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Silvia VivianiWritten by: Città e Territorio

Da dove possono ripartire le Regioni: il caso della Puglia

Da dove possono ripartire le Regioni: il caso della Puglia

La radicale manutenzione del Titolo V della Costituzione, messa in cantiere dal Governo, eliminerà il concetto stesso di poteri “concorrenti” ovvero condivisi tra Stato e Regioni.
Sarà un processo di riforma lungo e laborioso. Bisognerà stare attenti a non cadere nell’errore della precedente riforma, quando, per rincorrere il momento si creò quello che oggi è considerato un problema da risolvere. Se è vero che occorre una riconfigurazione del livello regionale, per eliminare incrostazioni e ridondanze che ne hanno minato l’efficienza, è indubbio che il riassetto dei livelli di governo può trovare in quello regionale un patrimonio di competenze ed esperienze per svolgere compiti difficilmente gestibili dallo Stato e che oltrepassano, per portata strategica, le possibilità dei Comuni.
In questo campo rientra la programmazione territoriale, ovvero tutta quella serie di azioni che mirano a valorizzare le economie locali attraverso le capacità dei territori e delle città. Questo è un compito che spetta alle Regioni, sebbene in un quadro unitario di regole, politiche e indirizzi stabiliti dallo Stato. Le buone pratiche ci sono e da queste occorre ripartire. Penso alla Regione Puglia e al Piano paesaggistico messo a punto dall’assessore al Territorio Angela Barbanente. Il Piano è stato adottato da pochi mesi eppure già si intravedono i contorni di una ambiziosa programmazione che non considera il territorio semplicemente una “carta bianca” da sfruttare. Il Piano paesaggistico pugliese ambisce a creare una sinergia tra tradizione e innovazione. Non considera tutela e sviluppo due poli antitetici, ma individua di azioni di crescita proprio a partire dalla ricchezza dei luoghi e delle tradizioni.
Rilevante, tra i tanti strumenti del Piano, è quello che è stato definito “patto città – campagna”. Nel conflitto che si è determinato nei decenni passati tra città e campagna, la campagna è sempre stata soccombente: la città, infatti, ha sottratto enormi quantità di suolo agricolo. Il piano perciò promuove progetti e azioni finalizzati ad arrestare il consumo di suolo e a incentivare la riqualificazione della città. Riqualificare la città significa offrire diverse opportunità di insediamento alle persone, alle attività commerciali e artigianali sia negli ambienti urbani dotati di servizi e infrastrutture sia nei quartieri periferici la cui vivibilità può essere elevata grazie proprio a una più stretta integrazione con la campagna. In parallelo si mettono in campo iniziative volte a rafforzare la capacità della campagna di resistere all’aggressione di usi non compatibili, come ad esempio quelli industriali, permettendovi funzioni che possono creare convenienze (economiche, tecniche, socioculturali) anche per gli operatori, perseguendo la valorizzazione paesaggistica nei vari campi, ecologico, energetico, ricreativo e turistico. Attraverso la creazione dei parchi agricoli, ad esempio, si incanalano le risorse comunitarie destinate alle coltivazioni e alle infrastrutture. Un altro strumento del Piano paesaggistico è il sistema infrastrutturale della mobilità dolce. Per migliorare la fruizione del territorio a vantaggio dei residenti e dei turisti, occorre oltre alle autostrade e alle strade statali, un sistema di mobilità lenta, dolce: pedonale, ciclabile, ma anche marittima. Perché, infatti, non usare anche tale modalità di trasporto in una regione che ha 900 chilometri di costa, per migliorare la fruizione turistica e rendere così anche più affascinante l’avvicinamento ai territori?
A ogni territorio, quindi, le sue specificità. C’è una ricchezza italiana da troppo tempo ignorata o danneggiata da strategie poco lungimiranti. Varietà e bellezza dei territori italiani devono invece essere assunte come fattori di sviluppo del lavoro e di qualità della vita, e in questo le future Regioni possono giocare un ruolo da protagoniste, secondo un programma unitario forte di un’idea nazionale per la rinascita del Paese.


Autore

  • Silvia Viviani

    Nata a Firenze (1959), è presidentessa dell'Istituto Nazionale di Urbanistica, dopo essere stata vicepresidente nazionale dal 2011 al 2013. Titolare di uno studio professionale di architettura, urbanistica e pianificazione a Firenze, è progettista di piani strutturali e regolamenti urbanistici comunali, piani territoriali di coordinamento provinciali (tra i quali quelli di Siena e Grosseto), piani di centri storici e di parchi. Svolge attività di valutazione di piani e progetti. Si è occupata di valutazione in ambiti di ricerca quali il progetto Interreg IIIB Medocc “Evaluation Environnementale des plans et programmes – ENPLAN” (2003) e per l’Università di Firenze nel Programma d’area per la valutazione degli investimenti strategici nelle grandi aree urbane degradate (2006). Autrice di testi in pubblicazioni e riviste specializzate, è stata docente a contratto presso la Facoltà di Architettura di Firenze dal 2006 al 2009. Svolge attività formativa per enti locali e docenze in master post universitari e corsi di perfezionamento. È componente del gruppo vincitore del concorso per il recupero del complesso dell'ex ospedale militare San Gallicano a Firenze

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Last modified: 7 Luglio 2015