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Cristina FiordimelaWritten by: Progetti

Museo archeologico di Ferrara: i nuovi allestimenti nel palazzo di Biagio Rossetti

Ferrara. L’integrazione tra esposizione scientifica e comunicazione multimediale conforma l’allestimento di sei nuovi ambienti che completano un progetto di restauro e museografia attivato dal 2007 al Museo archeologico nazionale, che dal 1935 occupa le sale di Palazzo Costabili, dimora rinascimentale, progettata inizialmente da Biagio Rossetti e decorata da affreschi con brani di Dosso Dossi e Benedetto Tisi detto Il Garofalo. Alle sale delle piroghe e degli ori, già inaugurate lo scorso anno insieme al restauro del giardino orientale (cfr. «Il Giornale dell’Architettura», n. 85), si aggiungono sei stanze, differenti per uso e configurazione spaziale ma accomunate dalla vocazione pedagogica degli allestimenti e dalla tensione verso la condivisione della conoscenza. Affidate (importo complessivo di 3 milioni) all’interpretazione spaziale di più autori, coordinati dalla direttrice del museo Caterina Cornelio e dall’architetto della Direzione dei Beni culturali e paesaggistici dell’Emilia Romagna Andrea Sardo, le sale concorrono a diversificare le esperienze di apprendimento e a identificare i passaggi salienti di un racconto, dove ai saperi evocati dagli oggetti esposti si sommano la narrazione dello spazio architettonico del palazzo e la storia dei suoi abitanti.
L’esplorazione comincia nel cortile d’onore dove, all’interno del loggiato inferiore, a introdurre l’itinerario archeologico è il nuovo allestimento delle prime tre sale, ideate dai romani WPS e Studio Metaimago (diretto dal museografo e architetto Maurizio Di Puolo), e dallo studio milanese Museiamo per il progetto grafico. La vita quotidiana a Spina, la città etrusca da cui proviene la parte più consistente della raccolta del museo, e i caratteri costruttivi e distributivi delle abitazioni, costituiscono l’incipit al percorso narrativo che, seguendo il concatenarsi delle sale cinquecentesche, si articola su due livelli, secondo un ordine museologico per temi. «Questo primo ambiente», spiega Di Puolo, «è pensato come un’esperienza cognitiva composita, dove l’allestimento funge da palinsesto a una lettura stratificata dei contenuti che sollecita il visitatore a considerare i reperti in relazione allo spazio, a sua volta definito dalla giustapposizione del percorso e dei volumi disposti all’interno della sala, dall’ordinamento e dalla disposizione dei manufatti archeologici, e dalla sovrascrittura di maquettes, immagini e testi organizzati in diversi livelli di sapere. L’allestimento si sviluppa secondo molteplici scale di progetto, a cui corrispondono altrettanti stadi cognitivi, dalle impressioni sensoriali, suscitate dalla percezione spaziale della sala, che ricalca le dimensione di un’abitazione di Spina, al paesaggio sonoro e al racconto sintetico delle immagini che scorrono nella cornice superiore, fino alle soglie di approfondimento puntuali, che introducono il pubblico al disvelamento progressivo delle ricerche scientifiche che supportano l’esposizione».
L’installazione di due biblioteche virtuali, elaborate dall’equipe marchigiana Stark, collocate nella cappelletta a piano terra e in una stanza al piano nobile, fungono da collegamento tra questa nuova sezione sulla «città dei vivi» e la «città dei morti», le raccolte della necropoli già predisposte al primo livello. Una stanza attrezzata per lo studio e l’esperienza tattile su reperti originali chiude l’itinerario museale all’insegna di una pedagogia della scoperta contraddistinta dalla pluralità dei linguaggi, tra i quali testi per non vedenti e ipovedenti distribuiti lungo tutto il percorso.

Autore

  • Cristina Fiordimela

    Architetta museografa, docente al Politecnico di Milano. Insegna architettura degli interni, exhibition design e si relaziona con le arti contemporanee (commons), di cui scrive su riviste specializzate italiane e internazionali. La museografia è il filo rosso che attraversa sia l’impegno teorico, sia la progettazione e la messa in opera di allestimenti che riguardano le intersezioni sensibili all’arte, alla scienza e alla filosofia, in sinergia con enti universitari, musei e istituti di ricerca. L’indagine su media art come dispositivi di produzione artistica in commoning è l’ambito di studio e di sperimentazione delle attività più recenti, da cui prende corpo con Freddy Paul Grunert, Lepetitemasculin, dialogo nello spazio perso, iniziato al Lake County, San Francisco

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Last modified: 10 Luglio 2015