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Antonello AliciWritten by: Biennale di Venezia

Alla Biennale 2016 la Spagna delle opere incompiute

Alla Biennale 2016 la Spagna delle opere incompiute

Curata da Iñaqui Carnicero e Carlos Quintáns Muxía, “Unfinished” non parlerà di architettura spettacolare né di grandi opere pubbliche ma farà i conti con i relitti della più grande impresa edificatoria della sua storia, che ha lasciato la difficile eredità di grandi interventi incompiuti

 

Iñaqui Carnicero e Carlos Quintáns Muxía, ricevuta a dicembre 2015 dal Consiglio delle Biennali di Architettura della Spagna la nomina a curatori del Padiglione nazionale alla 15. Biennale di Venezia, hanno subito colto la difficile sfida di proporre un tema e una mostra che potessero ben rappresentare un Paese con un peso rilevante nella scena dell’architettura internazionale. In piena sintonia con il tema e le parole chiave di Alejandro Aravena, in primis “Elementare”, Carnicero e Quintáns assicurano che nel Padiglione spagnolo non si parlerà né di architettura spettacolare né di opere pubbliche mastodontiche, bensì si affronteranno i problemi più elementari e si declineranno i temi necessari e decisivi per richiamare alla responsabilità sociale dell’architettura, a cominciare dall’idea di casa “come diritto fondamentale di ogni essere umano”. Si parte dagli errori del passato per indicare una nuova rotta in cui l’architettura può essere in prima linea per ridurre il divario tra politica, grandi investitori e società. 

La costruzione dell’esposizione è affidata ad un concorso rivolto agli architetti spagnoli per la selezione di architetture “Unfinished” che rispondano alle seguenti categorie: INFILL without facade; ELEVATIONS without land; CONSOLIDATE without autonomy; PATTERNS without deadlines; STRUCTURES without cladding; DEMOLITIONS without material; GENERIC without program; ADAPTABLE without permanences; REAPROPRIATION without new space; RAW MATERIAL without finishing; COST without money; COLLABORATIVE without authorship; REGULATIONS without regulations.

In attesa di conoscerne gli esiti, abbiamo intervistato uno dei curatori, Iñaqui Carnicero.

 

Qual è il suo commento al tema scelto per la 15. Biennale di Architettura e alle prime dichiarazioni del curatore Alejandro Aravena?

Aravena rivolge ai curatori dei Paesi rappresentati alla Biennale un invito a riflettere su quali siano state le maggiori istanze subite dall’architettura negli ultimi anni. L’obiettivo dichiarato è di offrire al visitatore un’ampia prospettiva delle questioni che hanno maggiormente interessato le diverse culture e comunità del mondo. La proposta di Aravena sollecita una riflessione sugli errori commessi allo scopo di condividere soluzioni che possano permettere ad altri Paesi di anticipare ed evitare situazioni simili.

 

Quale sarà la risposta del Padiglione spagnolo?

Nel più recente periodo di crescita economica, in Spagna l’edilizia è diventata la forza trainante dell’economia. Oggi dobbiamo fare i conti con i relitti di quella che un tempo era la più grande impresa edificatoria della storia spagnola che ha lasciato la difficile eredità di grandi volumi incompiuti. Con il titolo “Unfinished”, la nostra mostra rivolgerà l’attenzione a queste architetture non finite alla ricerca di valori che possano tramutarsi in strategie di progetto. “Unfinished” vuol essere una riflessione sulle architetture nate dalla rassegnazione per tentare di dare una risposta ai quesiti che esse sollevano. Per fare questo, la mostra promuoverà speculazioni creative su come sovvertire quelle esperienze in un’azione positiva.

 

Nella condizione di giovane architetto, quali sono le sue esperienze sulle relazioni tra architettura e società oggi? Come può, oggi, l’architettura dare le risposte giuste alle difficili sfide da affrontare?

