Abbiamo deciso di pubblicare la lettera di una giovane collega perché presenta unanalisi lucida e impietosa della condizione in cui versano gli architetti italiani, e in particolare quelli giovani. Ha ragione Cinzia Mauriello: in questi ultimi 15 anni la situazione è progressivamente peggiorata. In Francia, in Germania, in Spagna esiste una consapevolezza diffusa di quale siano le competenze dellarchitetto, il suo ruolo sociale e la sua importanza nei processi di trasformazione del territorio. Nel nostro paese la figura dellarchitetto ha subito uninesorabile perdita di senso. Una serie di provvedimenti legislativi sbagliati – sui lavori pubblici, sulliter di formazione universitaria, sulle tariffe professionali, sui meccanismi autorizzativi dei lavori privati – ha fortemente contribuito a indebolire, anche tra i nostri colleghi, quel «senso civico e morale che esisteva quando larchitettura era un mestiere e fare larchitetto era una missione sociale e culturale», come si legge nella lettera.
Ad aggravare ulteriormente la situazione interviene anche lanomalia dellesorbitante quantità di architetti per abitante che abbiamo in Italia, con numeri da primato europeo se non mondiale. Unanomalia che pone una contraddizione evidente: in un paese che produce poca, pochissima architettura abbiamo un numero di architetti iscritti allordine triplo rispetto alla Germania. Di fronte a tale fenomeno, oltretutto, ci sentiamo dire quotidianamente da «autorevoli» istituzioni (dallAntitrust alla Confindustria) che il nostro sistema ordinistico è un ingiusto ostacolo per il libero accesso alla professione e per la concorrenza. E ogni volta restiamo attoniti di fronte a questo insolvibile mistero: il sistema «corporativo» degli Ordini delle professioni tecniche in Italia costituirebbe limpedimento principale al libero accesso a un mercato che pure si è allargato a dismisura in modo irragionevole e senza ostacoli di sorta fino a raggiungere la ragguardevole dimensione di 150.000 architetti (uno ogni 470 abitanti), cui vanno aggiunti gli ingegneri e i diplomati che pure attingono allo stesso mercato.
In Francia, per fare un raffronto, la proporzione è di un professionista ogni 2.200 abitanti.
Tutto questo avviene in un contesto economico e politico che vede una drastica riduzione degli investimenti nel campo delle opere pubbliche (non può fare testo il settore delle grandi opere, afferente a un mercato che è appannaggio di una cerchia ristrettissima e praticamente predeterminata di professionisti), mentre il mercato privato ha accentuato il carattere speculativo delle proprie iniziative e tende a considerare il progetto un fattore di diseconomia.
Non vi è dubbio che questa situazione penalizzi soprattutto i più giovani che, in assenza di opportunità più generali del mercato e in presenza di un così alto numero di concorrenti, sembrano condannati a «interpretare» la loro professione o come disegnatori sottopagati o come addetti a pratiche burocratiche di varia natura.
Per la prima volta nella storia italiana le nuove generazioni vedono in grave pericolo le loro attese di vita e il senso del loro ruolo sociale che pure è stato costruito attraverso una formazione sostenuta con le risorse della collettività.
È bene tener presente che questa situazione non è il frutto di una contingenza economica europea (e ancor meno globale). Negli altri paesi europei, che adottano in prevalenza un sistema ordinistico come quello italiano, il valore dellarchitettura come fattore di sviluppo e di identità culturale nazionale è riconosciuto dalla collettività e le prospettive delle nuove generazioni sono garantite dal consenso sociale.
Di fronte a questo scenario è necessario, nellinteresse della intera comunità, rilanciare un ambizioso progetto nazionale per restituire significato e dignità prima di tutto allarchitettura e, di conseguenza, allarchitetto.
Occorre condurre battaglie impegnative sul piano legislativo, per cambiare radicalmente le regole, ma anche sul piano culturale, con azioni forti che sappiano suscitare una nuova domanda sociale di architettura che nel nostro paese è, oggi, ridotta ai minimi termini. La sensibilità diffusa acquisita dalla gente verso la qualità nel design, nel cibo, nella moda è del tutto assente quando si parla di ambienti di vita, di edilizia, di città, di paesaggio. Ed è forse proprio da qui che è necessario ripartire.
Questa è la sfida che anche i nostri organismi di rappresentanza ordinistica, in coerenza con gli obblighi che ci derivano dal nostro compito istituzionale di difesa degli interessi generali della comunità italiana, devono saper raccogliere per restituire vigore allidentità culturale del nostro paese, aumentarne il peso in termini di competitività internazionale e ridare speranza alle nuove generazioni che hanno scelto di esercitare questo nostro «mestiere».
Articoli recenti
- Como: l’asilo Sant’Elia tra abbandono e speranza (come luogo del cuore) 25 Novembre 2024
- La memoria viva, il lavoro di Philippe Prost in tre decenni 25 Novembre 2024
- ChorusLife a Bergamo, se il privato costruisce la città 25 Novembre 2024
- Il contesto come fondamento del progetto 25 Novembre 2024
- The Veil, finalmente qualcosa di radicale nel cielo di Dubai 20 Novembre 2024
- Il governo taglia 1,6 miliardi alla rigenerazione urbana, l’INU non ci sta 20 Novembre 2024
- I luoghi per lo sport, inclusivi e polifunzionali 18 Novembre 2024
- World Urban Forum 2024: casa, comunità e sostenibilità 18 Novembre 2024
- Quo vadis architetto? Il demiurgo e l’apocalisse 18 Novembre 2024
- Crespi d’Adda: il villaggio operaio diventerà ancora più attraente? 18 Novembre 2024
- Troppe moschee? Blocchiamole (anche) con l’urbanistica 15 Novembre 2024
- Se l’Emilia-Romagna va sempre sott’acqua 12 Novembre 2024
- Salton Sea: yacht, polvere e litio in California 12 Novembre 2024
- Forme mobili: design e moda a passo di danza 12 Novembre 2024
Tag
Edizione mensile cartacea: 2002-2014. Edizione digitale: dal 2015.
Iscrizione al Tribunale di Torino n. 10213 del 24/09/2020 - ISSN 2284-1369
Fondatore: Carlo Olmo. Direttore: Luca Gibello. Redazione: Cristiana Chiorino, Luigi Bartolomei, Milena Farina, Laura Milan, Arianna Panarella, Michele Roda, Veronica Rodenigo, Ubaldo Spina.
«Il Giornale dell’Architettura» è un marchio registrato e concesso in licenza da Umberto Allemandi & C. S.p.A. all’associazione culturale The Architectural Post; ilgiornaledellarchitettura.com è un Domain Name registrato e concesso in licenza da Umberto Allemandi & C. S.p.A. a The Architectural Post, nuovo editore della testata digitale, derivata e di proprietà di «Il Giornale dell’Architettura» fondato nell’anno 2002 dalla casa editrice Umberto Allemandi & C. S.p.A.
L’archivio storico
CLICCA QUI ed effettua l’accesso per sfogliare tutti i nostri vecchi numeri in PDF.
© 2024 TheArchitecturalPost - Privacy - Informativa Cookies - Developed by Studioata