, quest’anno affidato al burkinabé Diébédo Francis Kéré
LONDRA. Progettare il senso di comunità. Un’ambizione quanto mai necessaria, considerando la congiuntura politica economica ma soprattutto sociale che caratterizza l’Europa e non solo, negli ultimi mesi. Diébédo Francis Kéré e il suo studio, con sede a Berlino, partono da qui per progettare il nuovo Serpentine Pavilion (visitabile fino all’8 ottobre). “Voglio che il padiglione abbia la stessa funzione che l’albero ha in Africa, un semplice rifugio aperto, per creare un senso di libertà e di comunità”. Kéré, primo architetto di origini africane a progettare il rinomato padiglione, torna a Londra dopo la partecipazione alla mostra “Sensing Spaces” alla Royal Academy nel 2014. Inedita, quest’anno, la procedura di affidamento: per la prima volta, infatti, è stato lanciato un concorso a inviti che ha visto in giuria Yana Peel, nuovo CEO della Serpentine Gallery, e il direttore artistico Hans Ulrich Obrist, affiancati da due consulenti di eccezione come David Adjaye e Richard Rogers.
Ritrovando lo stesso spirito che traspare dalla sua presentazione al TEDX del 2013, in cui racconta la sua storia e il suo modo di fare architettura [cfr. anche la nostra intervista a Kéré; ndr], cammino tra il padiglione con la sensazione di essere in un luogo già ricco di storie da raccontare, pur essendo appena stato costruito. Per chi conosce il suo ricco portfolio o ha avuto l’occasione di visitare le ultime Biennali di Architettura di Venezia o Chicago, è indubbia la referenza ai suoi precedenti progetti in Africa.
Ci s’incontra sotto un albero del Burkina Faso che rappresenta il senso di comunità; uno spazio in cui raccogliersi, per proteggersi dal sole africano. Questo il concept del padiglione che, a prima vista, ha poco a che fare con il contesto londinese ma che costituisce un’importante lezione su come analizzare, sfruttare e giocare con il contesto. Una grande copertura circolare in policarbonato e legno, sostenuta da una struttura centrale in acciaio, imita la chioma di un albero, permettendo all’aria di circolare liberamente, offrendo riparo dalla pioggia e, in estate, dal calore non esattamente londinese. L’acqua è elemento fondamentale nel disegno degli edifici di Kéré: in termini simbolici ma soprattutto pratici. Generando un effetto cascata, l’oculo centrale in acciaio permette di convogliare l’acqua all’interno, per poi immagazzinarla e riutilizzarla per irrigare il parco. I muri autoportanti sono interamente realizzati in blocchi di legno che giocano con la luce, generando un geometrico gioco d’ombre durante il giorno, mentre di notte trasformano il padiglione in una piccola lanterna. I dettagli mostrano l’abilità di lavorare con budget contenuti e allo stesso tempo la volontà di sperimentare, sfruttando le capacità ingegneristiche del consulente tecnico Aecom.
L’esito sembra aver messo tutti d’accordo: la stampa inglese come quella internazionale. Una scelta un po’ troppo politically correct o finalmente un padiglione che eccelle per pragmaticità, tralasciando frivoli gesti buoni solo per insipide discussioni sull’estetica? Caldeggio per la seconda.
Immagine di copertina: © Kéré Architecture, Foto © 2017 Iwan Baan
About Author
Tag
concorsi , londra
Last modified: 27 Giugno 2017