Restauro e rifunzionalizzazione per il centro culturale «Volcan» realizzato a Le Havre nel 1982 su progetto di Oscar Niemeyer
LE HAVRE (FRANCIA). Nel 1982, incaricato di costruire un centro culturale sull’allora place Gambetta, Oscar Niemeyer tagliava il nastro rosso dei due «Vulcani». Le strutture in cemento armato che ricordano due montagne dalla cima mozza – una leggermente più bassa dell’altra – accoglievano all’epoca la prima Maison de la Culture di Francia e un teatro. Progetto culturale e architettonico ambizioso, i Vulcani lo scorso novembre hanno accolto un’altra inaugurazione: quella del restauro che, dopo un periodo di crisi, punta a immergerli con nuova energia nella vita della città.
Il progetto del centro culturale lanciato dalla Municipalità nel 1972, se per le sue forme fluide può sembrare un estraneo tra gli edifici stereometrici del centro, costituisce l’ultimo atto di un percorso incominciato nel 1946 con i piani di ricostruzione urbana guidati da Auguste Perret. All’interno del triangolo centrale del piano che lambisce l’Oceano Atlantico e a poca distanza dal Municipio, dalla chiesa di San Giuseppe e dal grande specchio d’acqua del bacino del commercio, il sito dei Vulcani trasuda eccezionalità. Passeggiando lungo rue de Paris o rue Voltaire ci si accorge dell’uniformità delle facciate degli edifici residenziali, indizio del controllo che su quella parte del piano ha avuto l’Atelier de reconstruction, con lo stesso Perret a tirarne le fila. Un controllo non scontato, date le ripetute marce indietro della Municipalità già dai primi anni del dopoguerra che, poco influenti riguardo alla questione residenziale, modificheranno invece il corso della realizzazione degli edifici pubblici. Le polemiche contro il piano di Perret si giocano infatti proprio sul terreno della place Gambetta, sul municipio e sulle strade che oggi lambiscono le bianche montagne disegnate da Niemeyer. Già nel 1948 su questo sito Perret prevede un teatro sperimentale i cui studi, affidati ad architetti locali, verranno ripetutamente respinti dalla città. Sarà solo nel 1972, a ricostruzione più che completata, che Niemeyer potrà infrangere i confini del triangolo centrale del piano, un’operazione che era stata possibile solo a pochi altri architetti, tra cui Henri Colboc.
Dopo anni di coabitazione nelle sale del Municipio, nel 1982 il centro culturale si trasferisce finalmente nei nuovi edifici che tentano, integrandosi attorno alla piazza ribassata a protezione dalle brezze marine, di creare un piccolo sistema urbano dedicato alla cultura. Nel 2010 il sindaco lancia il restauro della piazza (nel frattempo intitolata all’architetto brasiliano) al fine di «dinamizzare la scena culturale cittadina e donare agli abitanti un nuovo spazio di lettura». Al contempo, è bandito un concorso per rilanciare l’immagine dei due edifici ormai soprannominati dagli abitanti «i vasetti di yogurt»; ne risultano vincitori i parigini Deshoulières Jeanneau Architectes per il grande vulcano e Sogno Architecture per il piccolo. I restauri, terminati rispettivamente a gennaio e novembre, sono costati complessivamente 60 milioni (all’epoca della costruzione, tra il 1978 e il 1982, il complesso era costato 58 milioni di franchi). Oggi il «grande vaso» accoglie la Scène internationale, titolo che in Francia viene attribuito dal ministero della Cultura ai teatri pubblici riconosciuti «luogo di produzione e diffusione della creazione contemporanea dello spettacolo dal vivo». Sintomo di un restauro che va oltre le questioni tecniche per coinvolgere anche il progetto culturale.
La struttura in cemento armato, aperta solo in corrispondenza di piccoli oblò, ha subìto una radicale trasformazione interna. La sala da spettacolo – all’avanguardia per l’acustica – è integralmente rivestita di legno, mentre la hall d’ingresso è stata ampliata per accogliere eventi di natura diversa, nello spirito che aveva guidato l’architetto brasiliano nella progettazione della piazza ribassata esterna. Ancora più radicale il restyling del piccolo vulcano, dove il 2 novembre scorso si è inaugurata la nuova biblioteca: 5.000 mq distribuiti su due piani, connessi da una scala monumentale coperta da una verrerie accresciuta rispetto all’originaria. Gli spazi, concepiti per il pubblico di ogni età, giovanissimi inclusi, sono dotati di 125 postazioni informatiche, 50 tablet a libero accesso e un web café. Il prestito dei libri è – ovviamente – disponibile 24h/24.
La prima elaborazione del teatro di Niemeyer prevedeva un palco rotante per consentire agli spettatori di partecipare alla scena. Dopo l’abbandono del teatro sperimentale di Perret anche questo slancio fu arrestato, optando per una sala tradizionale. Al di là delle innovazioni tecniche introdotte con il restyling, c’è da auspicare che l’amministrazione abbia imparato dalle occasioni perdute e sia capace d’integrare sala da spettacoli e biblioteca in un vero centro culturale. Per ora, almeno a giudicare dai siti istituzionali, questo aspetto sembra zoppicare, rendendo poca giustizia agli spazi rifunzionalizzati.
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concorsi , oscar niemeyer , restauro , rigenerazione urbana
Last modified: 16 Febbraio 2016