NEW YORK. Come il «New York Times» ha scritto un anno fa, «New York City è lepicentro della crisi abitativa, che ha posto i poveri e gli anziani di tutto il Paese più a rischio di diventare senzatetto e ha costretto gli inquilini a basso reddito a rinunciare a cibo e cure mediche per rimanere nelle loro case».
In tale contesto, è sconcertante notare che il numero maggiore di persone senza casa negli Stati Uniti sia costituito da madri con bambini. In risposta a questa situazione, il sindaco recentemente eletto, Bill de Blasio, ha messo a punto un piano decennale per cinque quartieri (Five-Borough, Ten-Year Plan ) per costruire e recuperare 200.000 unità a prezzi accessibili nel prossimo decennio (molto più del suo predecessore Michael Bloomberg), al fine di sostenere i newyorkesi nella fascia di reddito che va dal basso (una classe raramente inclusa in qualsiasi piano) alla classe media, l’obiettivo del discorso di ogni politico. I punti salienti del piano sono promuovere nuovi quartieri vivibili; preservare l’accessibilità e la qualità del patrimonio edilizio esistente; costruire nuovi alloggi a prezzi accessibili per tutti i newyorkesi; promuovere alloggi per i senzatetto, per lo più pensionati; raffinare gli strumenti municipali di finanziamento e aumentare le fonti di finanziamento per alloggi a prezzi calmierati, compresi i programmi che aiutano i proprietari a mantenere gli appartamenti in affitto rispettando la normativa. Come è stato notato, il suo Piano «sarà in realtà un pilastro centrale nella battaglia contro la disuguaglianza». La sfida è enorme, ma lo è anche la determinazione di De Blasio. Profondamente consapevole della sua influenza sui rappresentanti del settore immobiliare della città, De Blasio ha ottenuto promesse su alloggi a prezzi calmierati e sui salari dei lavoratori dai maggiori developer come per il gigantesco progetto Hudson Yard sul Far West Side, che stava ricevendo importanti sgravi fiscali dal suo predecessore Michael Bloomberg.
È in questo contesto che deve essere valutato il recente complesso da 84 milioni dollari di edilizia sovvenzionata a Upper Manhattan, chiamato Sugar Hill Development, progettato con ambizioni fuori misura dal giovane astro nascente dellarchitettura, l’afro-britannico David Adjaye. Con il coinvolgimento personale di De Blasio, il complesso di 13 piani e 124 appartamenti in affitto è unico, non solo per la sua ambizione architettonica e il programma di asilo nido pre-scuola, museo e galleria d’arte, ma per essere destinato agli strati più bassi della popolazione newyorkese, tra cui i senzatetto.
Non proprio una nuova tipologia nelle case popolari, il progetto è piuttosto una decostruzione audace del genere: interrotto a metà altezza per creare un enorme sbalzo facendo scivolare lateralmente la parte superiore del corpo dell’edificio – un approccio già adottato da Kazujo Sejima a New York, seppur con diverse finalità, per il New Museum. Egli trasforma le facciate nord e sud in una serie di volumi sfalsati a dente di sega come risposta giocosa, forse, alla disposizione di alcune vicine villette a schiera. La crudezza delle pareti grigio-marrone massicciamente articolate e profonde, rivestite con pannelli in cemento squisitamente realizzati con vetro riciclato in rilievo, e punteggiate da una miriade di piccole aperture quadrate, riecheggia, in modo non così remoto, alcuni aspetti delle moschee Yoruba in terra cruda. La materialità sottile di questi volumi è ulteriormente arricchita da arabeschi di vetro che ricoprono i pannelli. In contrasto con questa opacità riflessa, sono i pannelli a tuttaltezza in vetro trasparente che cingono l’edificio a livello della strada, che offrono un generoso scorcio sulla scuola e la galleria interna. L’audacia dei mezzi materiali inquadra ciò che è ancora più inusuale: l’accento sulla programmazione centrata sullinfanzia e sulle famiglie in risposta alla visione di De Blasio.
Il fascino, però, si ferma qui. Passato il corridoio, e negli appartamenti, scopriamo impianti distributivi eccentrici con stanze strette e lunghe, dove gli inquilini avranno non poche difficoltà a collocare i loro mobili o a destreggiarsi con le finestre di varie dimensioni che per capriccio punteggiano le pareti inclinate ad altezze irregolari. I ricchi arrangiamenti delle aperture in facciata che sembravano preludere a intriganti interni, non sono altro che un’immagine esterna, seducente e sofisticata, ma senza conseguenze. I muri angolati sono ottimi in ampi open space; diventano invece una trappola per la mente e il corpo quando sono suddivisi in piccoli ambiti da una serie di pareti divisorie. Questo tipo di disgiunzione tra un esterno promettente e un interno inesistente è stata la debolezza di una serie di grandi progetti di Adjaye, un architetto dalla fantasia sconfinata a cui è stato commissionato, a quanto pare, troppo e troppo presto. Ma l’ambizione architettonica del suo complesso Sugar Hill rimane un precedente significativo per il programma di De Blasio.
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new york , social housing
Last modified: 24 Novembre 2015
[…] Eppure, ironia della sorte, fu la Municipalità di New York a promulgare per la prima volta nel 1857 una legge nazionale per la costruzione di case popolari e a realizzare nel 1935 il primo progetto di edilizia convenzionata, mentre oggi l’amministrazione de Blasio promuove un piano decennale con la previsione di 200.000 unità e…. […]
[…] Torino, published report in its special issue, “Architecture Beyond the Image,” an article on architect David Adjaye‘s Sugar Hill affordable housing development in Manhattan, and a retrospective about Post-Modernism on the occasion of Michael Grave‘s […]