Se vogliamo veramente diventare un fattore rilevante per la nostra società, dobbiamo trovare strategie per affrontare problemi che possiamo risolvere attraverso il progetto. La mia esperienza nel progetto Hangar 16, un intervento in un edificio abbandonato del vecchio mattatoio di Madrid, è stata di grande successo nel senso che ha restituito l’edificio alla comunità. Con un piccolo budget siamo stati capaci di trasformare uno spazio negletto per anni progettando un meccanismo di rotazione molto semplice, capace attraverso l’uso di pannelli mobili di riconfigurare la spazio in molti modi. Questo ha aiutato il cliente a ospitare eventi molto diversi come mostre d’arte contemporanea, concerti, sfilate di moda, spazi per artisti, eccetera, rendendo l’investimento veramente produttivo ma, quel che è più importante, mantenendo vivo lo spazio con attività quotidiane. Nello scorso semestre, alla Cornell University abbiamo lavorato in collaborazione con il World Bank Group per progettare una serie di unità di crisi in India per aiutare le donne che hanno subito violenza di genere. È stata un’esperienza affascinante studiare la specificità della cultura indiana e le qualità materiali dell’architettura vernacolare dello Stato del Kerala per dare una risposta ad un problema culturale attraverso l’architettura. Il grande valore dell’architettura sta nella sua capacità di contribuire a risolvere le grandi sfide dei nostri tempi attraverso il progetto.

 

LEGGI L’INTERVISTA IN LINGUA ORIGINALE

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Per_approfondire 

Iñaqui Carnicero (Madrid, 1973), attivo in campo accademico e professionale, è dottore di ricerca europeo e Visiting Professor alla Cornell University. Le sue opere affrontano temi contemporanei a scale e programmi differenti, come la sede del Politecnico C.E.U. San Pablo University di Madrid, interventi di social housing a Madrid, il recupero di una torre araba a Guadalajara, l’Hangar 16 nell’ex mattatoio a Madrid, la Pitch’s House a Los Peñascales. Tra i numerosi riconoscimenti internazionali, AIANY Housing Award 2015, Design Vanguard Award 2012, Hauser Award 2012, Emerging Architecture Award Architectural Record 2011, Rome Prize 2009, COAM Award 2012, FAD Spanish Architecture and Public Opinion Award 2012, 2013 Barbara Cappochin Award (Honorable Mention), BSI University of Mendrisio (selezionato) 2007, finalista Architectural Digest award 2009, Luigi Cosenza 2004, mostra alla RIBA exhibition International Emerging Architects 2011, Architecture week in Prague, GA Gallery Japan 2012. Dal 2012 è titolare, con la sua partner Lorena del Rio, di Rica Studio, con sedi a Madrid e New York. 

Autore

  • Antonello Alici

    Architetto, laureato nel 1986 alla Facoltà di Architettura di Firenze, è professore associato di Storia dell’architettura all’Università Politecnica delle Marche. Le sue ricerche, oltre la tesi di dottorato sulle chiese a pianta centrale del Rinascimento in Umbria, privilegiano i Paesi Nordici, in particolare Finlandia e Svezia, seguendo le traiettorie di viaggio degli architetti tra Baltico e Mediterraneo. Nel 2017 e 2020 è stato Visiting Scholar presso il Martin Centre for Architectural and Urban Studies e il St John’s College (Università di Cambridge). Dal 2015 è Visiting Professor presso la Silpakorn University di Bangkok. Ha promosso il Comitato scientifico per il Centenario di Giancarlo De Carlo presso l’Accademia Nazionale di San Luca, oltre a essere membro del Comitato scientifico del Centro Studi Vitruviani di Fano, fondatore e direttore della summer school "The Culture of the City. Understanding the Urban Landscape", dal 2017 impegnata nei paesaggi della ricostruzione del terremoto. Tra le pubblicazioni recenti: "The Journey to the North. The Italian Cultural Institute in Stockholm in the context of the relationships between Swedish and Italian Architects", in "Enchanting Architecture" (Five Continents, 2021); "Franco Albini and Leslie Martin: a parallel working life", in "Postwar Architecture Between Italy and the UK. Exchanges and transcultural influences" (UCL Press, 2021)

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Last modified: 16 Febbraio 2016