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Silvia MazzaWritten by: Patrimonio

A Palermo, i privati ricostruiscono il palazzo di Tomasi di Lapedusa e ci vanno ad abitare

A Palermo, i privati ricostruiscono il palazzo di Tomasi di Lapedusa e ci vanno ad abitare

Completato nel centro storico, su progetto dello studio PL5, il restauro-ricostruzione del palazzo dove visse l’autore de Il Gattopardo

PALERMO. Da qualche mese si è concluso l’intervento di restauro e ripristino, iniziato nel marzo 2011, del palazzo che diede i natali e in cui visse Giuseppe Tomasi di Lampedusa (1896-1957), lasciato in stato di abbandono per 60 anni. L’edificio, con impianto cinquecentesco ammodernato a fine Settecento dalla famiglia dell’autore de Il Gattopardo, fu sventrato nel 1943 e poi «occupato» per un decennio da una fabbrica di mattoni, prima di essere dimenticato per oltre mezzo secolo. Sono così rimasti sulla carta un progetto dell’Italter per un centro polifunzionale (1981) e quello di Italo Rota, Franco Miceli e Nicola Piazza per un riutilizzo ambizioso che puntava al finanziamento di qualche istituto di credito (2009).

L’intervento, a firma dello studio palermitano PL5, è avvenuto interamente con fondi privati (10,5 milioni), grazie a una cordata di 35 cittadini che hanno creduto nel recupero del palazzo, nonostante non ne fosse rimasto quasi più nulla, e lo hanno acquistato per intero per andarvi ad abitare.

Il progetto, che ha restituito al palazzo la propria configurazione di dimora nobiliare settecentesca, ha visto il restauro dell’ala meridionale, di cui ne era rimasto il 70%, dove viveva lo scrittore con i genitori, e il ripristino dell’ala settentrionale quasi interamente distrutta, dove vivevano i nonni. Per la riconfigurazione, i progettisti si sono avvalsi dei Ricordi d’infanzia (scritti nel 1955 e pubblicati da Feltrinelli nel 1993), in cui Tomasi descrive minuziosamente il palazzo stanza per stanza, schizzando anche l’impianto planimetrico del piano terra.

L’intervento s’inserisce nel dibattito, in corso da oltre 50 anni, sulla ricostruzione post-bellica del centro storico palermitano, dilaniato dagli eventi bellici. Ecco, dunque, un altro esempio a sostegno dei ripristini filologici e tipologici sulla grande e piccola scala, senza i quali il centro storico avrebbe, probabilmente, perso gran parte della propria identità.

Autore

  • Silvia Mazza

    Storica dell’arte e giornalista, scrive su “Il Giornale dell’Arte”, “Il Giornale dell’Architettura” e “The Art Newspaper”. Le sue inchieste sono state citate dal “Corriere della Sera” e dal compianto Folco Quilici nel suo ultimo libro Tutt'attorno la Sicilia: Un'avventura di mare (Utet, Torino 2017). Dal 2019 collabora col MART di Rovereto e dallo stesso anno ha iniziato a scrivere per il quotidiano “La Sicilia”. Dal 2006 al 2012 è stata corrispondente per il quotidiano “America Oggi” (New Jersey), titolare della rubrica di “Arte e Cultura” del magazine domenicale “Oggi 7”. Con un diploma di Specializzazione in Storia dell’Arte Medievale e Moderna, ha una formazione specifica nel campo della conservazione del patrimonio culturale. Ha collaborato con il Centro regionale per la progettazione e il restauro di Palermo al progetto europeo “Noè” (Carta tematica di rischio vulcanico della Regione Sicilia) e alla “Carta del rischio del patrimonio culturale”. Autrice di saggi, in particolare, sull’arte e l’architettura medievale, e sulla scultura dal Rinascimento al Barocco, ha partecipato a convegni su temi d’arte, sul recupero e la ridestinazione del patrimonio architettonico-urbanistico e ideato conferenze e dibattiti, organizzati con Legambiente e Italia Nostra, sulle criticità dei beni culturali “a statuto speciale”, di cui è profonda conoscitrice.

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Last modified: 2 Novembre 2015