Conclusi i restauri dell’ex Gil a Forlì, costruita nel ventennio fascista da Cesare Valle: due mostre celebrano il progettista e il cantiere del recupero
FORLÍ. La Romagna, tra i due conflitti mondiali, è stata teatro di un’intensa campagna edilizia che ha interessato non solo la costa – con la successione delle colonie marine che punteggiano la Riviera – ma anche le zone dell’entroterra storicamente legate alle origini di Benito Mussolini. La città di Forlì, in particolare, può vantare un alto numero di edifici pubblici di stile razionalista. Uno tra i più rappresentativi del periodo ha ritrovato l’originaria unità formale e materiale grazie a un intervento di restauro e risanamento conservativo terminato nello scorso luglio e durato sette anni.
La storia
L’edificio ex Gil sorge come Casa stadio dell’Opera nazionale balilla tra il 1933 e il 1935 su progetto dell’ingegnere romano Cesare Valle. L’intervento (per una spesa di circa 6,9 milioni) è stato finanziato dal Comune, proprietario dell’edificio dal 1999, con il contributo del ministero dei Beni culturali e della Fondazione Monte dei Paschi di Siena. Il progetto è stato firmato, per la parte architettonica, dall’architetta Stefania Pondi e dall’ingegner Claudio Mambelli (Comune di Forlì) e, per la parte strutturale, dagli ingegneri Alberto Gentili (2005-2007) e Roberto Tassinari (2009).
L’Opera nazionale balilla (Onb) dal 1926 svolgeva la propria attività nelle numerose case distribuite in tutta la Penisola, attuando una delle più consistenti trasformazioni della società italiana dell’epoca, attraverso l’educazione (culturale e sportiva) della gioventù. L’Onb aveva anche formalizzato la tipologia edilizia, con una vera e propria guida tecnica per i progettisti. L’organizzazione planimetrica era sempre imperniata su un patio porticato che separava il blocco della piscina da quello della palestra, mettendoli in comunicazione con i campi sportivi esterni. Principi che Luigi Moretti stava applicando in quegli stessi anni con il progetto della Casa del balilla di Trastevere (1933-36) e che Valle, dopo la costruzione della Casa stadio di Forlì, avrebbe riportato nella capitale, con la progettazione del Liceo Giulio Cesare (1935-1937).
Per la completezza delle dotazioni funzionali, l’intervento di Forlì venne considerato dalle riviste dell’epoca come un modello di organizzazione distributiva. Esso prevedeva due “reparti” – quello sportivo e quello culturale – ognuno dotato di proprio accesso; il primo era segnato da un ampio portale posto in cima a una scalinata semicircolare e conduceva agli spogliatoi della palestra e della piscina; il secondo era posto alla base della torre (alta 30 m) e distribuiva il cine-teatro e la zona uffici-biblioteca nel corpo absidale. Il linguaggio formale era chiaro e si affiancava allo sfruttamento delle più avanzate tecniche costruttive disponibili in Italia, muovendosi ancora nell’ambito della sperimentazione razionalista (utilizzo del cemento armato, copertura piana, ampie superfici vetrate). Questo almeno fino al 1937, quando con la soppressione dell’Onb e il trasferimento delle sue competenze alla GIL (Gioventù italiana del littorio), l’istruzione giovanile assunse una dimensione più marcatamente marziale e i progetti per i nuovi edifici che ne furono sede tendevano nettamente alla romanità classica e al monumentalismo scenografico.
L’edificio, nonostante la presenza di un’associazione sportiva e la trasformazione del cine-teatro in sala cinematografica abbiano garantito la continuità funzionale dal dopoguerra a oggi, aveva subito un progressivo degrado materiale (con la chiusura e l’abbandono del corpo absidale) a discapito della sua immagine urbana che l’ha visto attestarsi, per 80 anni, sul centralissimo viale della Libertà.
Il recupero
Il progetto di recupero ha ripristinato l’autenticità compositiva, restituendo continuità funzionale agli spazi sportivi e a quelli culturali, eliminando tutti gli elementi incongrui con gli schemi originari. È stata anche perseguita la piena accessibilità dell’edificio, sia per gli ingressi sia per gli spostamenti interpiano, prevedendo nuovi corpi ascensore. Grazie a un’approfondita attività di analisi delle cromie e dei materiali di finitura, è stato possibile riproporre filologicamente gli effetti dell’originario intonaco rosso cupo in contrasto con il bianco avorio e il basamento in travertino. In tema di finiture esterne sono state conservate, senza ripristino, le tracce dell’iscrizione posta in cima alla torre (il giuramento del giovane fascista) al fine di testimoniare l’azione della storia e del tempo.
