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Daria RicchiWritten by: Progetti

Harvard Yard Child Care Center di Anderson Anderson Architecture

Riusare, ridurre, riciclare, ma anche ricollocare. Un edificio scolastico ecosostenibile e modulare è il progetto di Anderson Anderson Architecture a Cambridge, per Harvard Yard. Harvard Yard è un’organizzazione no profit, una cooperativa che necessitava temporaneamente di nuovi spazi per asilo nido e pre-scuola (per bambini dai tre mesi ai cinque anni), in attesa che i lavori di recupero e restauro della struttura adiacente, che ospitava l’asilo in precedenza, fossero terminati. La cooperativa Harvard Yard si è rivolta alla ditta Triumph di Littleton, specializzata in strutture prefabbricate temporanee per depositi, al fine di sostituire provvisoriamente gli spazi scolastici localizzati nell’edificio in cantiere. Di qui i tempi brevissimi entro i quali progettare, realizzare e occupare la struttura: 18 mesi in tutto. Risale a giugno 2009 l’idea di Triumph di chiedere a Mark e Peter Anderson un progetto da concludere in soli 6 mesi, inaugurato nel gennaio 2010.
Tuttavia, la struttura è pensata per la lunga durata: «Invece di considerarlo un edificio temporaneo, abbiamo pensato a un edificio permanente, che dovesse resistere nel tempo, ma in grado di essere collocato in nuovi siti e con nuove configurazioni», spiega uno dei progettisti. E così avverrà per gli otto moduli standardizzati (18 x 3,6 m, per un totale di circa 500 mq), al fine di contenere i costi di fabbricazione entro i 2.200 dollari al metro quadro, all’incirca allineati a quelli dell’edilizia scolastica ordinaria. Le otto unità di base che compongono la scuola a breve troveranno una nuova configurazione, a Sommerville, e una nuova funzione, laboratori informatici per l’Università di Tufts.
I progettisti hanno costruito molto nel nord-ovest del Pacifico, negli Stati Uniti e in Giappone, lavorando direttamente sia con i produttori che con gli enti governativi. Hanno messo a punto numerosi sistemi inediti di prefabbricazione, esplorando nuove tecnologie costruttive.
L’efficienza energetica era l’obiettivo di questo progetto, raggiunta non solo grazie alla scelta dei materiali ma anche al processo di assemblaggio, durante il quale «nulla viene gettato ma tutto riutilizzato» (comprese le colorate moquette). L’idea di un sistema prefabbricato rende anche la scuola una struttura interamente riutilizzabile, che può essere localizzata diversamente senza demolizioni e conseguenti sprechi di materiale.
Un accurato isolamento contribuisce a ridurre le perdite di calore insieme a un buon sistema di riscaldamento, condizionamento e illuminazione. I consumi sono ridotti grazie al controllo dell’illuminamento: numerosi lucernari al soffitto forniscono luce naturale; alcuni sistemi permettono di variarne l’intensità a seconda delle funzioni, mentre altri sensori sono in grado di spegnere la luce artificiale quando non si svolgono attività.
Un altro modo per prevedere e ridurre i costi è la scelta di materiali e sistemi costruttivi, riciclabili al 100%. La struttura è in legno composito o legno di pino, ricavato da foreste rinnovabili, su un telaio in alluminio. I pavimenti sono di linoleum o moquette mentre i rivestimenti in pannelli di cartongesso, plastiche di riciclo o pannelli di Microstrand Wheat, un materiale che non contiene tossine ed è prodotto con gli scarti agricoli provenienti dalla pulitura e raccolta del frumento. La copertura, in gomma bianca, dispone di pannelli riflettenti per mantenere l’ambiente fresco anche con temperature esterne elevate (e conseguente risparmio energetico per eventuale condizionamento); essa è inoltre predisposta per l’installazione di pannelli fotovoltaici.
La struttura è altamente meccanizzata: tutti i dispositivi tecnici si trovano all’interno del controsoffitto in sughero; oltre alla regolazione dell’illuminazione, un sistema di controllo elettronico e alcuni sensori sono in grado, in base al numero di persone e delle attività svolte all’interno, di rilevare la quantità di emissioni nocive e utilizzare aria esterna per i ricambi giornalieri.
Mentre visitiamo l’edificio, alcuni dei moduli, bianchi e grigi all’esterno, cominciano a essere svuotati dei variopinti interni, pronti per essere riutilizzati e trasformati in laboratori informatici a metà aprile. Harvard Yard ne ha successivamente richiesto l’utilizzo per un altro edificio scolastico, ma la struttura era già stata concessa in leasing in precedenza. Peter e Mark Anderson penseranno quindi a una nuova soluzione modulare e temporanea: un guscio su binari destinato tuttavia a resistere a lungo.

Autore

  • Daria Ricchi

    Laureata in architettura presso l’Università di Firenze nel 2003, sta completando un dottorato in storia e teoria dell’architettura presso l’Università di Princeton. Interessata alla riflessione sui confini tra i generi e le narrative storiche, nonchè ai diversi modi di scrivere di architettura, ha pubblicato un saggio sul ruolo della fantasia nei testi di storia: “There is no Fantasy Without Reality. Calvino’s Architectural Fictions" (NAi, 2015). Collabora con diverse riviste di architettura (Il Giornale dell’Architettura, A10, Area) e quotidiani (Casamica, il Corriere della Sera). Il suo primo libro (2005) raccontava il neo-modernismo olandese attraverso il lavoro dello studio Mecanoo, mentre il suo successivo (2007) riguarda il lavoro dello studio newyorkese Diller & Scofidio + Renfro.

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Last modified: 10 Luglio 2015