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Cristina DonatiWritten by: Progetti

La fabbrica-macchina che riduce e produce

Economia fa rima con ecologia in terra senese, dove spicca l’attualità del nuovo termovalorizzatore di Poggibonsi. Un successo, realizzato dopo sei anni di procedure edilizie, che sancisce la volontà di perseguire una nuova green economy che scommette sull’ambiente, cioè sul risparmio di risorse e sulla produzione di energia da fonti rinnovabili.
La nuova fabbrica è parte di un sistema integrato di gestione sostenibile del ciclo dei rifiuti urbani previsto dalla pianificazione provinciale che attua la raccolta differenziata, il riciclo e il recupero di energia attraverso la combustione dei rifiuti secchi. I materiali umidi vengono invece direzionati verso impianti di compostaggio, da cui si ottiene un terriccio certificato per l’agricoltura biologica. Un piano che mira a raggiungere l’autosufficienza energetica della Provincia e il bilancio, dopo un anno di utilizzo a pieno regime, registra dati positivi. Il termovalorizzatore trasforma il 30% dei rifiuti in energia fino a 43.000 MWh/anno che serve a coprire il fabbisogno domestico di circa 43.000 abitanti, mentre i profitti generati dalla vendita dell’energia consentono di ridurre le tariffe in bolletta per famiglie e imprese.
Un gioiello impiantistico in grado di garantire i migliori standard ambientali, riducendo al minimo le emissioni che risultano inferiori ai parametri imposti dalla normativa per questa tipologia di impianti. Anche i controlli sono rigorosi e soprattutto trasparenti nei confronti di una già favorevole cittadinanza che, da un display visibile dalla piazza di Poggibonsi, può leggere e verificare, in tempo reale, i valori effettivi delle emissioni.
L’intervento, che ha riguardato un consistente ampliamento di una sede preesistente, ha comportato la costruzione di una nuova linea d’incenerimento, il potenziamento delle fosse rifiuti, una seconda linea di trattamento dei fumi con relativo camino, la sopraelevazione del preesistente blocco uffici e un secondo edificio per ciclo termico. Anche l’accesso al nuovo impianto è stato rinnovato e concepito per separare i flussi di traffico con due ingressi distinti: quello per il pubblico e quello per i camion con il controllo e la pesa, vicino al piazzale antistante le fosse di scarico. Il nuovo complesso industriale è una presenza forte e non occultabile, che pone qualche difficoltà di dialogo con il paesaggio. La scelta è stata, perciò, quella di non ricorrere a indulgenze mimetiche ma di perseguire la fiera convinzione che «la bellezza vada ricercata nella verità. L’edificio è una macchina e deve essere percepita come tale», afferma Carlo Nepi, che ha realizzato un’architettura dalla rigorosa autenticità espressiva e strutturale. Una filosofia che ricorda l’etica di August W.N.Pugin e di quella scuola strutturalista che crede nell’estetica della tettonica.
La razionalità morfologica, l’appropriatezza delle tecnologie e dei materiali costituiscono la qualità di un intervento che è riuscito a dematerializzare l’elevata densità impiantistica all’interno di un contenitore dinamico e trasparente in cui prevale la percezione della leggerezza. Senza intenti mistificatori, l’involucro avvolge come una quinta teatrale la foresta di tubi, canali e macchinari, lasciando così che il cuore pulsante dei motori rimanga protagonista del progetto. Dal tramonto all’alba, la texture a traforo dei pannelli in lamiera stirata lascia filtrare scenografici bagliori di luce e di colore, integrato come elemento ricorrente per segnalare componenti e porzioni della fabbrica preesistente che narrano la storia dell’impianto e del suo funzionamento. Il rivestimento a maglia del prospetto frontale è sostituito con pannelli a fughe orizzontali nel prospetto tergale, dove è richiesta maggiore protezione e chiusura verso la collina. I dettagli sono studiati con cura di design: emblematici sono i raccordi angolari curvi dei brise-soleil che propongono eleganti variantismi della composizione. I volumi si addossano senza intersezioni ma con giustapposizioni nude che permettono la chiara leggibilità delle parti, e cioè i vani scala, i percorsi in quota, i volumi monumentali delle strutture metalliche che racchiudono il fascino di una tecnologia dinamica a grande scala.
Oltre all’impianto di termoutilizzazione, l’intervento ha previsto un nuovo magazzino e un complesso per l’accoglienza, l’amministrazione e la direzione. Il centro visitatori è protetto verso l’esterno da una cortina muraria di mattoni faccia a vista mentre, verso l’interno, si apre con una sinuosa forma vetrata che dialoga con il bosco di pioppi e con il rinnovato landscape circostante. L’accesso al centro avviene attraverso un percorso, ricavato da un taglio in una collinetta artificiale e delimitato da lastre di Cor-ten, che evoca l’esperienza dell’installazione artistica.
Così, quest’architettura dinamica e rigorosa si fa interprete di un messaggio innovativo di rifondazione ambientale che valorizza l’orgoglio civico, le identità dei luoghi e dei suoi manufatti.

Autore

  • Cristina Donati

    Prima collaboratrice poi redattrice della testata online fin dagli esordi nel 2014. Prematuramente scomparsa nel 2021. Studia architettura a Firenze dove consegue un Dottorato di ricerca in storia dell’architettura. Dopo la laurea si trasferisce a Oxford dove collabora con studi professionali, si occupa di editoria e cura mostre per Istituti di cultura a Londra. Ha svolto attività didattica per la Kent State University (USA) con il corso di Theories of Architetcure. Scrive per numerose riviste internazionali e svolge attività di ricerca sull’architettura contemporanea e i suoi protagonisti. Dirige la collana editoriale «Single» sul progetto contemporaneo per la Casa Editrice Altralinea. E' autrice di saggi e monografie tra cui: «Michael Hopkins» (Skira, 2006); «L’innovazione tecnologica dalla ricerca alla realizzazione» (Electa, 2008); «RSH+P, Compact City» (Electa, 2014); «Holistic Bank Design» (Altralinea, 2015).

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Last modified: 13 Luglio 2015