L’obbligo di adeguamento sismico (parzialmente sopraelevato nel 1941) ha comportato un ulteriore livello d’indagine con la simulazione dell’originario progetto delle strutture e la realizzazione di un nuovo sistema strutturale costituito principalmente da setti in calcestruzzo armato, affiancati al telaio esistente (e celati nello spessore murario), e da solai collaboranti, con le travi esistenti, tramite inghisaggi diffusi senza aggravio di peso.
Il programma funzionale, nell’ottica del recupero compatibile e sostenibile con la storia del complesso, mira a un uso pubblico-inclusivo dell’intera struttura. Per tale motivo è stato confermato il binomio sport-cultura con un’articolata dotazione funzionale: sette palestre (con i relativi servizi), un auditorium (al momento ultimato al grezzo), uffici della gestione, spazi museali (da destinarsi a Museo della ginnastica); l’area esterna verrà pavimentata, mentre la sistemazione dell’area verde prevede l’eliminazione degli elementi incongrui. Manca all’appello la piscina, convertita in palestra nei primi anni ottanta.
Il recupero dell’edificio non è un fatto episodico ma fa parte di un progetto europeo finalizzato alla realizzazione di un percorso culturale attraverso il patrimonio architettonico e urbanistico dei regimi totalitari del ventesimo secolo. Il programma, denominato ATRIUM (Architecture of Totalitarism Regimes of the XXth Century, in Europe’s Urban Memory) mira alla conservazione del patrimonio architettonico moderno, derivato dal progressivo riconoscimento del suo valore culturale, come oggetto storico edificato, connotante lo sviluppo urbano di molte città europee fino al secondo conflitto mondiale e consegnato, spesso, alla damnatio memorie per le sue matrici ideologiche, politiche e propagandistiche, la cui relativa prossimità temporale determina ancora oggi giudizi tutt’altro che unanimi.
La conservazione del monumento/documento non può prescindere da una riflessione profonda sul tema del restauro. Per tale motivo ATRIUM ha coinvolto, attorno a un tavolo multidisciplinare, amministratori, professionisti, studiosi e cittadini; il risultato è un Eptalogo per il restauro del Moderno che scaturisce dall’applicazione dei principi metodologici su tre casi studio: oltre alla Casa del balilla di Forlì, il Palazzo Varano (Predappio) e la Colonia Agip (Cesenatico).
Le mostre
La riapertura dell’ex Gil è stata celebrata con due rassegne («Cantiere Restauro» e «Cesare Valle. Un’altra modernità: architettura in Romagna»), promosse dal Comune e dall’associazione ATRIUM, visitabili fino al 25 ottobre. Le esposizioni sono state allestite nei locali che occupano il corpo absidale dello stesso edificio e ne raccontano la storia attraverso il cantiere di restauro e l’esperienza del suo progettista in Romagna. La prima sezione illustra le scelte metodologiche e operative, derivanti dal tavolo tecnico sviluppato da ATRIUM, che sottendono il progetto di recupero e riqualificazione. La seconda sezione si focalizza sull’attività progettuale di Valle sul volgere degli anni trenta, in continuità con la realizzazione per l’Onb di Forlì. Elaborati tecnici, prospettive di studio, lettere e fotografie (materiale in gran parte originale, proveniente dell’archivio dello Studio Valle di Roma), unite alle cronache dell’epoca, attraverso filmati e riviste di settore, tracciano il primo (e finora più completo) profilo professionale dell’architetto-ingegnere nella provincia romagnola nel decennio 1931-41: a Forlì il Collegio aeronautico della Gil, l’Istituto nazionale fascista di previdenza sociale e il Palazzo dei sindacati, oltre al Centro sanatoriale di Vecchiazzano e le Case Onb di Predappio, Savignano, Forlimpopoli e Mercato Saraceno.
Per approfondire
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architettura fascista , restauro
Last modified: 28 Ottobre 2015